La svolta femminista della Marvel
Il solo fatto di chiamarli film “sui supereroi” denota un primo, evidente, pregiudizio, ovvero che i ruoli di forza e di coraggio siano una prerogativa del tutto maschile. E, come abbiamo visto nel contesto in cui è stato ideato il personaggio di Eva Kant, all’altro sesso non rimane che inserirsi in una narrazione abbondantemente incasellata.
Al massimo, come ad esempio in Spider Man, la fidanzata di turno (Mary Jane o Gwen che sia) è una fanciulla da salvare, indubbiamente intrepida, ma comunque una specie da proteggere, come i panda. Diventa allora importante, a patto che non sia un mero pinkwashing, la nuova direzione dell’universo cinematografico a cui appartengono Iron Man, Hulk e Doctor Strange.
Sopra di loro si staglia Capitan Marvel, presentata come la soluzione finale ai problemi, praticamente invincibile rispetto al resto del team. Nei fumetti è spesso un uomo ad assumerne il ruolo: Carol Danvers nasce come comprimaria ma finisce per essere la protagonista prima su carta, nel 2012, e successivamente sul grande schermo, sette anni dopo. Per le istanze intersezionali, sicuramente non basta perché si tratta, almeno esteticamente, della classica bionda occidentale, per quanto magistralmente interpretata da Brie Larson.
E così, nel 2021, ecco “Black Widow”, una pellicola che è l’apoteosi di valori come la sorellanza e il women empowerment. D’altronde, a dirigerla è Cate Shortland, continua fucina di idee e di icone, come appunto le “vedove”, che guidate da Natasha Romanoff prendono consapevolezza delle proprie potenzialità e si ribellano alla schiavitù nella quale sono cadute, trovando una via d’uscita proprio nel lavoro di squadra.
Un’altra anima della rivoluzione in atto è Chloè Zhao, regista di “Eternals” e censurata in passato dal suo Paese, la Cina. Serve la consapevolezza che solamente nella commistione di più culture si può avere un vero femminismo. Ne sono una splendida testimonianza Katy e Xialing, rispettivamente fidanzata e sorella di Shang-Chi, uno degli “Avengers” della nuova fase. Senza rivelare particolari, a colpire nel segno è il consiglio di un’anziana del villaggio ad un’aspirante arciera: “Se miri al nulla colpirai il nulla”. Un mantra che ci ricorda come sia costruttivo avere degli obiettivi, anche se non importa quale sia il tempo necessario per realizzarli.
E la storia continua, con modelli per ogni generazione, se pensiamo a Kate Bishop, una ragazza che non ha timore a gettarsi in situazioni dalle quali è tenuta lontana sia per la sua giovane età, ma soprattutto perché donna. Sia la famiglia che Clint Barton, noto come Occhio di Falco, tentano, per motivi diversi, di tenerla fuori da una serie di dinamiche, ma invano. Interpretata da Hailee Stenfield, che riunisce in sé ascendenze ebree, afroamericane e filippine, con lei abbiamo l’ennesima dimostrazione di una bellezza che vuole essere inclusiva.
Un empowerment a 360 gradi che ritroviamo nelle Dora Milaje, le guerriere del Wakanda, lo stato immaginario nato dalla matita di Jack Kirby e dalle intuizioni di Stan Lee. Ispirate alle più noti Amazzoni, si distinguono per polso fermo, coerenza nelle scelte ed un’energia senza eguali nel momento in cui, ancora una volta, si entra nell’ottica di fare gruppo. Del tema si potrebbe parlare a lungo, da Wanda Maximoff, capace di creare un’intera città a sua immagine e somiglianza, alle sorprese in arrivo prossimamente. E se nello scritto si può rendere in parte la potenza del messaggio evocato, non ci resta che far parlare le immagini.