L’importante non è solo cosa fai, ma perché
Ognuno di noi ha un lavoro, delle passioni, degli hobby, delle attività ricorrenti. Il nostro tempo, di lavoro ma anche libero, si divide in tutte queste attività fino a formare quella che – in modo più o meno negativo – diventa una routine. Una routine nel senso di abitudine, ma che spesso diventa anche una gabbia che ci allontana da quelle che sono le motivazioni primarie che ci spingono a intraprendere certe azioni. Le motivazioni, appunto: proprio questo è il tema del nuovo libro di Simon Sinek, Trova il tuo perché, scritto con David Mead e Peter Docker e recentemente pubblicato da Vallardi.
Sinek è un motivatore che ha in questi anni diffuso parecchio la sua filosofia, a partire da quando, nel 2009, ha tenuto un TED Talk divenuto poi virale. Il suo approccio al lavoro e più in generale alla vita “è il risultato di un percorso iniziato mentre attraversavo un periodo difficile”, racconta lui stesso. “L’idea è nata in un momento nel quale avevo perso passione per il mio lavoro. Scoprire il mio PERCHÉ non solo mi ha permesso di riaccendere la passione per ciò che facevo, ma mi ha anche fornito un criterio per valutare le scelte migliori per me”. Sinek è infatti convinto che qualsiasi sia l’occupazione in cui siamo impegnati o ci vogliamo impegnare, fondamentale sia partire con: “Perché lo voglio fare?”.
Secondo questo volume, infatti, sentirsi realizzati nella vita non è solo un privilegio riservato a pochi, ma è un diritto che tutti noi dobbiamo sviluppare: attraverso una serie di esempi pratici e di dritte molto decise, Sinek cerca di far passare il messaggio che tutti dobbiamo avere la possibilità di alzarsi la mattina, di andare al lavoro e di rientrare la sera sentendoci appagati per quello che facciamo. Il segreto è appunto comprendere le motivazioni profonde che ci spingono a determinate azioni, senza che le cose ci capitino solo perché devono o sono gli altri al destino.
Che si tratti di lavoro o di altro, secondo la teoria del perché ogni attività si articola secondo i tre strati concentrici del cosiddetto “Cerchio d’oro”: a livello più esterno e superficiale c’è il che cosa facciamo (i prodotti che offriamo, i servizi che forniamo ecc.); nella zona intermedia c’è il come (qual è il nostro metodo originale o peculiare? Cosa ci differenzia dagli altri?). Ma il cuore di tutto questo cerchio è il perché. Al di là delle risposte più immediate come i soldi o il successo, che sono in realtà risultati, conseguenze, dobbiamo andare a scoprire quali invece sono le cause, cosa ci spinge realmente a fare ciò che facciamo.
Banalmente, pensando a un esempio pratico, è molto facile assumere una nuova risorsa in base a ciò che si legge nel suo curriculum (che cosa) e al modo in cui si pone nei confronti di chi gli fa un colloquio (come); ma quella risorsa sarà effettivamente capace e utile al nostro organico se riusciremo a cogliere in lei le motivazioni reali e sincere che la muovono a cercare quel posto (perché). Secondo quanto elaborano Mead e Docker a partire dalla teoria base di Sinek, “il perché è lo strumento che può rendere chiaro ciò che è confuso e concreto ciò che è astratto”; più nel profondo “può aiutarci a creare una visione in grado di ispirare gli altri ad agire consapevolmente per raggiungere gli obiettivi”.
Ma come si individua questo perché? Ovviamente ogni persona è differente, gli imprenditori hanno perché diversi dai dipendenti, così come lo sono quelli di neofiti e quelli dei veterani e così via. Eppure si possono individuare dei metodi comuni: ad esempio essenziale è, per comprendere il proprio perché, ripercorrere la propria storia (le scelte che ci hanno resi quelli che siamo, le passioni che ci hanno forgiato, le persone che ci hanno sostenuto ecc.), e in questa storia trovare quali sono i temi ricorrenti (sostenere gli altri, migliorare il mondo, superare i limiti ecc.). Una volta organizzate le idee in questo modo è il momento della dichiarazione del perché, che deve essere semplice chiara e diretta: “Faccio questo perché voglio questo”.
Determinare una motivazione perentoria e sintetica come questa è certamente un compito molto difficile. Però quello che è interessante di un metodo come quello suggerito da Trova il tuo perché, però, è l’insistenza sul percorso di un singolo individuo: perché, se siamo noi che dobbiamo disegnare la nostra strada, è importante che la causa che ci fa tracciare quella stessa strada nasca dalle nostre motivazioni profonde, dall’osservazione di chi siamo stati e siamo veramente. Facile avere un’identità (che cosa) o dei punti di forza (come), più arduo è capire cosa ci spinge a metterli a frutto (perché). La realizzazione di noi stessi non può che passare dal motivo stesso per cui vogliamo sentirci realizzati. Una volta che sarà chiaro a noi, sarà più facile (e anzi necessario) farlo capire anche agli altri.