Il migliore motore di ricerca per il nostro cervello sono le mani. Il metodo Serious Play di Lego
Chi di noi non ha giocato almeno una volta con i LEGO?
La buona notizia è che possiamo continuare a farlo anche da adulti, senza passare per degli eterni Peter Pan incapaci di crescere. Infatti la LEGO ha sviluppato il metodo Lego Serious Play (LSP) come metodo aziendale per facilitare e agevolare i processi decisionali e di problem solving.
In realtà questo sistema è stato sviluppato negli Anni ’90, ma è solo ultimamente che ha preso piede anche nel nostro Paese. La considerazione da cui poi è nato LSP è che normalmente i meeting e le riunioni sono noiosi e spesso poco efficaci, perché organizzati in modo che ci sia qualcuno che parla, elencando voci, cifre, nozioni, presentando grafici e tabelle, e gli altri tendenzialmente ascoltano, senza partecipare attivamente alla riunione stessa. Questo significa che spesso ce ne andiamo senza avere le idee chiare di ciò di cui si è parlato, e a volte addirittura è come se non avessimo partecipato.
LSP è invece una metodologia di gestione dei meeting che si basa sull’apprendimento e l’autoapprendimento collaborativo, e attraverso la realizzazione di modelli tridimensionali consente di generare conoscenza.
Sembra la risposta pratica a qualcosa che Platone aveva teorizzato secoli fa: «Puoi imparare molto di più di una persona durante un’ora di gioco che da una conversazione lunga una vita intera».
Ma come funziona questa metodologia?
LSP si basa sull’utilizzo di specifici set di mattoncini LEGO, che vengono messi a disposizione dei partecipanti di una riunione, per descrivere e generare modelli tridimensionali dei loro pensieri circa un determinato tema. In sostanza il facilitatore apre la riunione lanciando una “sfida”, e cioé una tematica di discussione. Dopo di che chiede ai partecipanti di costruire con i LEGO una “metafora” del loro pensiero circa il quesito lanciato a inizio riunione. In seguito ciascun partecipante potrà spiegare a voce quale pensiero sta dietro alla sua costruzione metaforica, condividendo informazioni e riflessioni con gli altri. Se alla fine c’è la necessità di approfondire ulteriormente quanto emerso, il facilitatore fa ripartire la “spirale di apprendimento” riproponendo le tre fasi su cui si basa LSP: sfida, costruzione, condivisione.
LSP si rifà al concetto secondo cui le nostre mani sono una sorta di Motore di Ricerca per il nostro cervello: quando ci viene chiesto di pensare alla soluzione di un problema, utilizzare le costruzioni (o altri oggetti), fa scorrere più facilmente i pensieri, e ci aiuta a essere più creativi.
Il metodo LSP ha il vantaggio inoltre di rendere più facile il coinvolgimento delle persone (anche le più introverse sono portate a dire la loro attraverso la loro costruzione di mattoncini), e i modelli che vengono creati aiutano a semplificare la complessità di un lavoro. L’atto di giocare ci mostra cose non sapevamo nemmeno di conoscere, e attraverso la metafora siamo più capaci di andare diritti al “succo” delle cose, perché quando giochiamo non mentiamo. LSP è adatto per tutti i tipi di organizzazioni e istituzioni, ed è particolarmente adatto per descrivere e gestire scenari complessi, per cui c’è la necessità di giungere a una soluzione condivisa a partire da una pluralità di stimoli e riflessioni.
Per capire meglio la potenzialità del metodo abbiamo chiesto a Michele Vianello, #nomadworker ed esperto di Smart City, ma anche uno dei primi facilitatori abitilitati LSP in Italia, di spiegarci perché e come lo utilizza.
«Ho scelto di utilizzare Lego Seriuos Play perché consente di pensare con le mani. Grazie al LEGO rimettiamo in funzione un legame tra due parti del nostro corpo che l’educazione tradizionale tende a separare. Attorno al tavolo di gioco nessuno perde o vince, ma tutti sono chiamati alla pari a dare il loro contributo, e il “prodotto” finale è figlio di uno sforzo collettivo».
In quali ambiti utilizzi principalmente Lego Serious Play?
«Il metodo tradizionale è rivolto prevalentemente a realizzare attività di team building nelle imprese. Per esperienza posso dire che è un metodo molto efficace. L’ho portato anche nell’ambito della co-progettazione urbana o nella mediazione nei conflitti sociali e nel miglioramento delle relazioni tra le Istituzioni e i cittadini».
Puoi raccontarci un caso di successo in cui questa metodologia si è dimostrata particolarmente efficace?
«Un caso di successo è quello della co-progettazione del riutilizzo di un impianto di produzione energetica. La proprietà, i sindaci della zona, le associazioni ambientaliste, le associazioni dei cittadini si sono confrontati immaginando un futuro in comune. Non sempre c’è assonanza, ma grazie a LSP le differenze si evidenziano e si manifesta una volontà comune di risolvere i conflitti».
Ci sono delle differenze quando si usa questo metodo in azienda o nella PA?
«In realtà non ci sono differenze tra PA e privato. Il metodo è unico. Semmai si potranno manifestare diverse attenzioni e sensibilità. Ma queste sono legate alla soggettività delle persone. È un problema di volontà di condividere».
Via libera dunque alla creatività!