Come trasformare la «preoccupazione» in una preziosa alleata
Negli ultimi mesi, c’è una parola che ritorna spesso nel mondo delle aziende e tra i professionisti, questa parola è “preoccupazione”. Le aziende sono preoccupate per i bruschi e turbolenti cambiamenti imposti dall’ennesima rivoluzione, questa volta targata 4.0. Mentre i professionisti non sono sicuri di essere in “regola” con le competenze che serviranno nel prossimo futuro, tra big data, intelligenze artificiali e Internet delle cose. Se questo non bastasse, anche chi si sente al riparo da rischi immediati, si sente preoccupato per i propri figli e per le generazioni future.
Le domande sono più o meno sempre le stesse: cosa devo fare per restare al passo con i progressi della tecnologia? I robot e le intelligenze artificiali mi sostituiranno sul posto di lavoro? Qual è l’indirizzo universitario migliore per i miei figli?
Ogni articolo e ogni pubblicazione in cui viene previsto che, entro i prossimi 20 anni, il 50% dei lavori attuali scomparirà, non fa altro che aumentare il livello di preoccupazione.
Insomma, i dubbi sul nostro futuro lavorativo iniziano ad attanagliare molte persone, a tutti i livelli, dai top manager, fino alle classi più umili.
In questo articolo non vi darò delle soluzioni per stare tranquilli, né tanto meno la conferma che quanto dicono queste ricerche si avvererà, quello che farò è dirvi che se siete preoccupati in qualche modo avete imboccato la strada giusta, a patto però, che la preoccupazione che state vivendo sia quella “giusta”. Cosa significa preoccupazione “giusta” lo scopriremo grazie ad una semplice analisi etimologica di questa parola.
Sono certo che se vi chiedessi di dirmi quali sono le sensazioni che assocereste alla parola “preoccupazione” molti di voi userebbero parole come: ansia, paralisi, stress, paura, indecisione…Insomma lo stato mentale e psicologico che solitamente associamo alla parola preoccupazione non è certo quello giusto per affrontare con lucidità e strategia i cambiamenti proposti da una importante Rivoluzione industriale come quella che tutti stiamo iniziando a vivere.
Ma se riflettiamo sull’etimologia e il significato linguistico della parola preoccupazione, capiamo invece che questo sentimento è assolutamente sano e necessario davanti a un momento di forte cambiamento.
Preoccuparsi, infatti, significa letteralmente “occuparsi prima”, pre-occuparsi. È assolutamente sano e necessario occuparsi con anticipo di qualcosa quando sappiamo o abbiamo la sensazione che quel qualcosa potrebbe metterci in difficoltà se non fossimo adeguatamente preparati.
È assolutamente sano e necessario avere la capacità di capire con anticipo che come siamo fatti, quello che sappiamo fare non sarà più adeguato nel prossimo futuro e, davanti a questa consapevolezza, preoccuparsi, prendendo poi rapidi provvedimenti.
Preoccuparsi è un sanissimo meccanismo della nostra mente e un sanissimo processo di una qualunque organizzazione ben funzionante. Chi oggi è preoccupato per il proprio futuro è sulla strada giusta, purché quella preoccupazione non significhi paura, ansia e stress, ma significhi analisi e valutazione delle proprie competenze (assessment per le aziende) in previsione di quelle richieste nel prossimo futuro. Ma soprattutto occuparsi prima significa appianare le lacune riscontrate, studiare e formarsi per affrontare il mondo del lavoro nell’epoca della Quarta rivoluzione industriale. Chi oggi è preoccupato, si sta formando e sta affrontando il cambiamento con anticipo, paradossalmente, non si deve preoccupare. A preoccuparsi sono tutti gli altri, chi non è preoccupato e chi invece è ansioso e stressato pensando i prossimi anni. L’unico modo per salvarsi è quello di tornare, con umiltà, tra i banchi di scuola e imparare strumenti e approcci nuovi al mondo del lavoro. Che la preoccupazione sia con voi!