Perché Leonardo Da Vinci pensava di «non aver fatto abbastanza»
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Qualche mese fa, quando già si anticipavano i programmi delle innumerevoli mostre e manifestazioni con le quali celebrare il cinquecentenario della morte di Leonardo da Vinci, ho avuto tra le mani una sua biografia recentemente pubblicata da Walter Isaacson.
Un biografo per Leonardo
Isaacson è uno scrittore, giornalista e biografo che può vantare una collezione di ruoli che vanno dalla presidenza di Aspen Institute, a quella della CNN e prima ancora da caporedattore del TIME. È stato nominato dal presidente Obama, caporedattore di Broadcasting Board of Governors, che gestisce Voice of America, Radio Free Europe, e le altre trasmissioni internazionali del governo statunitense. Ha scritto la biografia di Steve Jobs che è stato un successo planetario. Ha scritto le biografie di Benjamin Franklin e di Kissinger. E, nel 2017, apparentemente fuori dal suo contesto, quella di Leonardo. Perché? Perché il più celebre “artista” italiano di tutti i tempi, universalmente conosciuto come il genio più eclettico e visionario della storia dell’umanità, è stato un “innovatore”. È stato cioè capace con la sua “opera” di rivoluzionare la propria epoca determinando il destino di quelle future senza soluzione di continuità.
Leonardo tra arte e scienza
L’attività rivoluzionaria di Leonardo non fu solo nel campo dell’arte, dove pure rielaborò la tradizione quattrocentesca opponendosi a essa con il suo modo di mettere la “vita” nelle immagini e infondere lo spirito cosmico dell’universo nell’intera arte stessa. Lo fu in quello scientifico: si dedicò con un fervore assoluto allo studio dell’anatomia e della fisiologia lasciando contributi imponenti come la scoperta del seno mascellare, come la prima raffigurazione esatta della colonna vertebrale e dell’apparato muscolare umano – con il suo originale metodo di studio degli elementi morfologici degli arti, usato dai moderni anatomisti, ha dato l’avvio all’anatomia topografico. Scoprì quella formazione intracardiaca che si chiama oggi, in suo onore, trabecula arcuata di Leonardo da Vinci. In aritmetica e geometria ideò nuovi metodi per calcolare il volume di molti solidi intuendo quei procedimenti che un secolo dopo saranno scoperti da Cavalieri e Torricelli.
Dalla luna ai sottomarini
In astronomia, che fu materia non molto praticata, disegnò le macchie della luna ipotizzando che quelle brillanti potessero essere mari. In botanica, dove il suo interesse superò il mero perimetro iconografico, fece osservazioni essenziali tra cui la deduzione dell’età dai cerchi concentrici della sezione dei fusti. In geologia, dove tra l’altro indagò i processi di erosione e formulò le leggi delle acque correnti. In idraulica e in aerodinamica, dove osservando il volo degli uccelli dedusse la compressibilità e il peso dell’aria e intuì l’importanza di questi elementi ai fini del volo. In ottica, in zoologia, in cartografia, in architettura, in meccanica, dove ha portato il maggiore contributo in originalità con invenzioni, progetti, macchine. Disegnò argani, torni, perforatrici, seghe meccaniche, trivelle, ponti girevoli ma anche cannoni, sottomarini, battelli incendiari, da esperto militare qual era.
Una vita eccezionale
Leonardo ha lasciato un segno imponente del suo passaggio anche se gran parte dei suoi scritti è andata perduta. La maggior parte di quelli che possediamo proviene dall’eredità lasciata al suo discepolo e allievo prediletto Francesco Melzi.
Figlio illegittimo di un notaio fiorentino, Leonardo era privo di un’istruzione formale vera e propria tant’è che si definì “homo senza lettere, discepolo della esperienza”. In buona sostanza un autodidatta alla costante ricerca di quella perfezione che lo portò a dire in punto di morte, avvenuta il 2 maggio 1519, “ho offeso Dio e gli uomini, perché il mio lavoro non ha raggiunto la qualità che avrebbe dovuto avere”. Sentite la potenza di questa affermazione.
Per quanto mi riguarda trovo che questa consapevolezza di “non aver fatto abbastanza”, enunciata alla fine di una vita che fu invece formidabile, unica e irripetibile, sia il lascito più universale ed eterno di Leonardo. Tendere all’eccellenza, sempre. A quel “centodieci e lode” che ci permette di garantire all’umanità la spinta al futuro.
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