Naomi Beckwith, la nuova Chief Curator del Guggenheim di New York
La nomina di Naomi Beckwith alla guida del noto museo di arte contemporanea newyorkese, probabilmente non avrebbe destato scalpore se non fosse che avviene dopo l’allontanamento della veterana Nancy Spector a seguito delle accuse di razzismo. Degli Ex dipendenti del museo scrissero una lettera intitolata “a better Guggenheim” dove richiedevano le sue dimissioni per comportamenti razzisti. La lettera firmata dallo staff, parlava di ambiente “tossico” e definiva lo staff curatoriale come “iniquo e tollerante verso il razzismo, dove regna la supremazia bianca”.
Le accuse di razzismo a Nancy Spector
Aveva fatto scalpore il tweet del 2019 della curatrice ospite della mostra dedicata a Jean-Michel Basquiat, Chaedria LaBouvier, di colore, che aveva accusato il Guggenheim di trattamento razzista. Il tweet recitava “lavorare al Guggenheim con Nancy Spector è stata l’esperienza professionale più razzista della mia vita”.
Dopo un’indagine interna che non ha provato le accuse, la Spector ha deciso comunque di lasciare l’incarico e la scelta per rimpiazzare una delle donne più influenti nel mondo dell’arte è caduta su Naomi Beckwith, Senior Curator del museo di Arte Contemporanea di Chicago.
“A dire il vero non me lo aspettavo” racconta Naomi. “Mi occupo soprattutto di arte contemporanea mentre il Guggenheim si è concentrato in particolare sulla storia delle avanguardie. Direi che a convincerli è stato il fatto che non vedo una separazione netta fra le due cose. Studio l’arte dei nostri giorni come un proseguimento di tutto quello che è successo prima”.
La storia di Noami Bekcwith
Naomi Beckwith ha un curriculum di tutto rispetto. Lo stesso direttore del Guggenheim, Armstrong, ha affermato, “è molto esperta sui temi dell’identità e, in particolare, sull’arte multidisciplinare. Dobbiamo pensare alla crescita del museo per i prossimi anni e Naomi è una persona con enormi capacità”.
Nata a Chicago nel 1976, nel quartiere afroamericano di Jesse Jackson e Michelle Obama in un clima politicizzato, iniziò a studiare medicina per fare felici i genitori, entrambi professori universitari. “Quando comunicai a mia madre di voler abbandonare gli studi per dedicarmi all’arte, mi disse che avrei fatto la fame. All’epoca le curatrici non erano delle star come adesso”.
Nel 1998 si laurea in storia e studi afroamericani all’Università di Evanston. Nel 2007 inizia a curare alcune mostre allo Studio museum di Harlem a New York, poi nel 2011 la svolta. La nomina a curatrice del prestigioso Museo di Arte Contemporanea di Chicago diventando nel 2018 capocuratrice focalizzandosi sui temi dell’identità. È grazie a lei che sono state allestite mostre di artiste afroamericane poco conosciute al grande pubblico come Lynette Yiadom-Boakye.
“Lynette è un’artista nata in Gran Bertagna ma le persone si riferiscono a lei sempre per le sue origini ghanesi. Perché non viene considerata un’artista britannica?” La missione della Beckwith sarà quella di lasciarsi alle spalle vecchi pregiudizi e puntare su una programmazione che comprenda più artisti appartenenti alle minoranze o a gruppi discriminati.
In uno dei suoi tanti talks, ha parlato di come a volte il revisionismo storico dal punto di vista artistico, può essere utile per raccontare la storia attraverso le persone che l’hanno vissuta e che hanno prodotto materiale tangibile. Quando Naomi si confronta con i suoi colleghi nota che è raro trovare curatori che lavorano con artisti della loro stessa età.
Il futuro del Guggenheim
Naomi Beckwith, si legge nel comunicato stampa del museo, supervisionerà collezioni, mostre, pubblicazioni, programmi e archivi presso il Solomon R. Guggenheim Museum di New York ed eserciterà una direzione strategica nella rete internazionale di musei affiliati alla Fondazione Solomon R. Guggenheim, a Bilbao, Venezia e Abu Dhabi.
“Non avrei mai accettato questo incarico se non fossi certa che il museo abbia intrapreso un percorso di guarigione” ha dichiarato la Beckwith.
Il Guggenheim sta attraversando una fase economica non facile, nel 2020 ha chiuso con un deficit di oltre dodici milioni di euro, è questa l’occasione per il rilancio. Nel 2019 una retrospettiva dedicata alla pittrice svedese Hilma af Lkint riscoperta recentemente, ha battuto ogni record di presenze nel 2019. “E’ la dimostrazione di come sia importante allargare il repertorio il che non vuol dire non fare più mostre di Kandinskij però ad esempio possiamo smettere di definirlo genio solitario. Inquadrandolo invece nella storia sociale del suo tempo e per collegarlo ad altri artisti, donne comprese”.