Ognuno dovrebbe essere posto (dallo Stato) nelle condizioni di liberare energia e creare valore
Che senso ha lo Stato se non tutela i suoi cittadini più in difficoltà? Che senso ha lo Stato se non mette i propri cittadini più coraggiosi nelle condizioni di generare valore? Da queste semplici domande vorrei iniziare alcune riflessioni più ampie sul ruolo dello Stato e più in generale sull’organizzazione sociale provando a porre l’essere umano e la sua sfera psicologica al centro del modello.
La tutela del più debole dovrebbe essere al primo posto nei doveri dello Stato, offrire vitto e alloggio a chiunque si trovi in difficoltà. Psicologicamente è molto importante sapere che se le cose dovessero andare male, o meglio molto male, c’è e ci sarà sempre la collettività che si prenderà cura di noi. Ma psicologicamente è anche molto importante che chi vuole fare, ne ha le capacità, desidera ardentemente qualcosa o semplicemente vuole esprimere se stesso, lo possa fare nelle migliori condizioni. In questo modo si risponde a due fondamenti naturali dell’essere umano: la paura e la spinta vitale. Nel primo caso si lenisce la paura, nel secondo si alimenta la voglia di esprimere energia, naturalmente connaturata nell’essere umano.
E allora perché non pensare a un nuovo modello, sintesi tra i modelli storici di capitalismo e comunismo, in cui sono proprio gli estremi a contaminarsi e non la parte intermedia. Sogno infatti un sistema che tutela i veri più deboli, ossia chi non possiede nulla e non lavora, ponendoli in una condizione di vita dignitosa (ma necessariamente umile). E mi spingo oltre, fornendo numeri, perché a mio avviso la verità e il giusto stanno anche nei dettagli: ad esempio nell’Italia di oggi potrebbe essere un importo di 600-700 euro mensili per singola persona adulta, più un’abitazione modesta per famiglia. Chiaramente tutto dovrebbe invogliare a essere attivi, al lavoro e alla libera impresa, creando le condizioni affinché con semplicità si possa far crescere la propria condizione economica.
Di conseguenza l’impresa dovrebbe avere decisamente meno burocrazia e la facoltà di scegliere con libertà con chi collaborare, a chi dare lavoro, in un percorso di scelta reciproca, seguendo valori comuni, affinità di visione. Quindi grande libertà di assumere e licenziare, in un mercato del lavoro di conseguenza più dinamico, in cui chi dovesse essere licenziato sicuramente non cade a terra, ma è posto anzi nelle condizioni di ricercare un lavoro più affine a sé e dove può esprimere le proprie qualità al meglio.
Analogamente, un modello del genere impedirebbe agli imprenditori peggiori di sfruttare il lavoro per compensi irrisori, dato che lo Stato compenserebbe l’eventuale disoccupazione con importi economici dignitosi.
Ma il cuore del ragionamento sta nel porre l’essere umano nelle migliori condizioni per liberare la propria energia e creare valore, cavalcando le passioni, piuttosto che costringere le persone al lavoro, secondo un modello di fatica, sacrificio e sofferenza. Il lavoro dovrebbe essere gioia, passione, entusiasmo, a qualunque livello e sempre. Credo sia sotto gli occhi di tutti che spesso non è così. Anche la conflittualità che esiste in alcuni casi tra impresa e lavoratori perderebbe totalmente di significato. Ognuno deve essere posto nelle condizioni di scegliere con chi lavorare, sia esso un imprenditore o un dipendente. Liberando dai blocchi della burocrazia, della tassazione eccessiva, della poca produttività di chi lavora con sofferenza, il sistema dovrebbe generare decisamente più valore, essere più vitale e le persone dovrebbero essere anche maggiormente serene.
A mio avviso le risorse per i più deboli si genererebbero in larga parte in questo modo, liberando energia, e se non dovessero essere sufficienti si potrebbe guardare a una tassazione su ciò che è fermo e improduttivo, non vitale, come i patrimoni immobili.
Di certo ogni ideologia o teoria economica ha guardato con troppa superficialità l’essere umano, senza cogliere molte sfaccettature della sua natura e complessità. Se ripartissimo osservando la sua sfera psicologica, anche la più profonda, scopriremmo che molti conflitti ideologici e non solo, generati nei secoli precedenti, si sarebbero forse potuti evitare.