Pianifica, pianifica, pianifica
La lista dei motivi per cui fa male non pianificare il proprio lavoro è lunghissima.
Ma perché parlarne proprio adesso?
Ecco la ragione.
Stop and go
I due anni che stiamo attraversando hanno una certa rarità.
In questi mesi l’economia, quindi le aziende, quindi noi, abbiamo provato uno stop and go di quelli mai visti.
Nel 2020 siamo stati testimoni di un blocco quasi totale della nostra attività quotidiana.
Usa e Cina – i due protagonisti dell’economia globale – hanno fermato le loro produzioni per il 50% del totale e i prezzi delle materie prime sono finiti a terra. Basti pensare che per un buon periodo il petrolio è stato scambiato con quotazioni negative.
Ed ecco che pochi mesi dopo – arriviamo ad oggi – la ripartenza è stata veloce ed improvvisa.
E qual è il risultato sulle nostre attività? Che il lavoro non pianificato sta aumentando.
Stiamo quindi provando cosa significhi lavorare con rallentamenti improvvisi, settimanali e quotidiani, e accelerazioni altrettanto improvvise.
Viviamo e paghiamo il prezzo fisiologico di una mancata pianificazione.
Costi economici
Ripartire accelerando, con il tavolo in disordine, la confusione in testa, le agende saltate per mesi, ci espone prima di tutto a enormi costi.
Il nostro datore di lavoro fa fatica a capire quante materie prime comprare, dove trovare quelle che mancano e come ri-organizzare gli uffici, e la logistica e i trasporti non sono sempre disponibili.
Così i costi (extra) salgono.
Si è spesso in ritardo, qualche volta si accelera ricorrendo agli straordinari, qualche altra si rallenta per qualche giorno in attesa che si sblocchi l’attività di chi sta prima o dopo di noi nella catena del valore.
Ma la pandemia, e i clienti che spariscono per mesi e poi rispuntano con improvvise necessità ed urgenze non sono certo colpa nostra.
Eppure, abbiamo capito quanto non pianificare faccia male al nostro lavoro ed alla nostra azienda, prima di tutto per ragioni economiche: maggiori costi, minori ricavi e minori margini.
Ma ci sono anche ragioni psicologiche.
Costi psicologici
Lavorare a singhiozzo sembra diventato inevitabile, ma porta con sé costi psicologici, che si aggiungono a quelli economici.
Interrompere l’impegno dedicato a una specifica attività o a un progetto per aprire un altro fronte, taglia e riduce di netto la nostra concentrazione.
All’apparenza ci sembra una cosa positiva: è un aumento o un picco di lavoro di cui dobbiamo essere contenti, perché si sentiamo impegnati.
Evviva! Si riparte, anche se con un po’ di confusione…
Spesso si tratta però di un’ennesima occasione per amplificare le distrazioni e moltiplicare la possibilità di commettere errori.
Nel medio periodo, infatti, se protratta, l’abitudine a non pianificare produce anche costi psicologici.
Può trasformarsi in schizofrenia, produrre ansia e stress.
Così, la naturale e positiva propensione a dedicarsi a progetti nuovi con una certa curiosità e apertura, si tramuta in volubilità.
Abituati a cambiare fronte di lavoro, diventiamo più propensi a cambiare idea, a distrarci, e più inclini all’incostanza e vulnerabili.
Costi organizzativi
Ai costi economici e a quelli psicologici, si aggiungono quelli organizzativi.
Anche qui, ci sembra di non vederli, perché sembrano di dominio esclusivo di chi ci comanda, di chi sta a capo di un’azienda oppure di chi gestisce e organizza le persone che ci lavorano.
Eppure, ci sono.
A un certo punto, il bombardamento di nuovi stimoli e interventi esterni, l’accavallamento di attività slegate tra loro, i cambi repentini di progetti non sono più gli strumenti agili della flessibilità e del just in time.
Comportano invece lo spostamento – anche fisico – di persone da un ufficio, un settore o una linea di attività all’altra, con costi organizzativi ingenti.
Oltre alla nostra (calante) concentrazione, e al nostro (poco) approfondimento, c’è il costo invisibile dell’allontanarsi progressivamente dall’obbiettivo che avevamo stabilito, e dalle cose che consideravamo importanti.
Il lavoro non pianificato produce quindi sofferenza economica, psicologica e organizzativa.
Pianifica, pianifica, pianifica
Uno studio recente ci dice proprio che il 40% dei lavoratori intervistati non ha mai più di 30 minuti consecutivi di concentrazione focalizzata su un tema e che ogni anno la quota complessiva di lavoro non pianificato aumenta decisamente.
Ciò significa che le priorità, magari quelle impostate e definite 12 mesi fa, cambiano in continuazione di mese in mese e di settimana in settimana, anche dietro le sollecitazioni (non sempre giuste) dei tanto indispensabili clienti.
Così, nell’epoca del cosiddetto multitasking e della disruption, scopriamo che è importante mantenere la propria rotta quotidiana prestabilita. Che è decisivo eseguire, per noi stessi prima che per gli altri, le attività che in precedenza ci eravamo imposti.
Così, “pianifica, pianifica, pianifica” è un impegno che ci può rendere il percorso più semplice e a portata di mano.
Ma è una battaglia quotidiana.
Quanto è difficile, infatti, assorbire le fisiologiche esigenze che arrivano da fuori, quelle del mercato, senza farsi scombussolare i programmi?