Rivoluzione formazione: come si studia e ci si aggiorna oggi
In momenti di forte cambiamento, la formazione viene indicata come un fattore chiave di sviluppo. Ma in che modo? E poi, quale formazione? Proviamo a vederci chiaro.
Distinguiamo subito tra due tipi di formazione: formale, cioè quella che produce un titolo di studio in qualche modo riconosciuto, e non formale, quella che affrontiamo adesso.
Alcuni dati ISTAT, presi da La partecipazione degli adulti alle attività formative del 2013:
- La percentuale di persone di 25-64 anni che seguono attività di formazione è in Italia del 35,6%, contro una media UE (a 27 paesi) del 40,2%.
- Le attività di autoformazione non strutturate, svolte al fine di acquisire o approfondire conoscenze su argomenti di interesse personale, sono state seguite dal 33,8% degli intervistati.
- Circa l’80% dei profili professionali più elevati (dirigenti, imprenditori, professionisti) e meno del 40% dei profili non qualificati sono stati impegnati in attività di formazione, spesso di tipo aziendale.
Chi ha più bisogno di formazione, in sostanza, vi accede meno. E persino il concetto di continuous learning, l’apprendimento permanente, interessa ora solo il 6% della popolazione, contro una media europea del 10,7% (fonte: ISTAT, Rapporto bes 2014).
Le trasformazioni nelle quali siamo costantemente immersi ci spingono a costruire competenze e, soprattutto, una nuova mentalità. Ecco quali sono i cambiamenti da attivare.
1. Mutare la percezione di se stessi. Non siamo più dei semplici esecutori di input esterni (il capo, l’azienda, il mercato), ma degli artefici del nostro percorso personale e professionale. Che competenze ci mancano e come possiamo costruirle velocemente?
2. Sapere cosa ci serve. Ha ragione Valter Lazzari, già direttore dell’MBA alla SDA Bocconi e attuale rettore della LIUC, che sostiene che «i benefici di un MBA in termini di acquisizione di competenze, apertura mentale e possibilità di crearsi un network personale sono gli stessi a 25 e a 40 anni. Chi ci arriva a 40 anni deve avere le idee molto più chiare, maggiore consapevolezza e la capacità di individuare benefici immediati con precisione quasi chirurgica».
3. Dimenticare l’apprendimento. Quello che ci interessa è migliorare le nostre performance e dotarci di un set di strumenti personali per farlo. A volte è inutile cercare prodotti di formazione tradizionali (il corso, il master, il workshop), perché la conoscenza è accessibile in modo diverso. Apprendere è un mezzo, non un fine.
È, tuttavia, facile cambiare se abbiamo a disposizione una delle più ampie offerte di formazione non tradizionale che la storia ricordi. Tre, anche in questo caso, sono le aree su cui orientarsi:
1. Le grandi piattaforme di knowledge sharing, in cui migliaia di esperti in ogni campo, sono disponibili per corsi online efficaci e di qualità. Ampia gamma di argomenti, rating dei docenti e costi contenuti sono i maggiori pregi. Udemy.com e l’italiana Skillbros sono tra le più note, ma va segnalato anche il servizio iTunesU, che mette a disposizione migliaia di corsi di università e business school di tutto il mondo.
2. Le istituzioni della formazione manageriale e professionale che, comprendendo le dinamiche dello scenario odierno, riescono a offrire programmi concreti e di qualità. Alcuni esempi sono SDA Bocconi, specializzata negli MBA, e la Scuola di Formazione de Il Sole 24 Ore.
3. I siti con contenuti ispirazionali. Vedere da vicino esempi di eccellenza e riuscire a farsi contaminare favorisce davvero il cambiamento. TED, per esempio, raccoglie “ideas worth spreading”, idee che vale la pena condividere: lì possiamo trovare le testimonianze di alcune delle più vivaci intelligenze del pianeta che in massimo 18 minuti ci offrono il loro punto di vista.
E vale davvero la pena chiudere con uno dei più famosi TED Talk, quello di Ken Robinson, che ci fa capire come la creatività e l’immaginazione sono a portata di mano, se solo ci lasciamo alle spalle un’educazione e una mentalità nate nell’800 e che ancora ci condizionano. Buona visione!