Patch Adams, Centodieci è Ispirazione riporta in scena il Medico del Sorriso
A guardare Patch Adams che fa la sua “lecture”, la sua lezione show in teatro, si percepisce subito quanto sia un uomo di spettacolo, nell’accezione più positiva del termine. Colorato, divertente, ma anche toccante e profondo, intervalla racconti del passato con riflessioni sulle problematiche del presente, buffi aneddoti a video dei suoi incontri riderecci, per i quali è però impossibile non emozionarsi. È tutto autentico, ma tutto messo in atto per raggiungere un obiettivo, forse il più alto fra gli obiettivi, e cioè quello di far arrivare al pubblico un unico messaggio: amate. Amate gli altri, e amate prima di tutto voi stessi. Poi andate in giro, a contagiare il mondo con quell’amore.
«Mi chiedo quante persone poi lo facciano davvero», confida davanti a un piatto di baccalà mantecato. Siamo a Conegliano, seconda tappa del Patch Adams Tour per Centodieci è Ispirazione, tornato in Italia a grande richiesta. Prima del Veneto c’è stato il Friuli, con la serata da tutto esaurito a Udine, e nei prossimi giorni ci aspettano Reggio Calabria e Montepulciano, altri spettacoli (potete seguirli da remoto con il nostro live tweeting in diretta), altre anime da scuotere, persone da ispirare.
Perché il percorso di Patch, cioè cerotto, come Hunter Doherty viene chiamato dai tempi dell’università, è di ispirazione da più di cinquant’anni. Lo racconta lui stesso: «A 18 anni, con tre ricoveri in un ospedale psichiatrico alle spalle (aveva tentato il suicidio), ho capito che dovevo mettere in atto una rivoluzione, una rivoluzione delle idee, la più poderosa di tutte. È stato allora che ho deciso: non avrei più avuto un giorno infelice in vita mia.» E così ha fatto.
Non è infelice nemmeno quando fa visita alle persone malate, nemmeno quando tiene tra le braccia bambini a un passo della morte per mancanza di nutrizione, o devastati dal cancro: «Piango, soffro, se non lo facessi inizierei a preoccuparmi» – risponde a una domanda diretta del pubblico, che gli chiede come faccia a sopravvivere a tanta sofferenza – «ma sono davvero convinto che possiamo allietare le loro ultime ore. Sono convinto che un persona non stia morendo, ma che stia vivendo e poi muoia. Ma se sta vivendo, perché non vivere questi ultimi momenti di vita con gioia?»
Parole che possono cambiare la nostra percezione della vita, che ci aiutano a mettere tutto, lavoro compreso, in prospettiva. Perché, come dice Patch: «Prima che arrivassi io i medici non si erano mai confrontati con un problema dei loro pazienti, anzi più di uno: il fatto che la maggior parte di loro non si piacesse, avesse un matrimonio infelice e un lavoro che detesta. Io ai miei pazienti dico sempre: siate felici. Prendetelo come impegno, come dovere. Decidete di esserlo e fatelo. Non iniziate a fare cose per raggiungere la felicità, ma siate felici e basta, ogni giorno. In molti la felicità la ricercano, ma ce la si deve imporre».