I vantaggi di essere uno «snorkeler» nel mare aperto della cultura
Semplificando al massimo, ci sono due principali approcci alla conoscenza. Per dare un’immagine a questi due approcci possiamo associarli a due attività che si fanno in acqua, nel Mare Magnum della cultura.
Il primo approccio è un approccio verticale, di profondità, di immersione. Per chi ha questo approccio, imparare significa fermarsi in mezzo al Mare Magnum, non farsi distrarre dalle isole, dagli atolli, dalle coste delle penisole, mettere una boa segna posto, imbracciare le bombole e iniziare a scendere in verticale.
Chi si comporta così è un palombaro della cultura, per lui e quelli come lui imparare le cose ha a che fare con un movimento verticale, specializzato, disciplinare, lento e, forse, anche un po’ solitario. La lettura in una biblioteca silenziosa è un buon esempio di questa attività.
Come dice Alessandro Baricco nel suo libro “Barbari. Saggio sulla mutazione” questo movimento ha caratterizzato il XX Secolo e probabilmente anche i due secoli precedenti.
Poi, proprio a cavallo tra XX e XXI Secolo, sono arrivati altri strumenti e altri approcci per vivere il Mare Magnum della cultura: pensate all’espressione surfare internet. Proprio così: al palombaro si è affiancato, si fa per dire, il surfer. E così, muoversi tra le pagine della conoscenza umana, ormai digitalizzata, è diventato un movimento orizzontale, veloce, non specializzato, spesso collettivo.
Chi surfa, non scende in profondità, ma si muove tra le cose e, proprio come un giapponese che segue l’ombrellino della guida, visita pezzi di mondo che ora diventano linkati e connessi, sempre raggiungibili e a disposizione, ma mai raggiunti veramente.
Il surfer è molto diverso dal palombaro ed è giusto non giudicare chi sia meglio, ma è inutile dire però che entrambi gli atteggiamenti portano con sé vantaggi e criticità e comunque una lettura del parziale mondo, che potremmo semplificare così: di tutto un po’, il surfer; tutto di un po’, il palombaro.
Vorrei qui proporre un terzo modello, una terza via, un terzo movimento, lo chiamerò dello snorkeler.
Non proporrei questo terzo modello se non fossi convinto che la maggior parte di noi, nel mondo del lavoro e della cultura, nei prossimi anni dovranno imparare a fare questo movimento.
Chi fa snorkeling nel Mare Magnum della cultura non rischia di perdersi nelle affascinanti profondità della specializzazione, dove il mondo è rarefatto e più chiaro, anche se meno complesso e connesso, dove gli ecosistemi sono più controllabili ma anche meno ricchi.
Certo anche lo snorkeler scende in profondità, campiona la realtà sotto la superficie delle cose ma torna subito a galla, per spostarsi in orizzontale come fa il surfer ma con una velocità ridicola rispetto a quest’ultimo.
E così lo snorkeler è sempre secondo, meno profondo del palombaro e meno veloce del surfer, ma può dialogare con entrambi, cosa non da poco, visto che il surfer e il palombaro faticano a stare insieme nello stesso tavolo a discutere del mondo. Muoversi in orizzontale e poi ogni tanto scendere in verticale, fin che il fiato ve lo permette, tornare a galla e spostarsi in orizzontale, ancora. Ripetere infinite volte questo movimento, connettendo mondi, discipline e saperi. Questo è un nuovo movimento, forse quello che ci serve nel XXI Secolo, rispettando chi ci surfa accanto veloce e chi vediamo perdersi nelle profondità della conoscenza.