Se hai risorse, offrile a chi ha un progetto ma non i mezzi per realizzarlo
Il ragionier Fantozzi e la sua Megaditta sono sempre più il simbolo di un tempo che sembra essere superato. Il padrone (volutamente uso questo termine dal sapore aspro) e gli operai sono anch’esse categorie in cerca di nuova identità. L’imprenditore che apre un capannone in Brianza sa che non dovrà confrontarsi con il vicino ma con il mondo.
Senza che quasi ce ne accorgessimo è accaduto che l’informazione, dall’essere vidimata, spedita e controllata, ora viaggia alla velocità del web; che l’attività ripetitiva e meccanica è sostituita sempre più dall’automazione; che da qualche parte nel mondo c’è qualcuno che può realizzare lo stesso prodotto a un costo enormemente inferiore e ha una spinta verso il benessere che chi vive nell’agio occidentale ha dimenticato da tempo.
Poi c’è un altro elemento da considerare. L’aumento del debito pubblico italiano degli ultimi decenni significa una cosa: che abbiamo vissuto al di sopra delle nostre possibilità. In questo modo ci siamo un po’ viziati (voglio precisare che il mio è un discorso generale e non è valido per tutti), abituati a uno standard di vita basato sul denaro, ma che troppo spesso dimentica la dimensione dell’essenza delle cose importanti, la sobrietà sacrificata in cambio dell’idolatria del consumo. Non siamo più sereni, ma forse più impauriti e, spinti da un’impostazione individualistica, tendiamo ad accumulare ricchezze, ricchezze che utilizziamo per rendita o per alimentare la logica dell’avere, dei consumi, di uno status basato su ciò che possiedo.
Accade quindi che terrorizzati dal perdere i propri vizi e privilegi si ergano barriere difensive sempre più alte, e allora proliferano la burocrazia, regole autoreferenziali, barriere di accesso a qualsivoglia mercato, blocchi, limitazioni.
Tanti in Italia vivono come il buon Zio Paperone, rinchiusi nel proprio forziere a nuotare nei dobloni d’oro, senza dimenticare che forse sono pure un po’ tossici e aprire le finestre per cambiare aria farebbe solo bene alla salute.
In questo modo la società è poco dinamica, tende all’immobilismo e alla lunga implode.
Ma soprattutto è triste.
La ricerca di lavoro di un giovane neodiplomato o neolaureato (salvo alcune eccezioni) è una cosa spesso umiliante e penosa: centinaia di curricula inviati, decine di colloqui infruttuosi, spesso le uniche porte che si aprono si rivelano poco serie. La stessa cosa accade a chi perde il lavoro e non rientra in quelle professionalità ricercate dal mercato.
E pensare che di cose da fare ce ne sarebbero un’infinità (ad esempio riconvertire tutto ciò che esiste in chiave sostenibile). Ci si dimentica che la vita è fatta di passioni, e che realizzare un sogno è energia e dà gioia; che fare le cose insieme agli altri è bello; che vedere un giovane che realizza un sogno è gratificante.
Allora faccio un appello a chi detiene la ricchezza nel nostro Paese: utilizzatela per realizzare i vostri sogni o quelli di altri, perché quello che potrete ottenere in cambio è vita. Certo, rischierete di perdere molto in termini di cifre numeriche su un monitor, ma quello che ne ricaverete ha un valore incommensurabile. Fatelo, e fatelo meglio di tutti gli altri nel mondo, perché in Italia non manca l’intelligenza e la cultura per generare valore.
E voi giovani abbiate il coraggio di rischiare e di sprigionare tutto il vostro potenziale, non accontentatevi, se avete cuore e cervello buttatevi con coraggio e determinazione, talvolta per ricominciare da zero laddove le cose non funzionano. Esprimete la vostra Volontà, attraverso il lavoro, l’impresa, l’impegno sociale. Le risorse economiche non mancano, abbondano. Ma è necessario toccare la sensibilità di chi ha forse dimenticato di quanto sia bello vivere, abbiate il coraggio di farlo e ci riuscirete.