Networked Flow: la costruzione di esperienze ottimali all’interno delle reti sociali
In precedenti articoli abbiamo parlato dello stato di “flow” o di “esperienza ottimale”, come di uno stato esperienziale all’interno del quale le sfide offerte dall’ambiente e le nostre capacità sono in perfetto equilibrio. La teoria dello psicologo ungherese Csikszentmihalyi, recentemente scomparso, rappresenta uno dei capi saldi della psicologia positiva e trova ampie applicazioni all’interno di differenti contesti.
Al tempo stesso abbiamo avuto modo di analizzare come l’innovazione – e più in generale la storia dell’uomo – sia un processo di rete e si basi in larga misura sulle reti sociali che caratterizzano la vita di tutti noi.
Che cos’è il Networked Flow?
Il networked flow è la crasi di questi due concetti. È possibile – detto altrimenti – sperimentare un’esperienza ottimale che non sia individuale, ma di gruppo?
Il concetto nasce dagli studi di Riva e Gaggioli, due docenti dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, che analizzano in che modo i processi di rete possano essere resi ottimali e portare a risultati migliori per le persone che li attivano e per le organizzazioni (o la società in senso allargato).
Ma cosa è, dunque, il Networked Flow. Come si legge, nelle parole degli autori:
“È un processo di rete che permette agli individui di raggiungere vette creative che non sarebbero stati in grado di raggiungere da soli e in cui il risultato finale non può essere ricavato semplicemente dalla somma dell’apporto dei singoli. La realizzazione di questa esperienza richiede l’instaurarsi di una “group mind”, di uno stato di fiducia, condivisione ed empatia in cui le azioni dell’individuo e del gruppo si armonizzano in artefatti cognitivi (idee, teorie, oggetti, metodi, tecnologie, prodotti artistici).”
Le fasi del Networked Flow
Alla base del concetto di Networked Flow, esistono altri due concetti altrettanto fondamentali:
- La presenza, intesa come la sensazione di essere presenti all’interno di un ambiente reale o virtuale, come capacità di mettere in atto intuitivamente le proprie intenzioni.
- La presenza sociale: la sensazione, cioè, di essere con altri da sé all’interno di un ambiente (reale o virtuale) data dalla capacità di riconoscere intuitivamente le intenzioni degli altri. Questo concetto si sposa bene anche con le due pratiche recenti delle scienze cognitive relative all’embodied cognition e alla situated cognition.
Il Networked Flow si articola poi in alcune fasi specifiche che ne delineano le caratteristiche principali:
- Incontro: un primo momento in cui persone con determinate caratteristiche comuni si incontrano e condividono esperienze (pensiamo a un ensemble jazz prima di una jam session).
- Riduzione delle distanze: i soggetti si percepiscono come simili (hanno una elevata presenza sociale) e cominciano a ridurre le distanze, formando anche sottogruppi
- Liminalità: i soggetti orientano se stessi e il gruppo verso una direzione ben precisa. Dal punto di vista psicologico viene creata una we-intention, un sentire comune.
- Networked Flow. Fase di Condivisione: il gruppo condivide appieno il nuovo contesto e sperimenta in modo condiviso un contesto di esperienza ottimale. All’interno di questa fase la creatività e la capacità di generare innovazione e portare novità da parte del gruppo sono al massimo livello.
- Networked Flow. Fase di Creazione: il gruppo crea un artefatto ed esplicita il proprio pensiero creativo. L’artefatto può essere di qualunque tipo: un prodotto, un’idea, una nuova visione del mondo, una prassi, un pensiero…
- Networked Flow. Fase di ricezione: è la fase finale, l’applicazione dell’artefatto alla realtà sociale. I possibili risultati saranno due: o l’artefatto sarà in grado di modificare la rete sociale di riferimento, o – viceversa – decadrà. In questa fase un ruolo importante è giocato dalla capacità del gruppo di “narrare” in maniera efficace la storia e gli obiettivi dell’artefatto.
Costruire il Networked Flow
Proprio come per il Flow e per le esperienze trasformative, di cui abbiamo parlato in un precedente articolo, i processi di Networked Flow non possono essere costruiti a tavolino, possono solo essere favoriti, incoraggiati, elicitati e stimolati creando i contesti migliori all’interno dei quali farli fiorire.
Per consentire l’emersione di questo processo, che può avere enormi benefici sulla creatività delle persone e delle imprese, è necessario abilitare ambienti inclusivi, co-costruiti con le persone e ripensare i nostri modelli di lavoro verso scenari maggiormente collaborativi e aperti a positive contaminazioni esterne.