La consapevolezza come strumento di benessere con sé stessi e gli altri
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Si calcola che la nostra mente produca circa 70mila pensieri al giorno e che buona parte di essi sfugga alla nostra consapevolezza. Questo effetto, in realtà, è tutt’altro che trascurabile, perché i pensieri influiscono sul tono emotivo e a loro volta le emozioni producono la spinta energetica e motivazionale ad agire. Agire, di riflesso, contribuisce a creare il mondo, dentro e soprattutto fuori e attorno a noi.
Cos’è la consapevolezza
La consapevolezza è, letteralmente, l’avere coscienza di ciò che proviamo, sentiamo, nelle sfere cognitiva, emotiva, corporea. La consapevolezza non implica necessariamente la comprensione: si può percepire con i sensi ciò che sta accadendo dentro o fuori di noi, ma non sempre se ne coglie il senso, la ragione ultima, il valore simbolico.
La consapevolezza si basa principalmente sull’osservazione e l’ascolto accogliente, aperto, non giudicante di ciò che accade, momento per momento.
Tutto ciò costituisce le esperienze che viviamo, di cui siamo testimoni. Proprio in virtù di questo molte filosofie orientali, tramite la meditazione, ad esempio, ci insegnano ad osservare con distacco, pace e serenità tutto ciò che ci accade.
Gli eventi, le circostanze, a volte possono essere modificate attivamente da noi, in parte o totalmente, altre volte no. In entrambi i casi, ciò su cui possiamo agire è il modo in cui le viviamo.
Pensieri ed emozioni, al contrario dei fatti concreti, sono solo pensieri ed emozioni, qualcosa a cui possiamo decidere di credere o meno. Vanno e vengono, ci attraversano di continuo. Noi non siamo responsabili delle emozioni e dei pensieri che transitano, ma abbiamo potere e responsabilità di decidere se e come, eventualmente, coltivarli attivamente e agire o non in base ad essi.
Se prendiamo emozioni e pensieri in modo troppo serio, la nostra vita, e con essa spesso anche la nostra persona, possono diventare molto pesanti. Se finiamo con l’identificarci troppo con le emozioni, le sensazioni, i pensieri rischiamo di perderci in essi.
Cos’è l’autoconsapevolezza
Si può individuare l’inizio dello studio scientifico dell’autoconsapevolezza nel 1972 con Shelley Duvall e Robert Wicklund e la loro teoria dell’autoconsapevolezza.
Secondo loro, quando focalizziamo la nostra attenzione su noi stessi, valutiamo e confrontiamo i nostri comportamenti attuali con i nostri valori e gli standard interni. Noi diventiamo autoconsapevoli in quanto valutatori obiettivi di noi stessi.
Nella loro visione l’autoconsapevolezza è una forma di autocontrollo.
L’interpretazione di Daniel Goleman dell’autoconsapevolezza si basa sulla conoscenza dei propri stati interni, le preferenze, le risorse e le intuizioni. In questo caso viene data maggiore enfasi al proprio mondo interiore, soprattutto ai pensieri e alle emozioni.
In realtà, nell’autoconsapevolezza conta non solo ciò che si vede, si sente, si percepisce, ma anche il modo in cui questo accade. Essere il più possibile spettatori accoglienti, benevoli, compassionevoli, non giudicanti può fare la differenza. Anche se non esiste un modo completamente oggettivo di osservare se stessi, evitare di giudicare può aiutare molto.
L’autoconsapevolezza non è il risultato di un accumulo di osservazioni, conoscenze, intuizioni, ma è come se ogni volta si ricominciasse da capo. Partire da preconcetti e conoscenze acquisite rischia di distorcere le nostre abilità di osservazione, rappresenta un filtro che orienta lo sguardo e seleziona gli stimoli.
L’autoconsapevolezza in questo senso aiuta a individuare come i nostri schemi mentali, le conoscenze acquisite, i preconcetti condizionano la nostra mente e il modo di interpretare la realtà e, volendo, a metterli in dubbio e superarli.
A cosa serve l’autoconsapevolezza
L’autoconsapevolezza è uno degli ingredienti fondamentali dell’intelligenza emotiva. La capacità di osservare il fluire delle emozioni e dei pensieri, ci aiuta a comprendere meglio noi stessi, gli altri e il mondo intorno a noi.
Essa ci aiuta ad essere più sereni, compassionevoli, nonostante le piccole e grandi avversità che si possono verificare, accresce il margine di libertà interiore e ci rende sempre più responsabili di noi stessi e delle nostre azioni. Ci permette di conoscere meglio non solo noi stessi ma anche gli altri, e di intrattenere relazioni più armoniche, empatiche e costruttive. Ci permette di diventare dei leader più efficaci e di avere più successo nella vita e al lavoro.
Come diventare più autoconsapevoli
Trascorriamo la maggior parte del tempo nella distrazione e nel non ascolto. Gli stimoli che provengono da noi stessi e dall’esterno sono numerosi e continui, tali per cui l’attenzione non riesce a recepirli tutti e ne filtra solo un numero assai limitato.
Secondo Matthew Killingsworth e Daniel T. Gilbert trascorriamo la maggior parte del nostro tempo in modo inconsapevole, comportandoci in modo schematico, routinario, con il minimo dell’attenzione necessaria. Procedendo con questi schemi è inevitabile che la nostra attenzione selezioni solo le informazioni pertinenti all’esecuzione delle azioni comprese nel programma o per la conferma dei pensieri che abbiamo nella mente.
Come se non bastasse tra la percezione presente di se stessi, degli altri, del mondo e il ricordo di essa vi può essere una differenza assai ampia, fino al 50%. Questo ha delle implicazioni sul nostro modo di pensare, provare emozioni, prendere decisioni, agire.
Non esistono modi comprovati scientificamente per coltivare la consapevolezza una volta per tutte, ma possono essere messe in atto delle strategie che ripetute nel tempo possono aiutarci a diventare più consapevoli.
Alcune di queste strategie possono essere:
• Ritagliarsi dello spazio per se stessi: prendersi del tempo completamente libero da impegni e stimoli in cui stare nel vuoto e nel silenzio può stimolare l’ascolto, l’attenzione, la consapevolezza.
• Praticare la meditazione: la meditazione si basa prima di tutto sull’attenzione e sull’ascolto accogliente, compassionevole, non giudicante del momento presente, con tutto ciò che accade, dentro e fuori di noi. Si può attuare nel modo classico, stando seduti, o sdraiati, ma anche svolgendo le normali attività quotidiane, camminando, mangiando, cucinando, sbrigando le faccende domestiche.
• Tenere un diario: mettere per iscritto i propri pensieri, le emozioni, le sensazioni, le percezioni può aiutarci a contattare le parti più profonde di noi. Un diario, inoltre, si è visto che può aiutare a diventare più grati e felici.
• Imparare ad ascoltare: l’ascolto richiede la capacità di essere attenti, presenti, radicati nel corpo, capaci di osservare e ascoltare i segnali verbali e non verbali, di essere liberi dai propri pensieri o altro che potrebbe interferire in tale attività. Ascoltare se stessi è il primo e fondamentale passo per ascoltare anche gli altri.
• Assumere diverse prospettive di osservazione: saper osservare la realtà da diversi punti di vista, ascoltare le prospettive altrui, i feedback può aiutare a conoscere meglio sé stessi, gli altri, il mondo. Tutti abbiamo delle aree cieche e solo il confronto con gli altri ci può aiutare a fare luce su di esse.
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