La scoperta della Luna e la sfida eterna dell'uomo con l'ignoto
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Era il 1969 e l’uomo toccava il suolo lunare per la prima volta nella sua storia. “Un piccolo passo per un uomo, un gigantesco passo per l’umanità”, diceva l’astronauta Neil Armstrong mentre scendeva la scaletta dell’Eagle, il veicolo lo che aveva portato sul suolo del Satellite. Dietro di lui Buzz Aldrin, il secondo della missione e Michael Collins ad aspettarli nella Columbia, la navicella in orbita che coordinava la missione e fungeva da ponte con la terra. Collins, il terzo dell’Apollo 11 non ha mai toccato il suolo lunare, ma il suo nome è entrato comunque nella storia.
Dalla corsa allo spazio alla scoperta della Luna nel 1969
Eravamo nel pieno della “Space race”, la corsa allo spazio durante la guerra fredda, quando Stati Uniti e URSS erano impegnati in una lunga prova muscolare per dimostrare chi fosse più all’avanguardia, e quindi potente. Il risultato fu una accelerazione del programma spaziale, soprattutto di quello americano, già sfidato da John Fitzgerald Kennedy nel 1962, in un leggendario discorso alla Rice University, in Texas. Il presidente americano annunciò che la scelta di andare nello spazio, e quindi sulla Luna, era la sfida necessaria per misurare la potenza e le capacità dell’America di quegli anni. Kennedy non riuscì ad assistere alla conquista della Luna da parte dell’uomo, ma quella sfida avviò di fatto il lavoro della NASA, istituita nel 1958, e delle donne e degli uomini impegnati a raggiungere i suoi obiettivi.
Due sono, allora, gli elementi fondamentali della missione dell’Apollo 11: il senso della sfida, eterna, grandissima, che l’uomo ha con sé stesso e con l’ignoto, e il ruolo che questa conquista scientifica epocale ha avuto nell’immaginario collettivo.
La sfida tecnologica
Il fatto che nel 1969, con le tecnologie disponibili, l’uomo fosse stato capace di raggiungere il suolo lunare e condurre esperimenti scientifici e prelievi di campioni per gli studi successivi non è un caso fortuito, men che meno una vicenda sospetta. Quella del 1969 fu una conquista frutto di un lunghissimo lavoro di squadra, decenni di teorie scientifiche, calcoli matematici e passi da gigante in campo ingegneristico. Tutto ciò ha consentito a tre astronauti di compiere quei passi leggendari e lasciare nello spazio una traccia tangibile delle capacità dell’umanità. Migliaia di donne e uomini di scienza hanno sviluppato teorie e partecipato, insieme, a quello che è stato, scientificamente e culturalmente, un punto di svolta dell’umanità intera.
Il racconto dell’allunaggio
La portata dell’evento è stata talmente grande da superare i confini prettamente scientifici e incantare gli spettatori ignari di quello che sarebbe accaduto da lì a poco. In Italia, Tito Stagno raccontava in diretta i passi di Armstrong e Aldrin in una caldissima notte d’estate, e gli occhi sgranati dei telespettatori italiani, e di tutto il mondo, pensarono davvero, per la prima volta nella storia, che tutto era possibile, persino conquistare la Luna. Negli anni successivi film, documentari, libri hanno raccontato ogni dettaglio di quell’evento, mentre le agenzie spaziali di tutto il mondo hanno continuato a perpetrare il sogno dello spazio con un lavoro scientifico continuo, quello che ha portato in orbita, fra gli altri, Umberto Guidoni, Luca Parmitano, Paolo Nespoli e Samantha Cristoforetti, la prima donna italiana astronauta, nonché detentrice del record europeo e femminile di permanenza nello spazio in un solo volo.
Il sogno della Luna è ancora vivo e ha insegnato il senso della sfida, il sacrificio per raggiungere gli obiettivi e la poesia del successo anche a chi non fa dello spazio il suo mestiere; chissà allora cosa ci riserverà il futuro con Marte all’orizzonte e le conquiste che verranno.
Di Alessia Ragno
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