I nuovi capi con l’MBA power: più leader che manager
Più leader che manager, più intraprenditori che esecutori: ecco i nuovi capi della post pandemia. Sono quelli usciti dalla business school del Politecnico di Milano: le loro stelle polari o “purpose”, per dirla in lingua inglese, sono due, rispettivamente la sostenibilità e l’inclusività. Le loro riflessioni sull’oggi e sul domani del mondo del lavoro sono diventate un libro dal titolo MBA Power: innovare alla ricerca del proprio purpose, primo esempio in Italia di MBAtelling in ambito editoriale: 232 pagine animate dalla forza di chi, durante la pandemia, quando quasi tutto il mondo si è fermato, ha deciso di investire sulla formazione, frequentando un percorso di studi molto impegnativo, dedicato alla “business administration”.
Ribelliamoci allo status quo: people first
Nel corso degli ultimi nove mesi ho ascoltato come curatore del volume, giorno dopo giorno, le voci appassionate di questi leader, per certi aspetti ribelli. Sono professionisti che non si accontentano dello “status quo”, del “si fa come si è sempre fatto in azienda”, pronti a disegnare un futuro d’innovazione e a misura d’uomo. C’è chi vive in Italia, chi all’estero, a Berlino oppure a Kiev sotto alle bombe, e chi viene da un paese lontano e si è trasferito nel capoluogo lombardo per studiare nello storico quartiere di Bovisa, un secolo fa sede della “Cinecittà” meneghina: è il caso, ad esempio, di Alejandra Mateus, che ha salutato la Colombia, di Milenka Domic giunta dal Cile, di Gabriela Basaldua volata in Italia dal Perù, di Thayana Rigo Caser della Bolivia o di Heyang Wang originaria della Cina. Sono persone adulte di più continenti – dall’Europa all’America o all’Asia, da Occidente a Oriente – che all’unisono affermano la necessità di dare un nuovo significato al lavoro, ridisegnandolo in modo ancora più profondo e connesso con l’essere donne e uomini del terzo millennio.
Sì alla visione completa e strategica del lavoro
Luigi Casetta, aprendo il cuore e la mente nel volume edito da Lupetti, dice una grande verità: dopo aver scalato una montagna, il premio migliore è il panorama che si apre di fronte a noi e ci spinge a scalare altre vette con la speranza di mirare nuovi panorami. Proprio così: per affrontare il presente lavorativo, tanto difficile da prevedere (si parla, non a caso, di mondo “VUCA”, caratterizzato appunto da “volatility”, “uncertainty”, “complexity” e “ambiguity”, in italiano “volatilità”, “incertezza,” complessità” e “ambiguità”), è necessario indossare un nuovo paio di occhiali 3D. Serve una nuova visione, una “vision” sempre più allargata. Occorre, cioè, “intraprendere” in senso etimologico, essere “intraprenditori”: portare, cioè, dentro di noi nuove sensibilità, paradigmi diversi del mondo professionale, più strategici, così da riuscire a dialogare con tutte le funzioni aziendali e a promuovere la sostenibilità economica, sociale e ambientale assieme a tutti i titolari della posta in gioco o “stakeholders”.
Migliorarsi per rafforzarsi a qualsiasi età: la mente non deve mai oziare
Fughiamo ogni dubbio: l’età – sì, perché questi professionisti-narratori hanno un’età compresa tra i 26 e i 60 anni – non conta. Ciascuno dei 101 ha chinato la testa sui libri per acquisire strumenti innovativi con cui affrontare il cambiamento, rimettendosi in gioco tra il 2020 e il 2022. Ed è quello che possono fare tutti i professionisti, a prescindere dal background di studi scientifici o umanistici, sposando questa massima: “Chi si forma non si ferma”. «Quando è necessario un cambiamento, non è mai troppo presto per farlo», racconta Ana Rita Ferreira, tre volte mamma. Loro, i 101 protagonisti dell’“MBA Power” (come la carica dei 101), hanno deciso di rivedere le loro competenze, siano esse “dure” che “soffici” (come dicono gli inglesi, “hard skill” e “soft skill”), al grido di “migliorarsi per rafforzarsi”. Roberto Sardu, uno dei 101, affonda il coltello nella piaga: «La mente non deve mai oziare, dobbiamo essere cattivi, aggressivi, estremi nel pensiero per poi razionalizzarlo», puntualizza. Solo con questo atteggiamento è possibile dare vita a soluzioni infinite sul lavoro, prendendo le decisioni migliori in contesti in continuo cambiamento come quelli che stiamo vivendo.
Dal know-how al know-where: nessun capo è un’isola
In un universo professionale globale, dove nessun professionista o organizzazione può vantare di possedere tutto il know-how del mondo, progettare il futuro dipende dalla capacità di attingere al sapere distribuito, il cosiddetto “know-where”. È questo uno degli insegnamenti del libro “MBA Power”: non serve una donna sola o un uomo solo al comando. Il vero capo è un “servant” leader, un professionista che si pone al servizio degli altri, fuori e dentro l’azienda, prendendosene cura. I leader 4.0 devono essere rispettosi. Ascoltano anzitutto, informando, coinvolgendo e ispirando chi sta vicino a loro e incontrano (“Keep informed, keep involved, keep inspired” per citare il coach Robertson Hunter Stewart, al quale dobbiamo la reinterpretazione dell’acronimo “KPI”, tradizionalmente sciolto in “key performance indicators”). E sanno – così dicono i 101 leader del libro – che la “shared” leadership, in italiano la “leadership condivisa”, è il modo più efficace con cui oggi possiamo affrontare le sfide professionali. Il futuro, in sintesi, è nelle mani unite di più generazioni, giovani e senior. E nessun capo è un’isola.