Perché vedere il documentario di David Attenborough può salvare il pianeta
Non è difficile rimanere attoniti davanti a questo magnifico ma, allo stesso tempo, terrificante documentario di David Attenborough: sin dai primi minuti si percepisce il messaggio che ci vuole trasmettere, quando sullo schermo vediamo Attenborough che vaga in un’area deserta tra macerie e natura. Quest’area è quanto ne rimane oggi della città di Chernobyl, dopo che la catastrofe nucleare causata da un errore umano ne ha fatto evacuare tutti gli abitanti, e l’ha resa ormai una città fantasma. È proprio in questa scena iniziale che è racchiuso però tutto il significato del documentario: quando la telecamera si allarga sulla città, che inizialmente sembra essere deserta e “dimenticata da Dio”, si scopre invece un’area ricca di vita animale e vegetale, una città che dopo esser stata abbandonata dalla specie umana e da tutti gli eccessi che la circondano ha iniziato a respirare di nuovo, una città che dopo la distruzione e la rovina che l’uomo le ha riservato, ha riscoperto la vita.
Vita, distruzione: sono questi i due temi principali e contrastanti che possiamo individuare nel documentario e che ci perseguitano durante tutta la sua durata. E mentre incredibili immagini di come il mondo sia cambiato da quando Attenborough esplorava la natura selvaggia ad oggi scorrono sullo schermo, mentre il protagonista ci spiega quanto la biodiversità sul nostro pianeta stia diminuendo sempre di più per causa nostra, ci ritroviamo a chiederci come siamo potuti arrivare a questo punto. Cosa ci ha reso gli autori di questo tremendo destino non solo per il nostro pianeta, ma soprattutto per noi. E cerchiamo di trovare delle risposte nel documentario, che però alimenta i nostri dubbi e la nostra insicurezza sull’agire dell’uomo in questi ultimi anni, mostrandoci il futuro che ci aspetta se non cambiamo atteggiamento: lo scenario, di decennio in decennio, peggiorerà drasticamente, portando ad un surriscaldamento sempre più elevato, allo scioglimento dei poli terrestri, ad un clima sempre meno stabile e quindi a delle condizioni di vita a cui non siamo abituati che la renderanno impossibile, e che porteranno alla sesta estinzione di massa.
Fortunatamente, quando ormai il futuro del nostro pianeta sembra destinato al peggiore delle fini, e quando, mangiati interiormente dai sensi di colpa, pensiamo sia tutto perduto, un raggio di luce, una soluzione inizia a prendere forma sullo schermo, ed è proprio Attenborough a presentarcela. La soluzione siamo proprio noi. Negli ultimi 30 minuti del documentario, il protagonista ci spiega che non è troppo tardi per cambiare il nostro comportamento nei confronti della natura, una natura che se messa in pericolo è capace di ribellarsi, e di sopravvivere in qualunque caso ai pericoli a cui la sottoponiamo. Siamo noi a esseri umani a prenderci le conseguenze devastanti dei nostri errori, che derivano da un meccanismo che abbiamo creato errato. La soluzione sta proprio nel cambiare gli ingranaggi di questo meccanismo: arrestare la crescita sproporzionata della popolazione mondiale, creare zone di mare in cui è vietata la pesca per ristabilire un equilibrio sostenibile, limitare la consumazione sfrenata di carne, prediligere l’utilizzo dell’energia rinnovabile. Tutte azioni che, nel tempo, ristabiliranno e ricreeranno biodiversità, quella biodiversità necessaria per la vita del nostro pianeta, quella biodiversità di cui facciamo parte anche noi.
Alessandro Pastore