Riflessioni tra preistoria, storia (e post-storia?)
Circa 5000 anni fa in Mesopotamia e nell’antico Egitto nasceva la scrittura, e con essa la Storia. La possibilità di tenere traccia scritta delle faccende umane ha aperto uno scenario inedito che ha fatto fare un balzo in avanti straordinario all’umanità intera.
E così siamo passati dalla Preistoria alla Storia.
La parola stessa ‘storia’ deriva dal greco ‘istoria’ e significa ricerca, conoscenza (due parole chiave che tra poco riprenderemo). Nel momento in cui abbiamo potuto fissare la conoscenza è stato possibile costruire nuovi pensieri e soprattutto tramandarli agli altri e ai posteri.
Con Gutenberg e la stampa abbiamo efficientato il processo di trasmissione della conoscenza ed è esplosa la potenzialità conoscitiva, che ci ha condotto sino ai progressi del novecento.
Vent’anni fa, sotto i nostri occhi, ha preso forma qualcosa di ancora più sorprendente, di paragonabile all’invenzione dei primi geroglifici o della prime forme di scrittura cuneiforme.
Un salto evolutivo analogo al passaggio da preistoria a storia.
Si tratta della combinazione tra Google e Wikipedia, e della difusione dei supporti (pc, smartphone). Ossia tra la conoscenza (Wikipedia) e la ricerca (Google), che per l’appunto si chiama ‘motore di ricerca’. Questa combinazione consente qualcosa di impensabile sino a pochi anni fa: possedere l’intera conoscenza umana, in ogni momento e luogo, e averne una chiave di apertura.
È come se in matematica fossimo passati dal numero 3 (preistoria) al numero 3 elevato alla seconda (storia), 3 elevato alla 20esima (con la stampa) e 3 elevato alla 200esima (con Google e Wikipedia).
E quindi accedere potenzialmente alla conoscenza diviene istantaneo, non più mediato o difficoltoso, come quando ad esempio nel medioevo la conoscenza era ben chiusa a chiave nelle biblioteche dei monasteri, accessibile solo a pochissimi. Ed è questa istantaneità che ci fa fare un nuovo salto di paradigma, in cui la concatenazione degli eventi in un flusso in divenire, tipica della storia, tende ad azzerarsi in una sorta di eterno presente.
Possedere la conoscenza tutta, in ogni momento, in un eterno presente, non può che essere definita, a mio avviso, come Post-storia.
È curioso come alcuni simboli di questo eterno presente posseggano proprio il nome di storia (es. le storie su Facebook, Instagram o Tiktok), suonando quasi come beffa: dopo aver ucciso la storia ne riprendono il nome come fosse una reliquia o una beffarda e irriverente eredità.
Insomma i due elementi essenziali che hanno portato dalla preistoria alla storia sono diventati istantanei: la ricerca è divenuta ‘motore di ricerca’ e la conoscenza è divenuta universale e istantanea.
Questa elevazione esponenziale di potenza non può che fare i conti con la nostra biologia, ancorata ancora a quando compivamo riti attorno al fuoco 10.000 anni fa. Ne deriva inevitabilmente il disorientamento. Siamo spaesati di fronte all’eccesso di possibilità, all’infinita conoscenza e alla sua immediatezza; noi ci siamo evoluti per accogliere poche e lente informazioni e affrontare cambiamenti graduali. È sempre più difficile avere degli assi cartesiani entro cui movere le nostre esistenze, nell’eccesso di stimoli che ci conducono a passare magari ore delle nostre giornate a guardare video di gente che balla su Tiktok.
Di fronte a tale disorientamento abbiamo bisogno di essere ascoltati, abbiamo necessità di figure che sappiano accogliere le nostre istanze, paure, sogni, progetti e sappiano far emergere, in modo maieutico, ciò che siamo, ciò che conta veramente per noi e soprattutto ciò che vogliamo.
Chiamiamoli orientatori, psicologi, filosofi, facilitatori, sacerdoti, purchè aiutino a ristabilire il giusto equilibrio tra baricentro (ciò che sono) e binocolo (ciò che voglio) (citazione tratta da ‘Chebbellavita’ di Daniele Salomoni).
Google svolge in parte questo compito di organizzare la complessità, è una chiave di ricerca nell’oceano delle informazioni, e svolge questo compito in modo eccezionale. Ma Google non ci ascolta, non comprende il non detto, non coglie le nostre emozioni, non entra in empatia.
Avremmo bisogno di un analogo dei motori di ricerca fatto in carne ed ossa da persone che a tutte le latitudini del mondo ci aiutano a orientarci in questo eterno presente, questa post-storia, per mantenere il nostro essere umani e il nostro senso nel mondo.