Cosa imparare da Marta Dillon, fondatrice del movimento «Non una di meno»
Forse poche persone riconoscono il suo volto ma Marta Dillon è considerata la più popolare attivista impegnata nelle battaglie dei diritti LGBT. Se in questi ultimi anni si sono moltiplicate le manifestazioni in tutto il mondo contro il femminicidio, il riconoscimento delle famiglie arcobaleno, lo si deve anche a lei. Nel 2015 infatti organizzò la manifestazione Ni Una Menos. Decine di migliaia di donne scesero per le strade di Buenos Aires per rivendicare semplici diritti come quello di poter camminare per strada senza rischiare di subire violenze. “Era importante per noi non sentirsi sole e sapere poi che quella manifestazione è diventato un movimento globale mi ha reso felice”. Incontriamo Marta Dillon a Bologna durante l’inaugurazione della mostra “Alza il Triangolo al Cielo” che racconta la storia dei movimenti femministi in Italia che si concluderà il 28 novembre.
L’attivista argentina ha una storia personale incredibile. Il 28 ottobre 1976, quando aveva nove anni, un gruppo di militari fece irruzione in casa sua portando via sua madre, avvocatessa, artigiana ed attivista per i diritti umani. Erano gli anni della dittatura in Argentina, gli anni degli oltre 30.000 desaparesidos. Migliaia di giovani scomparirono nel nulla. Molte donne partorirono nelle prigioni prima di essere uccise. I figli dei desaparecidos furono affidati a famiglie di militari, i loro stessi aguzzini. Un destino atroce per questi figli privati della propria identità. Per questo motivo Marta Dillon ha fondato l’associazione H.I.J.O.S, Figli per l’Identità e la Giustizia contro l’Oblio ed il Silenzio con l’obiettivo non solo aiutare a ritrovare le vere famiglie di una generazione perduta, ma anche cercare una giustizia alternativa. Quando fu creata l’associazione nel 1996, l’Argentina non aveva ancora fatto pace con il proprio passato. “Con Hijos iniziammo un processo di giustizia alternativa, ad esempio segnalando a tutte le persone dove vivevano i colpevoli dei terribili crimini che erano in libertà. Volevamo che la comunità sapesse e creasse una prigione senza muri per loro”. Dal 2004 in poi sono stati fatti passi avanti in questo senso, i processi sono stati avviati, Videla, il generale Argentino è morto in una prigione militare. Ma oggi a più di 40 anni dall’inizio della dittatura non possiamo cantare vittoria. “I passi avanti sono stati fatti” ricorda Marta, “ma quando l’anno scorso si è paventata la possibilità per alcuni criminali di tornare in libertà, si è alzato un grido di protesta da parte della collettività. Senza giustizia non c’è libertà e questo è stata una conquista per la società argentina”.
Marta Dillon si è impegnata in prima persona per l’abolizione della legge che vieta l’aborto nel suo Paese, legge che è passata alla Camera ma non al Senato. “Il Senato ha creato un patto patriarcale tra la Chiesa e il potere conservatore che continua a considerare il corpo della donna come uno strumento per creare forza lavoro”. Eppure l’Argentina è il paese che consente i matrimoni dello stesso sesso dal 2010, prevede le adozioni per genitori dello stesso sesso ed ha una legge flessibile sulla fecondazione assistita.
Lei stessa è il caso vivente di come le battaglie si possono vincere: è l’unica donna al mondo che è riuscita a registrare sua figlia con tre genitori, l’ex marito (che ha donato il seme), il suo e quello della sua attuale compagna.
Proprio mentre parliamo apprendiamo la notizia del Nobel per la Pace al ginecologo congolese Denis Mukwege impegnato ad aiutare le donne vittime dell’infibulazione. “Anche questo è l’ennesimo caso che evidenzia la dicotomia fra il potere, in questo caso il Comitato Nobel e la società civile. Pensate davvero che non ci siano donne impegnate su questo fronte che non meritino il giusto riconoscimento?”
Questa donna di cinquantadue anni che ha avuto una vita personale molto difficile, non è stanca di lottare e fissa già i traguardi per l’attivismo femminista. “Dobbiamo lottare affinché il femminismo venga considerato come un soggetto politico e non solo come un soggetto a cui dare assistenza. Un vero soggetto politico capace di confrontarsi con il potere tradizionale”.