La donna che ha cambiato la storia della Ferrari e ha contribuito alla nascita dell’iconica Lady F40
Monica Zanetti è stata la prima carrozziera di Maranello, l’unica a mettere le mani sul modello mito che celebrò i 40 anni di corse del Commendatore. In California le verrà fatto l’onore di entrare nella Hall of Fame di Concorso Italia, “un premio ai miei sogni di bambina”.
Lady F40 non poteva che nascere a Maranello, e d’altronde per Monica Zanetti quello era il centro del mondo. La Ferrari, la sua vita, cominciata in fabbrica come prima donna a mettere le mani direttamente sulle mitiche auto rosse, quando semmai in un’azienda del genere ai tempi potevi solo far di conto. E invece in Ferrari no, da Enzo Ferrari tutto era diverso. Contava la passione per il Cavallino, e quella Monica ce l’aveva fin da bambina.
“Nella mia famiglia tutti, da mio zio a mio padre, lavoravano per il Commendatore. E in casa spesso veniva sempre gente importante: la passione è nata lì, quella di poter un giorno essere dentro, in fabbrica”. Monica a quel punto cerca una strada, fa di tutto per entrare nella scuola Ipsia, “l’Istituto creato da Ferrari che, arrivato in un paese di contadini, voleva far conoscere le basi per far capire cosa fossero un motore o un cambio”. C’erano altre donne, ma nessuno alla fine sarà come lei: “Chi riuscì a farsi prendere prima di me finì in tappezzeria, in finizione o in ufficio”. Quando, il 1° febbraio 1979, arriva il suo momento, tutto cambia: “Dovevo entrare in meccanica, che mi piaceva di più, ma si era liberato un posto in carrozzeria e accettai subito. Ero disposta a tutto per il mio sogno. Montavamo 8-9 macchine al giorno e si lavorava sul venduto, e io mi specializzai nelle porte”.
Otto anni dopo, di quel settore, Monica Zanetti doveva diventare responsabile, la prima donna anche in questo caso. Invece ecco Lady F40, luglio ’87: “Ci convocò Sergio Borsari, e di solito quando venivamo chiamati in quell’ufficio erano dolori. Invece eravamo in 4, tre uomini e io, e chi chiese se volessimo lavorare al modello con cui il Commendatore voleva celebrare i 40 del reparto corse. Una macchina stradale in materiali come kevlar, carbonio e resina, che non conoscevo bene. Feci tante domande, accettai”. Il mito nacque così, “e dovevano essere 150 modelli: solo io ne ho prodotti più di 200”.
Durò fino all’anno dopo, fino alla morte di Enzo Ferrari: ma com’era lui? “Era il mio eroe: passava sempre a salutarci la mattina mentre ci accalcavamo al marcatempo. Era un vincente, sapeva dare emozioni. Un giorno finii nel suo ufficio: mi fece tante domande perché voleva capire se avessi davvero la sua passione, se fossi una Donna Ferrari”. È stato un momento indimenticabile.
La storia di Lady 40 a Maranello è poi durata fino al 2006 (“in realtà nel 2001 Jean Todt mi chiamò in Maserati, ma riuscii a conservare il cartellino Ferrari”). Poi nel 2019, ha aperto la scuderia Belle Epoque, con ex meccanici della Rossa al fianco di ex piloti come Scheckter, Arnoux e Martini che le affidarono le loro vecchie F1 per restaurarle. Perché tutti si fidano di lei: “Ho lavorato con un mito come Sergio Scaglietti, a fianco di piloti come Gilles Villeneuve e Michael Schumacher, che erano amici. Con dirigenti come Roberto Nosetto, l’unico per cui Enzo Ferrari si espose in diretta TV per difenderlo dagli attacchi ingiusti. Persone di grande livello”. Come lei, d’altronde, che dopo essere stata premiata a Las Vegas con l’Helene Award, ora riceverà a Monterey l’onore di entrare nella Hall of Fame di Concorso Italia. Il premio che le daranno si chiama “Bella Macchina”, e per Lady F40 non potrebbe essere altrimenti.