Le reti influenzano la nostra vita più di quanto pensiamo: l’impatto delle reti personali, lavorative e creative
Lo dice molto bene Walter Isaacson, giornalista, scrittore e biografo: “La lezione principale da trarre dalla nascita dei computer è che l’innovazione è solitamente uno sforzo di gruppo, che coinvolge la collaborazione tra visionari e ingegneri, e che la creatività deriva da molte fonti. Solo nei libri di fiabe le invenzioni arrivano come un fulmine”.
L’innovazione è, quindi, un processo di rete: la creatività, la conoscenza e l’apprendimento sono tutti fenomeni che si basano sull’influenza della rete.
Non siete ancora convinti?
Pensiamo al fatto che Pizarro e Degas si iscrissero nel medesimo anno all’Ecole Des Beaux Arts, o al Café Guerbois di Parigi come luogo dove conobbero Cézanne e Renoir. Pensiamo a Schelling, Hölderlin ed Hegel che, a Tubinga, furono compagni di scuola, al fenomeno della group mind che, secondo la psicologia, emerge dalle jam sessioni di musicisti che riescono a produrre un artefatto nuovo senza essersi accordati i precedenza; alla Mittwochsgesellschaft, la società del mercoledì di Berlino, gruppo di pensatori liberali; o – ancora – al film Midnight in Paris di Woody Allen che riassume molto bene, anche se in modo fantasioso, la vivacità culturale di un epoca storica precisa. È quello che è successo anche per l’invenzione di Linux, da parte di Linus Torvalds, sviluppatasi in differenti distro a seconda delle specificità dei gruppi di sviluppatori; o a Wikipedia di Jimmy Wales, o le grandi community collaborative al servizio delle organizzazioni che consentono un cambiamento anche profondo dei modelli di lavorare.
Quello dell’innovazione e della creatività di rete è un fenomeno noto sia in sociologia, sia in psicologia. Le organizzazioni stanno cominciando – finalmente – ad interessarsene e a considerare i benefici che derivano dallo sfruttare in modo massivo le community.
È il caso di Lego Ideas (https://ideas.lego.com/) che beneficia del modello distribuito per raccogliere idee da tutti gli appassionati Lego e che premia con la realizzazione delle migliori idee e con una condivisione delle revenue. Un altro esempio è quello di Github, community di sviluppatori – ne conta oltre 65 milioni – provenienti da tutto il mondo (https://github.com/). All’interno delle mura organizzative si notano poi altrettanti esempi virtuosi che consentono a tutti i dipendenti di prendere parte al processo di innovazione e trasformazione.
All’interno delle community, infatti, le persone sono portatrici di conoscenza (tacita o esplicita) e di esperienze che possono essere fatte emergere grazie a strumenti e modelli di lavoro propri della rivoluzione digitale: i social network, in questo, sono un esempio illuminante di un modello in cui le persone possono esporre le proprie idee e pensieri in modo condiviso e semplice.
È un modello che ritroviamo nelle community online, nella fisica delle particelle (pensiamo al fenomeno dell’entanglement), nella nostra storia e nelle connessioni del nostro cervello.
La capacità di attivare queste reti, di attingere al sapere distribuito all’interno di esse è ciò che dobbiamo imparare a fare per disegnare un futuro (del lavoro e non solo) che sia sempre più a misura d’uomo e che sia in grado di ri-innovarsi in modo consistente.
È compito di tutti noi, quindi, costruire le condizioni affinché la collaborazione, le reti e la conoscenza si diffondano sulla base delle reti che la costituiscono per generare valore per l’intero ecosistema di cui siamo parte. Possiamo e dobbiamo “invitare” queste esperienze e costruire il contesto nel quale possano germogliare: non dimentichiamoci – infatti – che si tratta di un processo naturale.
Cerchiamo di non impedirlo!
Come sostiene anche George Siemens, padre del connettivismo: “Sapere oggi significa essere connessi. La conoscenza si muove troppo velocemente perché l’apprendimento sia solo un prodotto. Siamo abituati ad acquisire conoscenza avvicinandola a noi stessi. Siamo abituati a dire che la possediamo, che esiste nelle nostre teste. Non possiamo più dire di possedere tutto questo sapere individualmente. Dobbiamo depositarlo all’interno dei nostri amici, o della tecnologia”.