La terra promessa della creatività
Ci sono alcuni luoghi in cui la creatività fiorisce maggiormente, come nella famosa Silicon Valley (o, più di recente, anche a Tel Aviv e a Bangalore): quali sono le peculiarità degli ambienti “creativogenici”?
Scoprire il loro “segreto” può aiutarci a creare, anche nella nostra azienda o nel nostro gruppo, un habitat fertile per il pensiero creativo.
Una valle innovativa
La Silicon Valley è l’area geografica che si trova negli Stati Uniti, in California, fra la baia di San Francisco e le montagne di Santa Cruz. Il termine “Silicon Valley” è apparso, la prima volta, nel 1971 all’interno di alcuni articoli sul settimanale Electronic News. È una delle mete più ambite da chi desidera avviare una start-up di successo o trovare finanziamenti per la propria impresa tecnologica. Non a caso, le aziende hi-tech più importanti (Apple, Google, HP, Intel, Adobe, Ebay IBM, Microsoft, Yahoo, Facebook, Linkedin, ecc.) hanno il loro quartier generale proprio qui.
È un luogo vivace e ricco di contraddizioni: ricchezza e sfarzo da una parte e notevole povertà dall’altra (S. Francisco è la città con il più alto numero di homeless, in California); è abbastanza grande da avere un impatto globale, ma anche abbastanza piccola perché la gente si conosca e si ritrovi negli stessi locali. Integra grandi passioni (“Il mio progetto cambierà il mondo”) e lucidi interessi (“Voglio guadagnare un sacco di soldi”); promette opportunità a tutti, ma solo il 5% delle startup raggiunge il successo.
La Silicon Valley rappresenta, nel bene e nel male, uno degli esempi più evidenti di un sistema territoriale in grado di favorire uno sviluppo industriale, economico, sociale e culturale.
Vediamo alcuni dei suoi elementi fondanti.
Le radici nella conoscenza
Frederick Terman è stato un brillante ingegnere e un appassionato docente universitario. La sua storia è poco conosciuta al di fuori degli USA, ma ha avuto un ruolo fondamentale nello sviluppo industriale della Silicon Valley. Laureato in ingegneria elettrotecnica al Massachusetts Institute of Technology (MIT) di Boston, è tornato in California, negli anni ‘30, come professore di elettrotecnica all’Università di Stanford.
Questo prestigioso ateneo, che annovera 22 premi Nobel (e 5 premi Pulitzer) tra i suoi docenti, ha un ruolo centrale nella vita culturale della Silicon Valley, soprattutto per le motivazioni per cui è stato fondato.
Nel 1876 Leland Stanford, ex governatore della California (e direttore della Central Pacific Railroad), aveva acquistato, insieme a sua moglie Jane, una fattoria con un ampio terreno in cui abitare e allevare i cavalli; lì vicino era sorto, poco dopo, un piccolo centro urbano con il nome di Palo Alto (“Albero alto”). Nel 1884 Leland junior, l’unico figlio della coppia, si ammala di febbre tifoidea, durante un viaggio in Italia e muore, a Firenze, all’età di quindici anni. Affranti per questa dolorosa perdita, i coniugi Stanford decidono che “i ragazzi della California sarebbero stati i loro ragazzi”. Nell’ottobre del 1891 hanno inaugurato l’Università di Stanford e, nel 1893 alla morte di Leland, Jane ne ha preso in mano la gestione, stimolando la collaborazione tra gli studenti e le imprese del territorio.
In questa università, aperta al confronto e all’innovazione, Frederick Terman ha trovato un luogo propizio per stimolare la ricerca nell’ambito dell’elettronica, soprattutto nel campo delle micro-onde. Dopo aver visitato diverse piccole industrie della zona, sembra che abbia detto: “Se imprenditori con un livello d’istruzione solo elementare riescono comunque ad avere questo successo, chissà che risultati clamorosi possiamo ottenere se gli forniamo un’istruzione universitaria.”
Collaborazione tra università e aziende
Nel 1939 Bill Hewlett, ex compagno di studi di Terman, insieme a David Packard, allievo di Terman alla Stanford, hanno fondato, in un garage, la Hewlett – Packard per produrre attrezzature elettroniche. Quel garage, al 367 di Addison Avenue, a Palo Alto, è considerato “il luogo di nascita” della Silicon Valley.
