Le idee creative non servono a nulla, se non pensiamo a chi e come le utilizzerà. Ce lo dice il mercato
Si parla tanto di idee creative come uno dei possibili motori capaci di conferire forza alla ripresa economica dei mercati. Ma sono davvero necessarie così tante idee? Oppure è il caso di selezionare solo quelle che realmente abbiano questa capacità? Innanzitutto va definito il significato della parola “idea” e capire che non è un semplice istinto della mente. Quantomeno non lo è se quell’idea serve per creare un prodotto o un servizio che possa trovare consenso nel mercato. Questo richiede un’accurata analisi delle reali possibilità di successo. In sintesi, un’idea è valida se soddisfa la necessità di un pubblico. A volte addirittura è più profittevole avere un’idea banale ma efficace, piuttosto che una estremamente creativa che tuttavia non soddisfa esigenze calde.
Da questo si capisce subito che coniugare le parole idea, creatività, valore e mercato non è l’operazione più facile proprio perché non corrisponde all’equazione “tanta creatività” uguale “tanto successo”. Andiamo per gradi. Innanzitutto bisognerebbe evitare di trovarsi costantemente di fronte a chi ha idee, belle idee e solo idee. Non serve a nulla. È come frequentare chi parla di calcio e non lo gioca mai: non si imparerà a giocare a calcio. Diventa cruciale distinguere gli scenari dove le idee sono strumenti per raggiungere obiettivi concreti da quelli in cui le idee sono solo fini a se stesse. I primi sono luoghi stimolanti, di formazione e di crescita mentre i secondi sono collettivi di parole e pochi fatti. La ricerca di persone e situazioni che hanno avuto un’idea e l’hanno realizzata con successo è il primo passo da fare per poter valutare se quello che si ha in mente somiglia – almeno solo in qualche aspetto – alle case history che si hanno davanti. Se dunque, per ottenere un rispettabile valore di mercato, un’idea deve cercare di soddisfare delle necessità: più essa lo farà in modo creativo più sarà apprezzata. Ma come fa una soluzione, un servizio, un prodotto a essere creativo? Creativa è quella proposta che trova la soluzione a una questione in maniera inedita o poco consueta e che costruisce un sistema di funzionamento utile, fruibile, innovativo e, perché no, di tendenza.
Creativo – per il mercato – è ciò che fa funzionare meglio le cose. Se ci si lascia rapire solo dall’aspetto del bello, si incorre nell’errore di valutare secondo il proprio gusto, componente trascurabile perché troppo condizionata dalle suggestioni del singolo. Bisogna invece provvedere a sanare le esigenze comuni a un gruppo di persone: il target. Questo aspetto è talmente vero da giustificare il motivo per cui possono avere successo tanto le idee che attingono alla tecnologia, quanto quelle che si ispirano alla natura e alla sostenibilità: tutte e due coprono delle esigenze, seppur in ambiti così diversi. Lo dimostrano esempi di operazioni recenti, come car2go: l’analisi dei servizi di car sharing già esistenti e l’individuazione dei motivi che non li hanno fatti decollare hanno permesso di proporre un servizio evoluto che risolve i difetti e diventa strumento realmente utile. Senza parlare di Waze, la popolare app “schiva traffico”.
Il primo passo da fare quindi non è quello di avere un’idea, ma studiare lo scenario cui applicarne una, capire le sue esigenze, stanare le sue debolezze, e poi spremersi per bene fino ad avere un’idea adatta. Il primo studio che va fatto non è quello legato agli aspetti economici e ai possibili ritorni di utile, ma capire se lì fuori, nel vasto mondo del mercato, qualcuno sta aspettando – senza neanche saperlo – quello che vorremmo proporre.
Ovviamente se questa analisi porta a un risultato positivo, sarà il caso di passare alla pianificazione finanziaria, senza meravigliarsi di arrivare ad ammettere che il gioco può essere anche troppo rischioso. Spesso ci eccitiamo così tanto per la nostra idea che rischiamo di bruciare le tappe per vederla realizzata, intraprendendo un percorso che molte volte – bisogna ammetterlo – non arriva alla fine, scontrandosi con aspetti che non sono stati valutati al momento giusto. Si scopre per esempio che il pubblico al quale ci si rivolge è troppo ristretto, o che l’esigenza che la nostra idea vuole sanare è temporanea, che i profitti sono troppo ridotti, che mancano degli aspetti fondamentali la cui attuazione richiede energie economiche impreviste e così via.
Va detto che spesso questo percorso è comune a molte startup proprio perché esse nascono dall’iniziativa di creativi entusiasti che disconoscono o trascurano questi aspetti per comprensibile mancanza di esperienza. Non ce ne meravigliamo: sono situazioni in cui incorrono anche imprese di comprovata esperienza!
Il valore di mercato non è propriamente il valore di un’idea creativa, ma quello che il mercato stesso riconosce come controvalore in denaro del bene che si propone al pubblico. Vale la pena soffermarsi sugli spunti qui espressi e capire che il lavoro veramente creativo è fare impresa da un’idea.