Il segreto del cambiamento è trasformare le (buone) azioni in abitudini
È passato un mese e la maggior parte dei buoni propositi per l’anno nuovo, per alcuni, sono già un ricordo. Questo accade perché per cambiare le cose non basta assumere la decisione di farlo, ma occorre compiere azioni concrete che quasi mai sono definite dai buoni propositi. Il fatto è che la forza di volontà degrada con il tempo, e quanto più dobbiamo stare lì a pensarci, a come mettere in pratica questi buoni propositi che ci cambieranno la vita, tanto più ci dimentichiamo di farlo e non cambiamo più nulla. In definitiva, i buoni propositi non servono a nulla. Quello di cui abbiamo bisogno, sono nuovi sistemi. Nuovi schemi per raggiungere gli obiettivi che fissiamo. Abitudini che ci portino a compiere le azioni previste dai nostri schemi.
Buoni propositi vs nuovi sistemi
Che differenza c’è fra buoni propositi e nuovi sistemi? Un esempio renderà tutto più semplice. Innanzitutto, cos’è un buon proposito? Proviamo a definirlo come qualcosa che vogliamo cambiare e che da domani non sia più come prima. Un buon proposito dovrebbe essere in definitiva un obiettivo, ma non sempre i buoni propositi sono definiti come obiettivi. Un buon proposito, per esempio, non può essere “dimagrire”, ma deve essere “perdere 15 chili entro fine giugno”. Un obiettivo infatti si definisce attraverso un passaggio da una condizione A a una condizione B in un determinato lasso di tempo.
Un sistema invece è il complesso delle azioni necessarie per passare da A a B entro il tempo definito. Nel caso specifico, ingerire ogni giorno l’esatto numero di calorie necessarie a far calare il nostro peso del tot definito entro la data prefissata. Un’azione è qualcosa di concreto, qualcosa che dobbiamo fare, non evitare. Un’azione non è “non mangiare dolci fra un pasto e l’altro”, ma “mangiare frutta a merenda”. Il risultato è lo stesso, ma non fare una cosa non è una cosa che possiamo fare.
Creare un sistema significa definire dei processi da eseguire. E il modo per eseguirli è trasformare le azioni in abitudini. A quel punto, possiamo anche dimenticarci degli obiettivi, e li raggiungeremo comunque.
Perché i buoni propositi sono negativi
Quando formuliamo dei buoni propositi, quello che facciamo non è altro che definire degli obiettivi. E quando facciamo questo, diciamo a noi stessi che non siamo felici dello status quo in cui ci troviamo, e che abbiamo l’esigenza di agire per cambiare le cose. E così, non appena l’euforia generata dall’idea del cambiamento lascia spazio alle fatiche e al rischio che esso comporta, ecco che ci ritroviamo in uno stato di negatività: così come stanno, le cose non vanno per niente bene, e ne siamo consapevoli.
Quando invece attiviamo delle abitudini, il nostro cervello non ci fa più caso, a quello che stiamo facendo. Viaggia per così dire con il pilota automatico. E tutt’al più quello che si ritrova a pensare è “sto facendo delle attività che mi portano dove voglio andare”. Chiara la differenza?
Allo stesso modo, avere degli obiettivi non aiuta a tenere traccia dei progressi che facciamo, che è una cosa fondamentale per prendere il ritmo e realizzare i nostri progetti. All’interno di un sistema, un processo invece definisce le attività da compiere per avanzare dal punto A al punto A1, verso il punto B. Ogni processo completato genera risultati, e questi risultati ci gratificano e ci spronano a progredire verso il completamente della nostra missione.
Dai processi alle abitudini
Creare un sistema per raggiungere i propri obiettivi, come per esempio scrivere 500 parole al giorno per finire di scrivere un libro in un mese, non ci porta direttamente all’azione. I processi infatti non producono azioni, ma si limitano a definirle. Per arrivarci, è necessario praticare, e la pratica migliore per mantenere attivo un sistema è stabilire delle abitudini, delle pratiche da seguire senza starci più a pensare. Per esempio, quella di scrivere appena svegli, prima ancora di fare colazione.
A differenza di un processo, un’abitudine genera azione sistematicamente. Essa è strutturata con un innesco, un processo automatico e un premio. L’innesco è qualcosa che ci mette in moto con il suo semplice accadere, come lavarci i denti dopo aver fatto colazione. Il processo a quel punto viene eseguito in maniera automatica (nessuno ha bisogno di concentrarsi sulla sequenza di denti da pulire o sulla direzione in cui muovere lo spazzolino). E il premio finale ci gratifica per le azioni compiute (avete presente quel sapore di fresco che rimane in bocca dopo aver lavato i denti? Fu un’invenzione di Claude C. Hopkins per vendere più dentifrici dell’azienda per cui lavorava, come racconta il giornalista Charles Duhigg in La dittatura delle abitudini). Quello che hanno in comune abitudini e sistemi è che si ripetono nel tempo. E con il loro ripetersi ci guidano alla realizzazione di quei propositi formulati alla vigilia dell’anno nuovo.
Una questione di volontà
Nel libro How to Fail at Almost Everything and Still Win Big, Scott Adams, l’autore di Dilbert, una delle strisce di fumetti più famose al mondo, sottolinea come la differenza fra obiettivi e sistemi stia tutta nel consumo della forza di volontà. Essendo questa limitata, e consumandosi con l’uso, lo sforzo necessario per andare in palestra tre volte alla settimana prima o poi la esaurisce, mentre l’abitudine di tenersi in esercizio quotidianamente e ricercare il modo migliore per prendersi cura del proprio corpo prima o poi rende la forza di volontà non più necessaria perché fare esercizio diventa più semplice che non farlo.
In definitiva, concentrarsi su abitudini e sistemi aiuta a realizzare i buoni propositi senza più bisogno di starci a pensare, e senza logorare la nostra già scarsa forza di volontà. Così, anche quando arriva febbraio e ce ne siamo dimenticati, le azioni necessarie per cambiare lo status quo in cui ci troviamo a disagio sono già radicate nella nostra routine quotidiana. E questo, oltre a metterci in controllo della situazione, ci mette decisamente di buon umore. Dunque, mettiamo da parte i buoni propositi una volta per tutte e iniziamo a definire nuovi sistemi.