Riforma della scuola: trasformiamola in un posto eccitante che sappia accendere la mente e i sensi dei giovani
La riforma della scuola promessa dal Governo è uno dei temi caldi di questi giorni. Io non sto dicendo che in un mondo che sempre più è orientato verso il fai-da-te scuole e insegnanti e modelli educativi vadano messi in soffitta. Anche se è vero che oggi bambini e adolescenti hanno a disposizione infinite opzioni di conoscenza. Anche se è vero che oggi l’apprendimento si è esteso al di là di tutti i confini anagrafici e a qualunque età si può – si deve – continuare a imparare. Ma no, anche nel mondo dove la conoscenza si è proiettata abbondantemente al di là delle strutture didattiche, scuole ed educazione continuano a essere fondamentali.
Però questo mondo è cambiato con una velocità e un’intensità cento volte superiore a quelle dei sistemi educativi e scolastici. Dobbiamo rimediare portando le nuove tecnologie nell’insegnamento? Sì, aiuta non poco.
Ma non è questo il vero problema: il vero problema è che i classici modelli educativi, scolastici, accademici, non funzionano più. Non perché le cose che si insegnano siano sbagliate (anche se spesso sono arretrate e astratte). Ma perché sono improntate a una forma mentale utile ormai come un paio di scarpe strette: il pensiero logico, lineare, sistematico non è più minimamente in grado di orientarsi – tantomeno di funzionare come unità di misura – in un mondo definitivamente globale e connesso.
La nostra mente – in particolare quella di bambini e ragazzi – si è fatta ormai orizzontale e connettiva, e il compito di una vera educazione sarebbe quello di valorizzarla, di aiutarla a muoversi con più consapevolezza in una realtà sovrabbondante di segnali e materiali. Quello che invece quasi generalmente accade – chiedo scusa alle splendide eccezioni – è che gli educatori pensano se stessi come baluardo contro il mutamento, pretendendo di convertire i giovani barbari e distanziandosi così sempre più da loro.
Non è una novità, intendiamoci. Se l’idea stessa di educazione mi ha personalmente sempre ammorbato non è per banale ribellismo: è che da sempre credo che il modo migliore per educare non sia appunto educare ma coinvolgere, eccitare, accendere la mente e i sensi. Far sentire che quello che stai insegnando non è dogma preconfezionato da imparare impersonalmente, ma qualcosa che ti aiuta a migliorarti qui e ora, a essere più forte, a far bella figura con gli altri. È un’attitudine che vale tanto di più oggi perché – nel mondo dove il fai-da-te è vera e propria strategia evolutiva – il prodotto più prezioso è la crescita della responsabilità personale, che si costruisce soltanto se siamo capaci di valorizzare appunto la personalità singolare, il senso di sé di ciascuno.
È questo che vorrei dire a insegnanti e professori ma anche – e forse ancora di più – a genitori e a chiunque cresce bambini e adolescenti: per accrescere il senso di responsabilità, che è infinitamente di più del senso del dovere, li si deve far sentire importanti, si deve far ruotare l’educazione e lo sviluppo della conoscenza intorno alla loro personalità. In questo senso il web è decisivo: perché in rete e nei social network possono esplorare da sé, scegliere, spaziare, connettere cose che le classiche strutture educative e didattiche non prevedono o tengono separate.
Nel web ci si può smarrire, è vero, ci si può disorientare, si può diventare dispersivi: ecco, qui diventa preziosissimo chi sa orientare la navigazione, chi aiuta i ragazzi a costruirsi da sé il proprio percorso.
Invece di guardare con sospetto il mutamento, si deve farselo amico: perché la vera conoscenza sa mettersi in gioco, sa reinventarsi, sa nutrire il qui e ora. Se non ne è capace, tutta la conoscenza del mondo non è poi molto migliore dell’ignoranza.