Piccole e medie imprese alla riscossa: condividete i vostri valori, venderete meglio e molto di più
Marca, brand, target, prodotto. Queste alcune delle keywords più diffuse nell’ambito di ciò che oggi indichiamo con il termine “mercato”. Parole che fino a qualche tempo fa utilizzavano solo le aziende nelle analisi preventive e consuntive circa le vendite, i profitti e, più genericamente, i propri bilanci. Ma ora questi termini vengono sempre più utilizzati anche dal consumatore. Che succede? Sinteticamente possiamo dire che il consumatore è oggi più attento e quindi si ferma a considerare anche questi aspetti. Proviamo a non fermarci a questo dato e vediamo cosa sta veramente cambiando le carte in tavola.
Una volta erano le marche che si presentavano al proprio pubblico e lo facevano utilizzando il ristretto numero di strumenti di comunicazione a disposizione. Non solo pochi tipi di media, ma poca scelta per ognuno di essi: sei o sette canali televisivi, una dozzina di radio, una scarsa decina di quotidiani e qualche periodico, oltre alla comunicazione su strada. Certo, non pochi strumenti, ma una scelta non paragonabile a quella che si ha oggi, che offre poi anche internet.
Questi dati ci dicono che oggi il consumatore è più bersagliato dai messaggi che i brand diffondono? In realtà no, proprio perché il mercato dei media è frammentato, l’utente ha di fronte a sé una possibilità di scelta decisamente alta. Prendete la Tv: se una volta il telecomando era l’unica possibilità di interazione con la proposta presentata – limitata al vedo/non vedo – oggi il vero “strumento del potere” è l’interazione, che si esplicita soprattutto con un commento su Facebook o un Tweet, e che ci fa dire la nostra su ogni prodotto o servizio.
Questo è lo scenario in cui si muove la comunicazione, con un altro fatto importante: se un tempo le aziende che facevano pubblicità erano poche, oggi la comunicazione è diventata uno strumento necessario anche per i brand medi e piccoli. Per un’azienda di dimensioni medie la comunicazione è sicuramente lo strumento che consente un mantenimento del proprio mercato, mentre per un’azienda di piccole dimensioni diventa addirittura una necessità vitale per farsi conoscere. Se una volta il pubblico chiedeva non più di un depliant o di un catalogo, oggi quello stesso pubblico chiede strumenti diversi e aggiuntivi a quelli tradizionali, un rapporto continuo con quella marca. La diversità e la quantità di questi strumenti, inoltre, porta i consumatori a valutare il valore di un brand proprio dal modo con cui si presenta sul mercato. Nessuno oggi è disposto a prenotare una stanza d’albergo se non ha visto prima le foto, così come nessuno prenota un viaggio se non ha selezionato prima i posti da visitare con una adeguata ricerca sul web. E nessuno acquisterebbe un prodotto da un’azienda che non aggiorna il proprio sito da due anni. Conta poi il valore della marca, il saper comunicare qualcosa che va oltre la specificità del prodotto o servizio: l’azienda deve cioè mostrarsi intimamente, spiegare chi è, oltre a cosa vende.
Ma il pubblico nota davvero tutto questo? La domanda è legittima, ma la risposta è semplicemente sì. E lo fa stando attento ai particolari, perché oggi nessun acquisto avviene più in maniera casuale: l’offerta è sempre più ampia, compriamo ciò che ci parla, che mostra i nostri stessi valori, che crea una relazione umana con noi.
Questo avviene perché oggi l’utente vive un momento di protagonismo e, seppur inconsciamente, acquista solo prodotti e servizi che interpretano il proprio stile, il proprio trend. La notizia positiva, però, sta proprio qui: se un tempo la comunicazione sembrava solo un vezzo da grandi aziende multinazionali, oggi la possibilità di creare una relazione diretta marca-consumatore diventa uno strumento potente per le piccole e medie imprese, quelle che più di tutte possono stabilire un rapporto sincero, basato su valori chiari, con il proprio consumatore. Ecco che allora, a patto di essere sinceri e trasparenti, l’abito oggi può davvero fare il monaco.