Come trovare quello che non stai cercando
In inglese trovare quello che non cerchi si chiama serendipity, che è una di quelle parole talmente belle da sembrare inventate per l’occasione. In effetti è una parola d’autore, un neologismo coniato da Horace Walpole, ispirato pare dalla fiaba persiana i “Tre principi di Serendippo”. Serendip o Serendib è il nome persiano dello Sri Lanka e nella fiaba i protagonisti fanno diverse scoperte utili e piacevoli per puro caso, cercando di fare altro.
Trovare quello che non cerchi è quello che ti capita quando smetti di pensare o di agire per un obiettivo specifico e ti concentri sull’esperienza in sé, sul momento che stai vivendo, sul presente. A me è capitato facendo yoga.
La mia storia con lo yoga è sempre stata travagliata. A vent’anni fare yoga mi innervosiva da morire. A trent’anni preferivo correre e consideravo stare fermi sul posto un sopruso. A quaranta pensavo di non avere più spazio di manovra, letteralmente (parlo di articolazioni, ma anche di consapevolezza). A quasi cinquanta sono arrivati i miei “tre principi”: una shiatzuka che mi ha insegnato a respirare, un’amica che ha messo la sveglia mezz’ora prima e un’app con istruzioni talmente chiare e poetiche da farmi venire voglia di provare.
“Cerca di raggiungere il cielo con la testa e la terra con la coda”, per esempio. Oppure “Non raggiungere i piedi con le mani, ma le ginocchia con il cuore”. Roba da far digrignare i denti o rotolare dal ridere, finché non ci provi e scopri che sì, abbiamo la coda. Che sì, puoi mirare al cielo. Che sì, il cuore ha una sua direzione, se respiri bene.
Da qualche mese, quindi, respiro. Che non è una cosa da dare poi così per scontata, visto che non sapevo di non saperlo fare. Non è l’unico cambiamento avvenuto per caso facendo yoga venti minuti al giorno, in casa, su un tappetino, con un’app. Ecco le principali sorprese.
- Ho mani e piedi incredibilmente più forti (e belli). Anche caviglie, direi. Cercavo flessibilità e ho trovato forza. Cercavo relax e ho scoperto che stringere i pugni e puntare i piedi è una fonte di energia a portata di mano.
- Unire le mani davanti al petto non serve solo a pregare (attività che comunque assomiglia alla meditazione molto più di quanto ci abbiano spiegato a catechismo). Unire le mani davanti al petto, in piedi, sedute o inginocchiate, allinea tutto. Se spingi, allinea e rinforza. Se ti pieghi in un leggero inchino allinea, rinforza e avvicina il resto del mondo.
- Stare in piedi o sedute, se ti impegni nel farlo, fa per gli addominali e le cosce più di molte lezioni di aerobica della mia vita passata.
- Se ti guardi allo specchio mentre fai yoga non assomigli per niente alle foto che vedi di persone che fanno yoga. Assomigli molto di più a un panda che a un guerriero, a un cespuglio che a un albero, a una ciambella che a un triangolo. L’unica posizione davvero coreografica è l’ultima, quella del cadavere (Savasana), e ho il sospetto che sia perché si fa a occhi chiusi. Impari a guardarti allo specchio e a vedere solo che il tuo corpo, finalmente degno della tua attenzione, rifiorisce.
- Soprattutto: facendo yoga ho imparato a godermi la routine. A godermela un sacco. Se sei come me, inizia adesso, perché tantissime parti della nostra vita funzionano solo se ami ripeterle. Rifare il letto. Stirare. Truccarti. Struccarti. La strada per la metropolitana. Vestirti. Svestirti. Riappendere i vestiti dopo averli provati. Disfare la valigia appena arrivi a casa. Lavarsi i denti per bene. Cucinare. Lavare i piatti. Mettere in ordine. Non mettere in disordine. Non sono diventata ordinata, non sono diventata precisa. Da qualche mese, però, non mi annoio più mortalmente a ripetere i piccoli gesti della vita quotidiana. Me li godo come tutto il resto.
Inspira, espira. Chissà cosa troverai dentro di te, se lo fai senza pensare ad altro.