Perché Eva Kant è il simbolo della donna moderna
Il personaggio di Eva Kant fa capolino nel 1963, nel pieno del boom economico, quando le donne, in Italia, iniziano a prendere maggiore consapevolezza delle proprie potenzialità. A quasi sessant’anni dal suo esordio su carta, il fascino dell’eroina in tuta torna di grande attualità, portato sullo schermo dalla bravissima Miriam Leone, sempre in prima linea sul fronte dei diritti delle donne. È stata proprio lei, alla presentazione del film dei Manetti bros., a definire Eva “una femminista ante-litteram” e i motivi appaiono chiari sia ai lettori di “Diabolik” che al pubblico in sala per l’omonima pellicola. Vediamo allora in che modo la Kant, che non ha niente a che vedere col filosofo di Königsberg, può davvero rappresentare un modello di emancipazione.
Cominciamo dalle origini e da coloro che l’hanno ideata, ovvero le sorelle Giussani, Angela e Luciana, a loro volta icone di women empowerment. La prima, che fino a quel momento lavorava con il marito, decide, nel 1961, di fondare una propria casa editrice, la Astorina, mentre la seconda la raggiunge, lasciando il suo impiego all’interno di una famosa azienda di aspirapolveri. La storia di Eva è parallela a quella delle sue creatrici, perché, sull’onda del loro successo imprenditoriale, si smarca progressivamente dal ruolo di semplice compagna del ladro mascherato, affermandosi, a tutti gli effetti, come una co-protagonista e, in molte avventure, si rivela decisiva, in risposta al maschilismo imperante.
Senza fare spoiler a chi non ha visto l’adattamento cinematografico, è interessante mostrare il carattere della donna e come si relaziona con chi le sta intorno. Innanzitutto bisogna precisare che la nota coppia non è sposata, ma convive: una circostanza che diede un certo scandalo al punto da frenare a un certo punto la produzione. Una storia, nella quale i due si avviano verso il letto matrimoniale, era costata il sequestro della testata, sorte che, nel complesso, si ripete in un paio di occasioni. Nonostante le difficoltà, la fortuna della fascinosa bionda è immensa, sin dal suo debutto: corporatura esile, ma un incedere deciso e grinta da vendere.
Vedova di un diplomatico, ha girato il mondo ed è l’unico amore di Diabolik, che conquista da subito: una relazione sincera e completamente alla pari, che dura ancora oggi, e se ne possono vedere gli sviluppi in edicola. D’altronde l’universo dei comics va visto come uno spazio atemporale che, a decenni di distanza, Eva conserva la sua bellezza magnetica, la quale va ben oltre la mera dimensione estetica. Una sua fenomenale abilità è sicuramente il trasformismo, e, nello specifico, saper interpretare ruoli differenti, attraverso le maschere create dal partner, cosa che riesce tranquillamente a fare meglio di lui.
Quando prende le sembianze della vittima di turno ne assimila alla perfezione abitudini e comportamenti. Certo, si tratta di un ruolo criminale, e dunque, lungi dall’imitarne le gesta, bisogna tuttavia concentrarsi sul come agisce. Quello con Diabolik è un rapporto sincero, privo di veli, nel quale basta uno sguardo per intendersi e le loro imprese avvengono in sinergia, senza che l’uno prevalga sull’altra. La percezione di un role model diverso dal solito diventa palese agli occhi della società del tempo, al punto che negli anni ’70 il mensile femminile “Cosmopolitan” le dedica delle strisce dove ha la scena tutta per sé.
Angela e Luciana Giussani, scomparse rispettivamente nel 1987 e nel 2001, sono costantemente attente nell’evitare di intrappolare Eva in comuni stereotipi: una decisione davvero avanti coi tempi. E c’è chi dice che l’ispirazione, per Lady Kant, sia arrivata addirittura dalla Principessa Grace di Monaco. Di certo la sua è una favola che non passa mai di moda.