Se stai pensando di cambiare lavoro, non lasciarti condizionare da questi 5 falsi miti
Il lavoro rappresenta una delle attività in cui investiamo più tempo ed energia. Questo vale oggigiorno in ampia parte sia per gli uomini, sia per le donne. Avere un lavoro oggi rappresenta non solo un mezzo per costruire la propria indipendenza economica, guadagnare il necessario per il proprio sostentamento e magari anche un po’ di più, ma anche una forma di espressione personale, di autorealizzazione, di costruzione della propria identità personale e professionale, di nutrimento della propria autostima, del senso di utilità, di appartenenza, di contributo alla collettività.
Per tale motivo la scelta professionale è molto più complessa di quello che all’apparenza potrebbe sembrare. Quando ci si prepara per anni con studi, stage, esperienze varie, magari anche all’estero per entrare al meglio nel mondo del lavoro, le aspettative tendono a crescere di conseguenza. La ricerca del posto di lavoro ideale può essere un percorso composto da più tappe prima di arrivare a trovare quello che esattamente sentiamo che ci rappresenta, ci valorizza, ci soddisfa, ci realizza. Lo stesso vale anche per la costruzione di una libera professione: ci si arriva progressivamente.
Oggi, complice anche un mercato del lavoro un po’ stagnante, specie in Italia, quando si trova il famoso “posto fisso” e magari nel frattempo ci si è costruiti una vita affettiva, una famiglia, con tanto di acquisto della casa, dell’auto, con rate e mutui da pagare, i rischi connessi alla costruzione di una carriera personale sono per forza di cose da ridurre. Ritrovarsi senza un posto di lavoro per un licenziamento spontaneo azzardato o un cambio non ben calcolato di posto di lavoro o l’avvio di una libera professione senza avere prima creato le necessarie basi per il suo decollo sono situazioni da cercare di evitare.
Esistono, però, nella nostra mente, delle distorsioni cognitive, degli errori nel nostro modo di pensare che possono ostacolare la nostra crescita professionale che altrimenti potrebbe essere più fiorente.
Alcuni aspetti emotivi e cognitivi, specie se poco consapevoli, possono portarci ad assumere decisioni sbagliate.
Alcuni dei miti più diffusi, ma spesso distorti, legati al lasciare il proprio posto di lavoro possono essere:
- Licenziarsi è un fallimento
Secondo il senso comune, chi abbandona una situazione quando è in difficoltà, insoddisfatto, stanco, annoiato, è un perdente. A volte, in realtà, è l’esatto opposto. Ad esempio, un mio cliente aveva la passione per la pittura astratta e a cui si è dedicato per anni, mentre di giorno lavorava stabilmente in banca. Quando ha compiuto 50 anni si è fatto un regalo di compleanno: ha chiesto il part time in banca – pur con il disappunto di tutte le persone care intorno – per dedicare più tempo alla pittura. Oggi i suoi quadri vengono esposti e vendute in numerose mostre d’arte in Italia e all’estero. A volte, se si rinuncia a qualcosa, si crea dello spazio affinché fiorisca qualcosa d’altro - Licenziarsi è la via di fuga più facile
Per molte persone licenziarsi è un atto di debolezza, un modo per fuggire dalle difficoltà. Anche se si può essere consapevoli che compiendo le medesime azioni ogni giorno si tende ad ottenere i medesimi risultati o quasi, ci si ostina in quella direzione. In realtà ogni cambiamento richiede obiettivi, progetti, strategie ben precise, tempo, energia, pazienza, perseveranza per poterlo perseguire. Si inizia sempre da un primo passo e questo, a volte, può essere proprio il licenziamento. Non si tratta, quindi, di una fuga, se ben progettata, programmata, finalizzata, ma un atto di coraggio, un gesto sensato e consapevole in una direzione ben precisa - Licenziarsi è un atto egoista
Spesso si adducono motivazioni come la lealtà aziendale, verso i colleghi, il capoufficio, i clienti, la responsabilità verso la propria famiglia al fine di non lasciare il lavoro. In realtà, quando siamo frustrati, insoddisfatti, magari anche aggressivi, o con delle somatizzazioni fisiche dovute allo stress anche le persone che abbiamo intorno ne soffrono. Le emozioni si diffondo rapidamente, silenziosamente e spesso anche inconsapevolmente. Quando esse sono negative la velocità di trasmissione e il loro carattere pervasivo possono essere molto intensi. I nostri figli sono anche più sensibili degli adulti e come tali ci osservano e ci prendono come modelli di vita. Scegliere il lavoro che ci fa stare bene, ci rende soddisfatti, realizzati può essere un gesto di coerenza e rispetto non solo per se stessi, ma anche per le persone care che abbiamo intorno - Licenziarsi è rischioso per propria carriera
Se è vero che restare magari per un breve periodo senza un lavoro prima di trovarne un altro può essere compromettente per il proprio curriculum, i rischi che si corrono nel trascinarsi avanti in un posto di lavoro insoddisfacente possono essere molto deleteri per la propria salute psicofisica. Perdita di tempo, di energie, frustrazione, aggressività latente o manifesta, calo dell’autostima, della motivazione, possono rappresentare ostacoli ancora più grossi per il progresso della propria carriera che non licenziarsi - Licenziarsi è l’ultima spiaggia
Spesso coloro che nutrono questa convinzione arrivano allo sfinimento psichico e fisico prima di prendere questa decisione. In realtà, questa convinzione può essere la più dannosa per la carriera, per la propria salute, per la famiglia che ci vede stanchi, insoddisfatti, prostrati ogni giorno sempre di più. Licenziarsi è una scelta che va attuata al momento opportuno, quando si sente che è la cosa giusta, non quando si rasenta la disperazione.
Cambiare lavoro è sempre una scelta che andrebbe fatta con ponderazione, con una prospettiva a medio e breve termine, sull’onda di un ragionamento cognitivo, pur nel rispetto del versante emotivo. Per poter iniziare un nuovo percorso è necessario chiuderne uno precedente e questo, a volte, comporta alcuni rischi che inevitabilmente si deve essere disposti ad assumersi. Nessun cambiamento costruttivo può accadere se non siamo disposti a metterci in gioco in prima persona.