Sapete quanto vale un televisore #Apple? Ecco cosa c’è dietro un brand come quello di Cupertino
Lo dico subito: Apple non è tornata sui suoi passi, almeno al momento, quindi questo post non è l’anticipazione sul nuovo TV di Cupertino.
Ma se siete arrivati qui, dedicate 4 minuti alla lettura, scoprirete qualcosa più interessante delle prestazioni di un fantomatico televisore che forse non esisterà mai.
Marca e prodotto, qualcosa di molto vicino al noto “è nato prima l’uovo o la gallina?”. Ma che relazione c’è tra le due cose e soprattutto come viene percepita questa differenza dal consumatore?
Una volta erano gli anni Ottanta: portafogli più allegri e spese spensierate. Vedevi un prodotto, ti piaceva e lo compravi e, al di là del costo, nessuno indagava più di tanto su chi lo produceva. Complice sicuramente anche un made in Italy ancora non colpito da certa sleale concorrenza straniera. E poi non c’era la rete, il massimo che si poteva sapere di un prodotto era quello che dichiarava il rivenditore di turno: «Oste, com’è il vino?». «Buono!».
Ma siamo nel 2015 e il consumatore, prima di fare un acquisto – anche di modesta entità – cerca e ricerca online tutto quello che gli occorre per giudicare se quell’acquisto sarà intelligente oppure no. E in questa ricerca si imbatte nella natura di un prodotto e di un servizio, e quindi nella sua marca.
Marca è un nome strano perché viene subito associato nel pensiero comune a qualcosa che “è di marca” quindi che è di livello alto, di lusso e costoso. Ma la marca, in senso generale, non è altro che il valore che si dà a un’azienda. Valore che può essere auto-conferito dal produttore stesso o dal suo consumatore tipo. La prima azione può essere controllata dall’alto, la seconda no perché va a incastrarsi con il concetto di reputazione, e cioè con quel parere che si diffonde nel mercato circa un’azienda e che la fa percepire come più o meno valida. Oggi la reputazione percorre la rete e i prodotti vengono – nel bene e nel male – automaticamente associati alle marche che li propongono.
Ma quante aziende sono consapevoli di questa meccanica? Quante si chiedono come fare per costruire una reputazione prima ancora che il pubblico lo faccia spontaneamente? Soprattutto, quante aziende hanno capito che con una marca forte, il consumatore ha più garanzie nel suo acquisto? E infine, possibile che tantissime aziende non realizzino che solo con una buona comunicazione si costruisce una buona reputazione?
L’Italia è la patria della PMI e, tolti i grandi marchi che il marketing lo usano veramente, è decisamente troppo modesta la percentuale di aziende che danno alla comunicazione il ruolo che veramente deve avere.
Costruire una marca vuol dire creare un’identità che sia immediatamente riconoscibile, a cui il consumatore può associare dei plus. E solo con questo valore aggiunto una marca diventa unica, vale a dire una realtà di mercato che riduce sempre di più il numero dei propri competitor.
Essere unici in qualcosa: questo è il coraggio che un brand deve saper dimostrare per “sfondare” sul mercato.
Il problema è che spesso queste imprese spendono tante energie per raggiungere un valore di unicità dimenticandosi però di trasmettere la notizia al proprio pubblico. Che la comunicazione sia ancora un lusso da grandi brand? O, ancor peggio, sia qualcosa che può essere fatta solo se si hanno budget “di avanzo”?
No! Va detto chiaro: è solo con la comunicazione strategica che si può costruire un valore di marca che si riversi sui prodotti. Un esempio, per capirci: Apple non produce televisori, ma non c’è dubbio che ognuno di noi ha ben chiara la qualità che avrebbe quel televisore se Apple cominciasse a produrlo. Ecco come un valore di marca diventa valore di prodotto.
E per la PMI lo scenario non cambia. Chiunque di noi, quando acquista un prodotto, ha la possibilità di rintracciare chi lo produce e, se questa marca si propone con strumenti di comunicazione modesti, il prodotto verrà percepito come modesto. Se invece la comunicazione risulterà più curata, il prodotto verrà associato a un valore più garantito. La comunicazione non è ben fatta se piace, piuttosto è efficace se la user experience che propone è veramente coinvolgente.
Esiste anche il caso in cui il boom di un prodotto porti un brand a scalare il successo in modo inaspettato. Ma il punto di arrivo comunque propone la questione di cui sopra: se in quel momento di notorietà il brand comunica male, il successo sarà effimero. Perché una volta che un prodotto promette un brand di valore, guai al brand se non testimonia continuamente quel valore, con prodotti nuovi della stessa qualità e con una comunicazione che ne riafferma l’alto livello.
Togliere budget alla comunicazione vuol dire scegliere di stare in silenzio quando di fronte capita un possibile cliente che solo per caso, forse, verrà a sapere troppo tardi che si era imbattuto nella marca giusta per lui.
Oggi più che mai non si può costruire una marca senza comunicazione. Chi non comunica, non c’è. Esattamente come non c’è il televisore Apple, che però – e qui sta il paradosso – ha un valore percepito molto superiore a tutti quei prodotti eccezionali delle tante PMI italiane che non vogliono comunicare.
Ci svegliamo, amici imprenditori?