Dopo la seconda guerra mondiale, nel 1946, Terman ha spronato l’università a creare lo Stanford Industrial Park (diventato poi lo Stanford Research Park) con l’obiettivo di creare un polo di alta tecnologia e, nel 1954, gli Stanford Electronics Laboratories, convinto che la ricerca universitaria potesse essere una fonte di idee per la creazione di nuovi dispositivi e sistemi elettronici e che le aziende high-tech potessero dare un valido contributo scientifico alla Stanford.
Nel 1953, William Bradford Shockley, brillante fisico (scopritore delle proprietà semiconduttrici del silicio), decide di trasferire i Bell Laboratories dal New Jersey a Palo Alto (dove vivevano i suoi genitori). Nel 1956 vince il Premio Nobel per la Fisica, insieme a John Bardeen e Walter Houser Brattain, per “le ricerche sui semiconduttori e la scoperta dell’effetto transistor“. Fonda, nello stesso anno, lo Shockley Semiconductor Laboratory, producendo dispositivi elettronici che usavano, per la prima volta, il silicio come semiconduttore. Shockley verrà ricordato come “l’uomo che ha portato il silicio in Silicon Valley”.
Alla fine del 1957, otto ricercatori (che Shockley soprannomina gli “Otto Traditori”) lasciano il Shockley Semiconductor Laboratory (per divergenze sulle ricerche sui semiconduttori) e fondano la Fairchild Semiconductor. Tra loro c’erano anche Robert Noyce e Gordon Moore, autore della nota “legge di Moore” secondo cui “il numero di transistor, delle resistenze e dei condensatori nei circuiti integrati raddoppia ogni 18 mesi, mentre il costo scenderebbe, nello stesso periodo, del 50%”.
La Fairchild Semiconductor è stata, dal 1959 al 1971, una vera e propria fucina di startup di elettronica, compresa la Integrated Electronics Corporation, (successivamente abbreviata in INTEL Corporation) fondata, nel 1968, da Robert Noyce e Gordon Moore. INTEL all’inizio produceva componenti per memorie (DRAM, SRAM e ROM), poi nel 1971, grazie all’arrivo degli ingengeri Marcian Hoff, Stanley Mazor, Masatoshi Shima e dell’italiano Federico Faggin, avvia la produzione del primo microprocessore, l’INTEL 4004, che inaugura l’era dei personal computer.
Dopo il grande sviluppo di tecnologie elettroniche (dagli anni ‘30 agli anni ‘70), c’è stata l’era dei personal computer e dei relativi software (dagli anni ’70 agli anni ’90). Poi è stata la volta delle reti tra computer, di internet, dei motori di ricerca, della nascita dei social network e del commercio elettronico. La fase successiva è stata l’integrazione delle microtecnologie nei prodotti quotidiani (Internet of thing, wearable, ecc.) lo sviluppo di auto senza conducente (self-driving cars), ecc.
Oltre alla Stanford, ci sono altre prestigiose università, come la Santa Clara University e la San Francisco State University, che danno un contributo significativo alla crescita scientifica e tecnologica del territorio.
La Silicon Valley tra passato e futuro
La Silicon Valley esercita anche oggi un’attrazione irresistibile per imprenditori e startupper alla ricerca di esperti negli ambiti più in voga (intelligenza artificiale, neuromarketing, robotica, blockchain, big data, ecc.) e di opportunità di finanziamento e di collaborazione. La Bay Area, l’insieme della città di San Francisco e delle sue otto contee, ha un valore economico di oltre 450 miliardi di dollari e vanta, negli USA, la più alta concentrazione di posti di lavoro dedicati all’innovazione.
La tecnologia ha sempre avuto un ruolo centrale, ma l’obiettivo primario delle aziende, piccole e grandi, è realizzare l’innovazione. C’è la convinzione che gli altri aspetti aziendali, come il fatturato, i profitti, la penetrazione del mercato, per quanto importanti siano delle “conseguenze” di un attento e costante processo innovativo.
Quanto durerà ancora questa attrattività?
Non è facile dirlo: le “epoche d’oro” in passato (Atene, Roma, Parigi, Vienna, ecc.) sono durate qualche decennio, in alcuni casi cinquant’anni, ma per ora la Silicon Valley è decisamente più longeva e sta raggiungendo i cento anni.
