Il denaro compra la felicità? Trovare una risposta è un bel grattacapo che non per forza va risolto
L’economia della felicità studia le determinanti del benessere individuale, attraverso analisi empiriche il cui scopo è proporre indicatori e metriche di un concetto tanto complesso qual è quello, appunto, di felicità.
Uno dei focus più rilevanti di questi studi è il rapporto tra denaro e felicità, un puzzle molto complesso che ha suscitato l’interesse dei ricercatori nel tempo e prodotto innumerevoli ricerche. Poche settimane fa l’ONS, l’ufficio statistico inglese ha pubblicato un rapporto che ha dato una risposta sconvolgente.
Tenetevi forte, signori e signori: il denaro compra la felicità.
Può sembrare banale, ma non lo è: molti studi, in passato, hanno mostrato infatti che, oltrepassata una certa soglia di reddito, la felicità delle persone non aumenta nella stessa proporzione ma tende, piuttosto, a stabilizzarsi. Entrano in gioco altri fattori e altri meccanismi che spiegano come cambia la felicità individuale.
Il governo inglese, dal 2010, ha lanciato così, proprio attraverso l’Ufficio Statistico, un imponente piano d’azione, il National Well-Being Programme, che ha lo scopo di definire e calcolare misure di benessere e qualità della vita che vadano al di là del solo Prodotto Interno Lordo. All’interno di tale progetto, la Wealth and Assets Survey raccoglie informazioni sulla ricchezza delle persone e sulla loro percezione di felicità.
La ricchezza di un individuo è considerata non soltanto attraverso i flussi di reddito che genera con il proprio stipendio, ma con l’intero patrimonio, che include le sue proprietà materiali e immateriali, i proventi da titoli finanziari e le eventuali pensioni. Si tratta dunque dell’intero stock di risorse che compone la ricchezza di una persona.
Questo aspetto è molto importante perché normalmente, nelle analisi empiriche che studiano il benessere soggettivo, viene preso in considerazione il solo reddito, che trascura appunto l’accumulo o la riduzione delle risorse a disposizione di un individuo.
Le domande sulla felicità del questionario inglese sono quattro:
– in generale, quanto sei soddisfatto della tua vita in questi giorni?
– in generale, a quale grado senti che ciò che fai nella vita merita di essere vissuto?
– in generale, quanto eri felice ieri?
– in generale, quanto eri ansioso ieri?
A esse si può rispondere con un numero tra 0 e 10. Queste quattro domande servono a definire altrettanti aspetti importanti della felicità di una persona: la soddisfazione nella vita, il significato della stessa, la felicità più legata a fatti estemporanei e l’ansia. L’analisi è stata condotta su un campione rappresentativo della popolazione inglese con più di 16 anni di età e i risultati, appunto, confermano che per maggiori livelli di patrimonio si osservano maggiori livelli di tutte e quattro le dimensioni appena descritte. La relazione con il reddito, invece, è meno significativa e forte (pur mantenendo un’associazione positiva), il che in parte si riconcilia con i tradizionali studi di economia della felicità: a contare, sembrerebbe, non sono tanto i flussi di denaro che una persona guadagna, quanto il patrimonio che quella persona possiede, legato a un maggiore senso di sicurezza e stabilità.
La ricerca mostra che una componente molto importante è quella dei proventi da attività finanziarie, mentre sembrano irrilevanti (ne gioiscano i giovani precari italiani!) pensioni o la casa di proprietà.
Tutto bene? Non per forza.
Il puzzle del rapporto tra denaro e felicità è difficile da comporre, non dimentichiamolo: lo stesso studio dell’ONS, infatti, precisa con molta chiarezza che quella descritta è un’associazione tra fatti. Una correlazione, insomma, in un preciso momento del tempo. Non è possibile stabilire, per dire, se è una certa variazione del patrimonio a generare una variazione della felicità nel tempo o se, piuttosto, è la variazione di felicità a facilitare un aumento del patrimonio.
Quel che è certo è che, ancora una volta, la questione intriga la ricerca e anche i governi che, sempre più, anelano alla definizione e misurazione del benessere attraverso metriche che vadano oltre la considerazione del solo reddito. Se volete analizzare il vostro personale grado di felicità, o quello della nazione, potete trovate tool utili in questo pezzo pubblicato poche settimane fa da Micaela Terzi: Come misurare il benessere del Paese? Non solo PIL, spazio a un nuovo indicatore: l’economia della felicità.
Attenzione però: l’uso della parola oltre, tuttavia, non implica affatto una completa sostituzione: studi come questo servono a ricordarci, una volta di più se ce ne fosse bisogno, che i soldi sono un mattone fondamentale della felicità individuale.