Terra del Fuoco-Alaska, a piedi: la resilienza di George Meegan, esploratore
Quando penso alla determinazione e la costanza per raggiungere i propri obiettivi, mi viene subito in mente il mio caro amico ed esploratore inglese George Meegan. Non esiste nessuna persona al mondo che è riuscita a replicare e battere il suo record: percorrere a piedi il continente americano, dalla Terra del Fuoco all’Alaska. Il 18 settembre 1983, dopo 7 anni, 30.608 km percorsi, 12 paia di scarponi e trenta euro di budget, George Meegan è entrato nella leggenda oltre che nel libro dei Guinness dei primati.
Fin da piccolo adorava leggere le storie dei grandi viaggiatori come Marco Polo. A sedici anni Meegan entrò negli scout e poco dopo lasciò la scuola per imbarcarsi sulle navi da trasporto merci per vedere il mondo. Rientrato in Inghilterra decise di ripartire subito per questa incredibile avventura che ha raccontato nel suo libro “La Grande Camminata” (ed. Mursia).
George Meegan, che oggi ha sessantasei anni, è uno spirito libero “se avessi vissuto la mia vita pensando alla routine, al mutuo da pagare… sarei morto molto tempo fa”. George Meegan ha pianificato il suo viaggio della vita in una settimana, percorrendo 40 km al giorno senza sapere dove si sarebbe fermato a dormire, spesso per strada, o sotto gli alberi. Ricordiamo che George ha compiuto la sua impresa in un periodo storico difficilissimo per il Sudamerica, il periodo delle dittatura militari e senza avere a disposizione alcun tipo di tecnologia. “Probabilmente non avrei mai fatto quel tipo di viaggio oggi, con tutte le tecnologie a disposizione. È stato importante per me viaggiare da solo ma anche poter contare sul prossimo”. In una società sempre più iperconnessa, siamo sempre più soli e diffidenti nei confronti del prossimo. “Non sarei mai riuscito a compiere il mio viaggio senza l’aiuto e collaborazione delle persone che ho incontrato per strada, che hanno viaggiato con me, o che mi hanno offerto un pasto caldo, io credo molto nell’umanità”.
Eppure, come potete immaginare, l’impresa di George Meegan non è stata affatto semplice. Procurarsi del cibo non era facile, in alcuni momenti del viaggio è arrivato a pesare 40 kg e ci sono stati momenti in cui ha pensato che il suo viaggio fosse finito. “Ero a Panama. Un criminale mi ferì con un coltello, svenni, poi per fortuna una guardia costiera che era li, mi salvò la vita. Mi trovavo a due passi dal canale di Panama. Non era un periodo facile per viaggiare”. Nonostante questo non ha mai perso la sua determinazione, non ha mai pensato di tornare indietro. “Nei momenti difficili di scoraggiamento non guardavo l’obiettivo di lungo termine ma cercavo di concentrarmi sull’obiettivo giornaliero da portare a termine, giorno per giorno, per raggiungere l’obiettivo finale”. George Meegan non era un ragazzo infelice, non doveva scappare da qualcosa, il viaggio non era una fuga da una vita che non lo soddisfaceva. Viene da chiedersi allora perché rischiare così tanto per un’impresa così complessa. “E’ difficile da spiegare a chi non ha provato un’esperienza del genere. In quei sette anni, nonostante tutti i problemi, ho trovato un’armonia interiore con il mondo che non ho più trovato in seguito, anche vivendo con tutte le mie comodità”. Viviamo in una società dove le relazioni umane sono complesse, insegniamo ai bambini a non parlare con gli sconosciuti, regole che non riguardano la famiglia Meegan. Anche il figlio di George, Goeffrey, quando aveva quattordici anni ha attraversato l’India a piedi, da Bombay a Madras. Oggi il prof. Meegan viaggia per il mondo invitato a parlare da molti enti ed organizzazioni internazionali. “Credo che la vita debba prevedere per forza delle sfide, non siamo qui per mantenere lo status quo ma per fare qualcosa. Abbiamo a disposizione mediamente 25.000 giorni su questa terra quando va bene, impieghiamoli al meglio”.