La chiave per una buona progettazione urbana? Ascoltare i cittadini. L’esempio dei Simpson e di Springfield
La Smart City è la città dell’ascolto.
Ascolto di una mole impressionante di dati prodotti da sensori ambientali, applicazioni per smartphone e social media, o pubblicati su siti istituzionali. Secondo Gartner, in un’analisi sul futuro della Internet of Things (IoT), nel 2020 gli oggetti connessi in uso diventeranno 25 miliardi. Nel 2015 arriveremo a 4,9 miliardi di “cose connesse”, con un incremento pari al 30% rispetto all’anno scorso. Sono numeri che evocano una quantità mastodontica di dati da ascoltare e analizzare, per ottenere informazioni utili su come costruire le città intelligenti del futuro, progettare edifici e servizi, pianificare lo sviluppo urbanistico.
Ma per diventare bravi progettisti di smart city non è sufficiente ascoltare i dati prodotti da miliardi di device connessi, che mostrano abitudini, livelli di inquinamento, spostamenti… L’ascolto è principalmente quello dei cittadini, delle loro esigenze, per renderli sempre più partecipi della gestione della cosa pubblica. Perché coivolgendo direttamente i portatori di interesse nella discussione su un processo di progettazione urbana o di un nuovo servizio pubblico, si gettano le basi per garantire che il “prodotto finale” risponda veramente alle esigenze degli utenti che ne usufruiranno. Con risparmio di tempo e di denaro.
Ascoltare dal vivo o intercettare conversazioni sui social è scegliere uno strumento. Ma l’ascolto in sé dovrebbe essere una pratica imprescindibile. Sull’importanza dell’ascolto dei cittadini si potrebbero citare fior fior di manuali e pubblicazioni, ma una riflessione sui risvolti positivi del coinvolgimento e della progettazione partecipata (e sulle insidie di un ascolto “pigro”) mi è venuta guardando la replica di una puntata dei Simpson.
Homer & C. rappresentano al meglio da oltre 500 puntate numerosi stereotipi della civiltà moderna e sono lo specchio di pregi, difetti, manie e ispirazioni della società. La serie animata fornisce informazioni anche sull’ambiente in cui viviamo, grazie alla città di Springfield, che è disegnata non come un mero sfondo alle vicende dei protagonisti, ma come un tipico esempio di small town americana e di un certo modo di costruire le città moderne. Per chi desisdera approfondire, nel libro I Simpson. Il ventre onnivoro della tv postmoderna, a cura di Corrado Peperoni, viene fatta una puntuale analisi delle scelte architettoniche con cui è stata disegnata Springfield e viene anche citato un episodio della sedicesima stagione dei Simpson (il quattordicesimo per la precisione, intitolato “Homer, un canarino in gabbia”), in cui penso si riassuma al meglio il concetto dell’importanza dell’ascolto nella progettazione urbanistica.
In questo episodio Marge riunisce il Comitato per le attività culturali di Springfield, con l’intenzione di ideare un’iniziativa in grado di ridare lustro all’immagine della città. Il tempo di una veloce associazione di idee ed ecco la soluzione: “calura-cultura, calura-sole che cuoce, cuoce la pizza, pizza-seccatura, noia, barba, si fa malvolentieri, che fa rima con Gehry!”. Marge scrive una lettera all’architetto, che tra le altre opere ha progettato il Guggenheim di Bilbao, chiedendogli di costruire un auditorium per la Filarmonica di Springfield. Da non perdere uno dei momenti più divertenti della puntata, in cui viene mostrato il processo creativo dell’architettura decostruttivista di Frank Gehry, dal punto di vista dagli autori dei Simpson.
Arriviamo all’importanza dell’ascolto nella progettazione. Dopo la predisposizione di un modellino da parte di Gehry, viene dato il via libera alla costruzione dell’auditorium, nel corso di un’assemblea pubblica durante la quale, alla domanda «Chi approva la costruzione da 30 milioni di dollari?» tutta la cittadinanza risponde all’unisono con un fragoroso «Io!».
Questa insomma può essere la rappresentazione di un processo partecipativo: propongo un intervento urbanistico, chiedo alla cittadinanza se vuole realizzarlo, se la risposta è positiva, procedo. I Simpson spiegano alla perfezione le insidie di una progettazione partecipata organizzata con pigrizia e poca lungimiranza, che si limita a una votazione per alzata di mano. Infatti, dopo l’inaugurazione dell’auditorium, l’intera platea fugge dopo le prime note intonate dalla Filarmonica di Springfield, il teatro cade in disgrazia, non riesce ad attirare pubblico e finisce col cadere letteralmente a pezzi. Ed è a questo punto che il sindaco indice una nuova assemblea, per chiedere ai suoi concittadini «Perché diavolo non mi avete detto che odiate la musica classica?».
Ecco, questo spiega bene che progettazione partecipata e ascolto sono fasi complesse e da curare nel dettaglio: non basta una domanda, serve un reale coinvolgimento delle persone. Se fossi un amministratore pubblico, qualche spunto da questo cartone animato lo prenderei e cercherei di applicare modelli più efficaci e approfonditi di ascolto delle esigenze del territorio, per capire quali sono le aree di intervento su cui indirizzare i miei investimenti. Ed evitare sprechi inutili sull’onda dell’entusiasmo.