La psicologa risponde – Cosa induce a vivere da single?
A molti di noi sarà capitato, tra una relazione e l’altra, di attraversare dei periodi da single. A volte sono state scelte deliberate, altre volte subite. A volte si è trattato di momenti di breve durata, altre volte di durata maggiore.
Viviamo in un’epoca in cui la condizione di single è in aumento. Negli Stati Uniti si è passati dal 28% di popolazione single negli anni ‘70 al 44% dopo il 2010. In Italia gli ultimi dati Istat del 2017 contano circa il 32% di famiglie unipersonali, molte delle quali di reduci da una precedente vita matrimoniale, che tuttavia non rimpiangono. Si ipotizza che questi dati aumenteranno nel futuro.
Essere single sul piano sociale è ancora in parte stigmatizzato. Sono frequenti le domande che si rivolgono a una persona single, ancor più se ancora relativamente giovane, circa quando si sposerà, si fidanzerà o avrà dei figli. È nozione comune nel nostro contesto culturale occidentale che fidanzarsi, sposarsi, avere una famiglia sia un percorso fisiologico.
Single per scelta o per costrizione
Esistono due grandi condizioni, per certi versi agli antipodi, della condizione di single: una scelta autonoma, deliberata, consapevole, temporanea o definitiva, oppure una scelta subita, imposta da altre persone o circostanze.
Nel caso si tratti di scelta, lo stile di attaccamento affettivo è determinante. Il sistema di attaccamento è un sistema neurobiologico innato che ci spinge a intrecciare legami e a costruirsi un senso di appartenenza. Lo stile specifico di attaccamento, peculiare per ciascuno di noi, si forma nei primi mesi di vita con la figura affettiva principale di riferimento, che in genere, ma non sempre, è la propria madre biologica.
Coloro che hanno uno stile di attaccamento evitante tendono a rifuggire dalle relazioni per timore del rifiuto, non chiedono aiuto, sono convinti di poter contare solo su sé stessi, ritengono gli altri inaffidabili, creano un’esistenza basata sull’autosoddisfazione.
Coloro che hanno un attaccamento ansioso sono insicuri, temono l’abbandono, le distanze, le separazioni, i distacchi.
Infine, chi ha uno stile di attaccamento sicuro è sicuro di sé, è convinto di essere amabile, crede che l’altro sia affidabile, si fida di sé stesso, riesce a tollerare le separazioni, i distacchi. I single che hanno questo stile di attaccamento e che scelgono autonomamente questa condizione riescono ad essere sereni con sé stessi e con gli altri.
Alcune ricerche hanno messo in evidenza che uno stile di attaccamento sicuro è associato ad una maggiore probabilità di avere un partner e se lo si ha, di essere soddisfatti della relazione. D’altro canto, coloro che hanno uno stile di attaccamento evitante o ansioso sono più predisposti a essere single.
Tre modi di essere single
Secondo una ricerca condotta da Pepping e colleghi pubblicata su Current Directions in Psychological Science, per le persone con attaccamento ansioso avere una relazione di coppia può essere assai difficile. Il loro stile di attaccamento risulta continuamente iperattivato, è carico di preoccupazione, sfiducia, rimuginamenti mentali, paure, specie del rifiuto e dell’abbandono, gelosia, ricerca di conferme, stress e finisce con l’interferire con il buon andamento della relazione stessa. Con questo atteggiamento, alla fine, contribuiscono a realizzare proprio ciò che temono maggiormente: allontanare l’altro.
Inoltre, tali persone tendono a restare molto invischiate nelle relazioni passate, rendendosi meno disponibili nelle nuove relazioni in corso.
Quando avviano una nuova relazione si buttano a capofitto in essa, soprattutto sul piano sessuale, con grandi slanci emotivi. Questo conduce a una conoscenza solo superficiale del partner che poi nel tempo spesso si rivela incompatibile. In tal modo le relazioni a lungo termine possono risultare molto difficili e aprono la porta a infiniti dubbi circa il restare nella relazione oppure tornare single.
Coloro che hanno uno stile di attaccamento evitante tendono a mantenere una distanza emotiva dal partner al fine di evitare di manifestare e condividere le proprie vulnerabilità. In loro può prevalere il fronte del disprezzo, oppure della paura che può portare a essere meno consapevoli di avere bisogno dell’intimità, oppure di sentirne la necessità, ma di evitarla per timore. In entrambi i casi la relazione tende a concludersi nel dolore e nella sofferenza.
Per mantenere le distanze le persone evitanti sono inclini a essere distaccate, emotivamente piatte, poco disposte ad affezionarsi, condividono poco di sé stesse. Al contrario delle persone ansiose, che sono propense a tuffarsi una nuova relazione prima ancora di avere chiuso definitivamente la precedente, quelle evitanti prima di compiere un passo ci pensano infinite volte e lasciano scorrere parecchio tempo.
Le persone evitanti, inoltre, tendono a masturbarsi di più e ad intrattenere relazioni sessuali occasionali. In questo modo la loro probabilità di restare single aumenta, oppure se si trovano in una relazione parte della loro energia viene investita al di fuori di essa e come tale induce un maggiore rischio che essa non funzioni.
Al pari della profezia che si autoavvera, gli atteggiamenti e i comportamenti che queste persone utilizzano per proteggersi dal dolore della perdita creano proprio le circostanze in cui questo accade, anche se in genere ne sono poco consapevoli.
Infine, a volte la scelta di restare single può non essere frutto necessariamente di un disagio personale, per conflitti infantili irrisolti, o modelli genitoriali poco adeguati. In tali casi spesso sembra che i bisogni relazionali vengano soddisfatti in altre relazioni che non sono quelle di coppia, mentre le necessità sessuali, se presenti, si realizzano al di fuori di classici legami monogami.
Le motivazioni che le persone possono addurre per la loro scelta di restare single possono essere differenti e molto personali: questioni professionali, etiche, religiose, spirituali, culturali, sociali e molto altro.
In conclusione
La tendenza a essere single nella nostra società è in aumento. Forse anche i pregiudizi e lo stigma sociale diminuiranno e questa condizione non verrà più considerata con sospetto e diffidenza. Probabilmente affioreranno nuovi modelli legati all’essere single. Ad esempio, già attualmente si assiste alla presenza di un attaccamento disorganizzato, ansioso ed evitante insieme, che può predisporre a evitare una vita stabile di coppia.
D’altro canto, lavorare su sé stessi, magari con l’ausilio di un professionista, può consentire a persone con stile di attaccamento insicuro di trasformarlo in sicuro e decidere poi se proseguire con più libertà e consapevolezza se proseguire nella propria scelta di single oppure di avviare una relazione di coppia stabile e soddisfacente.
È possibile anche rinvenire modalità di vita di coppia angosciata e non soddisfatta in cui i partner restano insieme, ma vivono in realtà una profonda solitudine, distanza, chiusura, insoddisfazione, magari accompagnata da disturbi fisici e disagi psicologici ed emotivi.
Infine, relativamente frequenti possono essere anche le situazioni di single accompagnati che vivono alcune delle condizioni di persone con un partner, pur considerandolo ufficialmente tale.
Per concludere: qualunque tipo di scelta circa la propria condizione affettiva che si possa compiere è sempre importante che sia pienamente consapevole, il meno possibile condizionata da conflitti, per lo più inconsci, che possono indurre a soluzioni di compromesso per sfuggire al dolore sottostante che inevitabilmente prima o poi potrebbe emergere.