L’eco-ansia: come la crisi climatica ci preoccupa sempre di più
Nel 2021 abbiamo visto da vicino come mai prima gli effetti della crisi climatica: le alluvioni in Germania e in Cina, le ondate di caldo estremo (i 48,8 gradi in Sicilia, record europeo, e i 49,6 in Canada), gli incendi devastanti dalla California all’Australia fino alla Sardegna, lo scioglimento dei ghiacci dall’Artide all’Antartide. Ormai quasi nessuno nega l’emergenza, e nemmeno la sua causa, certificata dall’ultimo report Ipcc: l’azione umana. La situazione critica del nostro Pianeta, accompagnata alla mancanza di una visione lungimirante per combatterla, ha scatenato in diverse persone, soprattutto nei giovani, uno stato d’ansia a volte molto intenso e continuo, identificato in psicologia con il nome di eco-ansia, dall’inglese eco-anxiety (oppure eco-distress o climate-anxiety).
Cosa vuol dire eco-ansia e chi colpisce
Uno studio uscito la scorsa estate su Science direct definisce l’eco-ansia come «l’angoscia causata dal cambiamento climatico, che porta le persone a preoccuparsi per il loro futuro». In un’altra ricerca, che ha coinvolto oltre 10mila ragazze e ragazzi tra i 16 e i 25 anni in 10 paesi, l’84% dei giovani ha detto di essere preoccupato per la crisi climatica (il 59% estremamente preoccupato), e oltre il 50% degli intervistati si sente triste, ansioso, arrabbiato, impotente, indifeso e colpevole.
Nell’eco-ansia si mischiano l’angoscia per il futuro e la frustrazione per le mancate risposte delle istituzioni. Come abbiamo visto negli ultimi anni con movimenti come Fridays for future, i giovani (ma anche molti adulti) pretendono un radicale cambiamento del sistema, per arrivare a una giustizia climatica per tutti e accelerare nella transizione ecologica.
Le conseguenze di questa preoccupazione
L’eco-ansia influenza molto la vita delle persone che la provano. Il senso di paura per il futuro, evidente come detto soprattutto nei giovani e nelle persone che vivono in luoghi particolarmente minacciati dalla crisi climatica, potrebbe comportare attacchi di panico o addirittura disturbi depressivi. Molte ragazze e ragazzi ammettono di non voler avere figli a causa della crisi climatica, altri provano a immergersi nell’azione climatica, ma rischiano di uscirne abbattuti dalla scarsa azione politica, di subire conseguenze penali e di continuare tuttavia a sentirsi in colpa: per quanto uno possa cambiare il proprio stile di vita, infatti, difficilmente oggi si ha la sensazione di vivere in maniera totalmente sostenibile.
Inoltre, come ha spiegato la psicoterapeuta climate aware Caroline Hickman, membro della Climate psychology alliance, molti di noi si sentono costretti a fronteggiare da soli questa crisi personale (ma derivante da un fenomeno reale), visto che parlandone con altri si rischia ancora di essere presi sotto gamba, o peggio scherniti, fatti passare per catastrofisti.
Come combattere l’eco-ansia
Come ogni paura o situazione psicologica complicata, affrontarla potrebbe avere dei benefici. Ha senso sia agire a livello individuale contro la crisi climatica, prediligendo un’alimentazione vegetale, dei mezzi di trasporto sostenibili, acquistando prodotti a chilometro zero, evitando gli sprechi, ma anche e soprattutto a livello collettivo. Possiamo unirci ai movimenti di attivismo climatico, a delle associazioni ambientaliste, partecipando a gruppi di ascolto e confronto e condividendo ansie e paure con altre persone accomunate dalla voglia di cambiamento.
L’azione, tuttavia, non sempre ha risvolti pienamente positivi, o comunque non basta per uscire dall’angoscia. In questo senso, allora, come ha detto sempre la dottoressa Hickman, «una terapista consapevole della crisi climatica, ma anche una persona consapevole, deve creare degli spazi in cui diventa possibile parlare di questi sentimenti difficili e complessi senza abbattersi». Dobbiamo in sostanza prendere coscienza del problema e parlarne, affrontarlo con un esperto, imparare a convincerci.
Altrimenti, possiamo scegliere un’alternativa terapia d’urto proposta in Finlandia da alcune organizzazioni per la salute mentale. Lo scorso marzo queste 2021 hanno dichiarato l’emergenza climatica, identificando la crisi ambientale come minaccia alla salute mentale. In quell’occasione, hanno lanciato la campagna di sensibilizzazione The shouting man, L’uomo che urla. Ne ha raccontato l’attivista e giornalista Britt Wray nella sua interessante newsletter Gen Dread (che si occupa specificamente di eco-ansia): gridare la propria ansia climatica potrebbe portare un piccolo sollievo, anche se ovviamente non possiamo considerarla una soluzione definitiva al problema.