Senza i giovani, possiamo solo scrivere la frase “the end”. Ecco invece come attrarli, formarli, valorizzarli
Le aziende di successo sono quelle in grado di pianificare progetti di medio-lungo periodo, dotate di leadership visionaria e orientata allo sviluppo. Tutti lo sanno, lo vedono, lo ammettono. Tuttavia, a causa della crisi o dei sistemi finanziari, il modello che si è affermato in questi anni prevede una valutazione delle performance su base trimestrale, che frustra l’ideazione di progetti di più ampio respiro. E quindi le aziende spesso implodono per loro stessa volontà.
È anche per questo motivo che non assumiamo giovani: non abbiamo tempo da perdere con la formazione, non possiamo aspettare che inizino a essere produttivi, abbiamo bisogno di persone “plug and play”. Il tasso di disoccupazione giovanile in Italia è, infatti, altissimo e la quota dei Neet (ragazzi che non studiano e non lavorano) è la più alta in Europa. Sappiamo tutti che questo è un problema, e sostituire un dipendente anziano dimissionario con uno giovane è più che un gesto di coraggio: è una necessità. I giovani sono la miglior risorsa che un’azienda può avere per essere traghettata nel futuro: vi sono immersi, lo sanno capire, lo stanno costruendo.
Non è facile, ci sono criticità da gestire, ma modalità operative per affrontarle. Vediamole nel concreto.
Selezione: come reclutarli?
I giovani non vanno cercati, ma attratti a sé. La caccia al posto di lavoro infatti segue le logiche di Google che richiede un comportamento attivo da parte dell’utente che si muove in base ai suoi bisogni. Cosa cercano quindi i giovani in un’azienda? Il valore più importante per loro è la meritocrazia: più che promettere un buon salario o un aumento di reddito del 20%, preoccupatevi quindi di mostrare loro la vostra capacità di offrire spazi di espressione, un sistema di valutazione serio e un reward commisurato al valore portato. Occorre poi che siate reperibili, soprattutto nei luoghi virtuali: avete un buon sito dedicato a questo? Nei social network fate solo pubblicità e parlate di prodotto?
E poi dovete partecipare ai loro incontri – in università o fuori – non tanto per farvi pubblicità quanto per proporre la vostra visione delle cose. Tanto l’essere grande, bello e conosciuto non conta più: i giovani cercano aziende con cui fare un progetto e con cui condividere un pezzo di strada.
Employer Branding: come attrarli e trattenerli?
Le aziende che sanno trattenere i giovani sono quelle che hanno una buona reputazione. Non occorre la brand awareness, ma la percezione di essere un’azienda con dei valori, che si dà un ruolo per il dipendente e, perché no, per la società in cui opera. E poi tanta trasparenza a due vie: da un lato raccontate loro la situazione di mercato, come la vedete, i piani in corso, e dall’altro siate trasparenti nella vostra valutazione nei loro confronti, date continui feedback. Ne hanno bisogno come quando controllano in continuazione il cellulare per fare la conta dei like ricevuti a un post.
La formazione: come sviluppare le loro competenze?
La formazione, digitale o in aula che sia, deve esser pensata secondo processi di co-creazione e socializzazione. Il nozionismo non è più parte del loro mondo, quello in cui tra Wikipedia e i blog le informazioni sono sempre reperibili. Non occorre quindi necessariamente digitalizzare le modalità con cui si fa formazione, ma adottare la cultura digitale nei processi e i suoi valori di base, che sono l’interazione, la collaborazione, l’intrattenimento.
E poi non dimenticate un’ultima cosa: i giovani non sono un unico cluster del vostro universo di dipendenti. Segmentare i giovani per ottenere ambassador e contributori è una esigenza per poter ideare ed eseguire programmi di comunicazione e relazione di lungo periodo con la Generazione 2.0.