Ossessione vs Armonia: perché smettere di celebrare i vincenti può aiutarci a vivere meglio
Perché celebriamo sempre i re, i ricchi, i potenti, i campioni dello sport, attori o cantanti famosi?
Tendiamo a celebrare i casi limite, delle singolarità che si discostano dalla norma, coloro che in qualche modo rappresentano degli estremi della nostra specie.
Siamo affascinati dalla quantità: l’uomo più ricco del mondo, il più potente, il più vincente. I libri di storia sono pieni zeppi di re, imperatori, condottieri, generali. Salvo alcune eccezioni si tratta perlopiù dei soggetti più violenti, che sono giunti al potere con la forza e il sangue, o più manipolatori, che sono giunti al vertice sociale con l’astuzia, l’inganno o l’opportunismo. Da questo punto di vista tendiamo a celebrare forse gli esseri umani peggiori, coloro che possiedono meno umanità, ma che spinti da sete di potere hanno scalato le gerarchie sociali (a mio avviso i libri di storia dovrebbero raccontare maggiormente gesta di inventori, scienziati, artisti, poeti o semplici lavoratori che hanno realizzato grandi cose con il proprio impegno).
Non è forse stupido tutto ciò?
Quando celebriamo l’uomo più ricco del mondo non stiamo forse glorificando una persona guidata da una ossessione, a tal punto da farne un caso limite? Allo stesso modo lo sport moderno, ipercompetitivo e globale, non può che glorificare i casi estremi, anch’essi schiavi di una ossessione, di allenamento e preparazione atletica, e che riescono a raggiungere risultati limite, o a superarli come nel caso dei record mondiali. Stessa cosa per divi o influencer, celebriamo chi ha più seguito, follower, celebrità, sempre casi fuori scala.
Ciò che non celebriamo mai sono l’armonia, l’equilibrio, la misura. Li troviamo noiosi, non eccitano le nostre menti e i nostri spiriti. Eppure è nell’armonia e nell’equilibrio che a mio avviso possiamo trovare qualcosa di vicino al senso del nostro stare al mondo.
Inseguire ossessivamente risultati, successo, denaro, fama non migliora la nostra esistenza. È bene ricordare che l’ossessione, in alcuni casi, può sfociare in una vera e propria malattia mentale. Non è salutare essere immersi in uno schema che contempla nella quantità il proprio unico scopo.
Proviamo allora a cambiare modo di pensare, a ribaltare la scala di valori con cui guardiamo gli altri e il mondo.
I campioni mondiali di equilibrio sono dei perfetti sconosciuti. Sono tanti e, ognuno a proprio modo, ha trovato una chiave per elevare la qualità, quella della propria vita. Non sono mai in un estremo, magari in alcune cose spiccano, ma senza eccessi, senza avvicinarsi al limite. Lavorano, hanno famiglie, studiano, pensano, sono attivi socialmente, aiutano gli altri, esplorano, si interrogano, dubitano, vivono a pieno. Coltivano giorno dopo giorno la propria armonia, consapevoli di prendersi cura della propria fonte di serenità.
Purtroppo non abbiamo molti esempi noti di persone che hanno fatto dell’equilibrio la propria direzione di vita. Un tempo, quando c’era una socialità fisica maggiore (contrapposta a quella digitale), il ruolo del dialogo tra famigliari e amici alimentava storie ed esempi che veicolavano più facilmente tali modelli. Probabilmente, dall’avvento della televisione e più recentemente del web e dei social, è diminuita la narrazione di modelli vicini ed è aumentata la narrazione di modelli estremi, perché fanno più notizia, sono maggiormente sensazionalistici e quindi mediatici. Un effetto indiretto dei grandi vantaggi che indubbiamente queste tecnologie hanno portato: allontanare la comunicazione di prossimità, più focalizzata su modelli di equilibrio e armonia, e alimentare la comunicazione sensazionalistica, in cui conta solo chi è fuori scala.
In un’epoca in cui la corsa alla quantità ci sta portando a sbattere contro un muro, e mi riferisco a un modello di sviluppo volto a lavorare sempre di più, per produrre sempre di più, per consumare sempre di più prodotti e servizi che non ci servono, forse virare verso un modello della qualità, dell’armonia e dell’equilibrio può essere la svolta necessaria. Non interrompere il nostro istinto innato al miglioramento continuo e alla crescita, ma indirizzarlo verso un miglioramento del nostro equilibrio, della qualità di vita che conduciamo, senza ossessioni, senza esperienze limite, senza eccessi, con l’unico eccesso nella misura.