La passione del fare: è il segreto e l'energia dei maker, i piccoli geni che stanno inventando il futuro
Roma, primi di ottobre 2014. Un bambino poco più che undicenne riceve in regalo il modellino di un personaggio dei fumetti, fatto con una stampante 3D. Nei suoi occhi un lampo di magia, ma non è per il giocattolo. Il ragazzino si è innamorato della stampante!
Succede alla Maker Faire Rome 2014, un evento dai grandi numeri: 600 protagonisti (tra cui io), 90.000 visitatori, 360 stand ricchi di ogni tipo di prodotto innovativo, da gioielli a circuiti elettrici, da dispositivi indossabili a robot, e poi ricostruzioni di città, vestiti, elementi di arredo, suoni. La Maker Faire era ricca di creatività e tecnologia dei fablabs, le cosiddette botteghe del 21esimo secolo gremite di artigiani digitali, di makers (“smanettoni”, anche se preferisco chiamarli inventori, perché l’Italia è un paese di inventori), di aziende come Microsoft, Arduino, Intel, Roland, Freescale, di produttori di stampanti come Sharebot, Wasp e di centri di ricerca del calibro del Sant’Anna di Pisa.
Una fiera alla sua seconda edizione in Europa ma che settimanalmente tocca molte città del mondo con eventi principali (Maker Faires appunto) ed eventi satellite (Mini Maker Faires), sulla falsariga di quel trend divenuto molto famoso grazie a TED e ai vari TEDx. Si tratta di una sorta di vetrina, dove persone di tutte le età presentano le loro creazioni, ma anche un luogo di conoscenza dove si stringono amicizie e si instaurano rapporti di collaborazione e un’occasione di svago grazie a quei progetti che non hanno altra pretesa se non far divertire.
Maker Faire è anche un trampolino di lancio per prodotti che in tutta umiltà riscuotono molto successo e diventano poi realizzazioni commerciali, ma soprattutto è il dipinto di un mondo che non è lì fermo a guardare. Perché la Maker Faire non è solo tecnologia, non è solo modernità o progresso: molte cose che lì vengono percepite come futuro in realtà sono il presente e in alcuni casi già il passato. La Maker Faire è la chiave di un mondo che non aspetta di ricevere la soluzione ma che la crea, che per essere accettato richiede un’evoluzione tecnologia sì, ma anche un cambiamento sociale, che non vive di unilateralità ma cresce con il feedback continuo, che non ha una via e segue solo quella ma che sperimenta costantemente strade alternative che portano anche al fallimento e, appunto per questo, al successo.
Banalmente si potrebbe dire che non è tutto oro quel che luccica, ma l’espressione non è adatta perché quelli che possono essere degli obiettivi ancora non raggiunti non sono necessariamente fattori negativi, anzi dimostrano come il sentiero da seguire sia ben chiaro e che, come ogni cosa, ha solo bisogno di tempo.
Infatti chi si affaccia tramite una fiera come la Maker Faire a questo mondo, quello del “fai da te” – nel quale senza accorgercene siamo più dentro di quanto pensiamo – probabilmente rimane un po’ spaesato. In questi luoghi ci sono ottimi progetti che però non fanno parte (o non danno la sensazione di far parte) di un disegno più grande e spesso chi è lì a vederli si fa impressionare da quanto si possa fare con così poco, senza capire che ciò che vede, se adeguatamente valorizzato, potrebbe essere una piccola rivoluzione.
Le due conseguenze più evidenti di ciò toccano da un lato i progettisti, o inventori, dall’altro gli spettatori. Per i primi diventa difficile collaborare e dialogare non essendoci, spesso, un obiettivo ben definito come meta. I secondi invece portano a casa la sensazione che molti prodotti siano fine a se stessi, ma non l’idea che ciò che hanno visto sia un qualcosa di concreto, che li riguardi.
Ed ecco allora che mostrando da un lato un mondo ideale e dall’altro uno fin troppo reale, con piccole e ingenue cadute, possiamo prendere la Maker Faire esattamente per quella che alla fine è: la foto di come la società, tra piccoli errori e successi, sta cambiando. Avere accesso tramite un click ad ogni informazione, poter toccare con un gesto o con un’idea chi è a migliaia di chilometri di distanza, collaborare e non solo competere, sentirsi parte del mondo, vedere la possibilità anche in un momento di crisi.
Oggi più che mai, coi grandi mezzi a nostra disposizione, dobbiamo domandarci: «ed ora abbiamo la passione del fare? – rispondendoci poi – perché con quella si può fare tutto», e a dire questo non è stato altro che uno dei ragazzi con meno di 20 anni che hanno parlato alla conferenza d’apertura di questa Maker Faire Rome 2014.