London Breed: la sindaca che ha salvato San Francisco dal contagio
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La prima volta che abbiamo sentito parlare di London Breed a livello globale è stato nel giugno del 2018 quando è diventa sindaco della città di San Francisco. La prima donna di colore e la seconda donna in generale a ricoprire questa carica. London Breed, 45 anni, è cresciuta con la nonna in una casa popolare, ha una sorella deceduta per overdose e un fratello in carcere per omicidio. Per sei anni ha fatto parte del San Francisco Board of Supervisors, l’organo legislativo della città. Per tre anni è stata presidente del Board.
Breed è diventata sindaco nel dicembre del 2017 dopo la morte improvvisa del predecessore Ed Lee. Il percorso per mantenere la carica è stato tortuoso. Qualche settimana più tardi, infatti, il Consiglio ha deciso di deporla in favore di un altro candidato, “perché non fosse avvantaggiata in vista delle elezioni”. Una mossa simile è parsa del tutto ingiustificata: in molti ci hanno visto una forma di discriminazione, sia razziale che di genere. Ma nel giugno 2018 Breed è riuscita a vincere le elezioni, dimostrando di essersi guadagnata la fiducia della maggioranza e segnando un passo importante nella storia della città. A novembre del 2019, grazie al suo operato, ha ottenuto il mandato per i successivi quattro anni.
Le sfide di San Francisco sono tante. Come New York, la città è caratterizzata da una forte disparità sociale, un nutrito numero di persone vive per strada. Grazie agli sforzi di Breed in meno di due anni sono stati creati 600 nuovi posti letto per i senza dimora. È aumentata la capacità di ricovero per persone che soffrono di infermità mentale. E continua la lotta contro il cambiamento climatico: l’obiettivo, ambizioso, è di arrivare a utilizzare solo energia rinnovabile entro il 2030. San Francisco è diventata più pulita e più sicura.
Ma la ragione per cui il nome London Breed ultimamente ha fatto il giro del mondo è un’altra. San Francisco è stata presa come modello in America (e nel mondo) per la gestione dell’emergenza Covid-19. Il Coronavirus era motivo di preoccupazione per Breed già da dicembre, tanto che la sindaca aveva immediatamente chiesto alle autorità sanitarie di monitorare la situazione in Cina. Quando a fine gennaio le è stato comunicato che la città non possedeva le risorse necessarie per far fronte a una situazione come quella di Wuhan, Breed ha lanciato pubblicamente l’allarme: “Non ci stiamo chiedendo se avremo dei contagi” ha dichiarato, “siamo certi che li avremo”.
In quegli stessi giorni chiede al dipartimento per la gestione delle emergenze di prepararsi a un’epidemia. È la prima città negli Stati Uniti. Il 25 febbraio Breed dichiara lo stato di emergenza. Il 16 marzo scatta il lockdown in tutta la città anche se i casi confermati sono meno di cinquanta, mentre a New York si aspetta il 22 marzo, quando hanno raggiunto i diecimila. Misure di contenimento così drastiche non le hanno risparmiato le critiche, ma la maggior parte della popolazione ha approvato le sue modalità di comunicazione. “Devi essere onesto, aperto, chiaro e fornire i dati, quanti più dati e fatti possibile” ha spiegato Breed, “se spieghi la motivazione dietro alle tue decisioni con i fatti e con i dati, anche se le persone non sono d’accordo lo apprezzano”.
Breed sapeva che la pandemia avrebbe accentuato la disparità socio-culturale di San Francisco. Il lockdown preventivo le ha permesso di agire con anticipo per evitare che le criticità degenerassero. La popolazione senza dimora era quella più vulnerabile e la strategia è stata quella di cercare di alloggiarne quanta più possibile in stanze d’hotel riconvertite, in modo da evitare che il virus si propagasse nei centri di accoglienza trasformandoli i focolai. Purtroppo, è successo comunque in una delle strutture più importanti, dove i contagi sono stati circa 70. Un sito con dati pubblicati in tempo reale permette ai cittadini di rimanere sempre aggiornati sulla capacità degli ospedali, i letti disponibili in terapia intensiva, le stanze d’albergo disponibili (a oggi circa 2000) e il numero di guarigioni, informando sulle varie iniziative a sostegno della popolazione, come la creazione di centri per l’infanzia per i figli di chi è costretto a lavorare.
Dai primi di maggio è stato reso disponibile il tampone gratuito per tutti i lavoratori in prima linea durante il lockdown, anche in assenza di sintomi. “Hanno mandato avanti la città per mesi durante la pandemia e continuano a presentarsi ogni giorno, spesso correndo grossi rischi. Gli sono davvero grata” ha dichiarato Breed. “Avranno la possibilità di eseguire il tampone per la loro serenità e per essere sicuri di un intervento tempestivo in caso abbiano contratto il virus”. Il prossimo passo, ha specificato Breed, sarà offrire il tampone in tutte le comunità a rischio e l’obiettivo finale è quello di renderlo universalmente disponibile.
La spiegazione di questo successo sembra trovarsi proprio nell’atteggiamento pragmatico di Breed, nella sua azione rapida e puntuale e nella determinazione che l’ha portata ad andare avanti nonostante le critiche e le paure. Non ha mai dubitato di essere sulla strada giusta, “volevo che andasse tutto bene, per le persone e per la città”.
Quando le viene chiesto dove abbia trovato la forza di reagire in modo così deciso, risponde sorridendo che è probabilmente dovuto al fatto che ha imparato a lottare fin da piccola, per via del contesto nel quale è cresciuta, del colore della pelle e del fatto di essere una donna.
Gli stessi motivi, a ben vedere, per cui le era stata inizialmente negata la carica di sindaca.
E questo potrebbe darci da riflettere.
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