Perdere, prima poi, ti aiuterà a vincere: parola della campionessa Giulia Ghiretti
Ogni tanto mi dico: “Per fortuna che non ho vinto l’oro!”. Ovvio: è quasi una battuta, perché l’oro olimpico è il sogno di ogni atleta. Anche il mio. Però dopo le Paralimpiadi ho vissuto tutto a 100 all’ora: inviti, incontri, premi, interviste, convegni. È stato bello, perché poter parlare dei benefici di fare sport, delle esperienze internazionali, dei rapporti che puoi creare e dell’effetto contagioso che puoi creare è motivo di soddisfazione. Però è stato anche molto faticoso: un giorno qui, l’altro giorno lì, il giorno dopo là. E io che pensavo di poter avere un po’ di riposo dopo aver conquistato due medaglie a Rio…
Però non fraintendetemi: ho vissuto in una bolla fantastica che per la mia vita rappresenta una bellissima fortuna. Ora devo fare i conti con la realtà, quel ritorno alla quotidianità che sembra guardarti a muso duro e non farti sconti. La fatica, tutti i giorni, in vasca, perché l’obiettivo è sempre quello di migliorare. E fuori dal nuoto non mancano gli impegni, primo fra tutti quello dell’Università: lo studio, gli esami, quelli dati, quelli sbagliati, quelli superati e quelli rimasti indietro. Vedi le compagne che vanno avanti e sale il fiatone, quello psicologico, perché ti sembra di rimanere indietro, di arrancare. Sì certo, in fondo lo sai che le cose vanno così perché hai deciso di impegnarti sodo anche su un altro fronte, che ti regala gioie pazzesche, ma non è mai facile essere razionali.
Ci sono poi quelle giornate che non ti spieghi, che vorresti sparire e allora ti metti lì a piangere, a volte in silenzio, a volte davanti a tutti perché dici “chissenefrega”. Come quei giorni in cui la gara non va come deve andare. A Busto Arsizio, in un recente meeting, non sono arrivati i tempi che volevo. Anzi, erano tempi che erano lontani anni luce dai miei record. Come mai? L’influenza, gli impegni, i test, un piccolo intervento che porta con sé alcuni fastidi, un equilibrio da ritrovare. Ok, ogni scusa è buona, ma perché allora ai Campionati italiani in vasca corta, solo pochi giorni prima, avevo pure nuotato col record?
Domande che ti fai, sempre più ricorrenti. Con quel senso del dovere costante, che quando le cose non girano per il verso giusto diventa senso di colpa. Quindi torni in acqua perché lì ti senti a casa e perché sai che alla fine ciò che conta è l’ambizione, quella positiva, quella pura, quella che se non è condita dalla passione non ti porta da nessuna parte. Ecco perché ogni tanto mi dico “per fortuna che non ho vinto l’oro!”. Lo dico perché così posso ancora farlo per davvero.