Eric Weiner, giornalista e scrittore, afferma che “le grandi civiltà giungono alla grandezza per diverse ragioni, ma crollano sostanzialmente sempre per la stessa: l’arroganza”.
L’aumento vertiginoso dei prezzi di appartamenti e uffici, il lusso sfacciato ostentato da alcune aziende e la sfrontatezza di alcuni personaggi rappresentano dei possibili rischi di declino.
Un altro aspetto critico, evidenziato da Weiner nel volume “La geografia del genio”, è una certa confusione tra mezzi e fini. L’idea di creare “turbamento” era una conseguenza, un effetto collaterale, delle innovazioni dirompenti, innovazioni che lanciavano nuovi prodotti e creavano nuovi mercati. Di recente, sembra che la ricerca di “agitare le acque”, di disruptive changes, sia, spesso, fine a se stessa.
“Silicon Valley is a mindset”
Quando ho avuto occasione di domandare a studenti, imprenditori e startupper che hanno vissuto nella Bay Area, che cosa li aveva più colpiti e cosa si portavano a casa da questa esperienza, tutti mi hanno risposto che la Silicon Valley non è un luogo fisico ma un “mindset”, un atteggiamento mentale.
Questo mindset è formato da una serie di elementi che, con le dovute proporzioni, possiamo “importare” nel nostro team e nella nostra azienda.
1. Dai il tuo contributo (per cambiare le cose)
Il tuo punto di vista può essere unico e decisivo. Ognuno ha una storia, delle passioni, delle competenze che rendono originale e prezioso il suo approccio ai problemi. La persona curiosa è quella che vede quello che è sotto gli occhi di tutti e pensa ciò che nessuno ha pensato. Ogni oggetto, strumento, processo può essere modificato e migliorato. Condividi le tue idee su come migliorare qualcosa che usi o per immaginare degli impieghi alternativi. Parlane con qualche amico o collega e ascolta i suggerimenti.
2. Sii creativo (pensa fuori dagli schemi)
Ogni giorno affronti decine di problemi: puoi farlo in modo monotono e ripetitivo (ma questo non ti porterà lontano) oppure puoi farlo in maniera creativa. Impegnati a pensare in modo divergente, dedica qualche minuto, ogni giorno, per trovare soluzioni innovative. Domandati: “In quali modi potrei affrontare questo problema?” oppure “Che cosa non è mai stato tentato in questa situazione?”. “La salvezza umana” – diceva Martin Luther King – “giace nelle mani dei creativi insoddisfatti”.
3. Credi nel tuo “progetto” (condividi il tuo sogno)
Ogni startup nasce da una “visione”, da un sogno, dal desiderio di trasformare un’idea in un progetto imprenditoriale efficiente. Esistono tanti software, ad esempio, per svolgere una certa attività, ma ogni tanto ne viene lanciato uno nuovo che sbaraglia tutti gli altri e diventa il più usato e apprezzato. Commetterai degli errori, ma non lasciarti abbattere: impara la lezione e vai avanti. “Sogna e condividi il tuo sogno” è l’esortazione che i manager delle migliori aziende fanno a chi visita la Silicon Valley.
4. Usa le risorse (che hai intorno a te)
Riconosci i talenti che ti circondano e coinvolgi, nel tuo progetto, persone con competenze di cui hai bisogno. La Silicon Valley è un grande “magnete” che attira persone che hanno idee e competenze differenti, diventando, così, un luogo di condivisione, di scambio e di collaborazione. Organizza eventi di networking, per creare occasioni di aggregazione e di confronto, in cui conoscere nuove persone e stabilire nuove collaborazioni.
5. Fai (piccoli) progressi ogni giorno.
Procedi nelle tue attività con passione e costanza. “Le abitudini si mangiano le buone intenzioni a colazione” dice un proverbio, quindi crea delle abitudini, e degli spazi nella tua agenda, per portare avanti il tuo progetto. Alcune settimane lavorerai di più, altre di meno, ma l’importante è non lasciare indietro le tue attività.
Bene, adesso che conosci questi “segreti” puoi cominciare a stimolare un ambiente fertile e creativo anche nella tua azienda perché, come ammonisce Seth Godin: “Aspettare la perfezione non è mai intelligente quanto andare avanti”.