Felicità al lavoro!
Il lavoro ci rende felici? È fonte di gioia e soddisfazione? Ci regala emozioni e sensazioni positive? Sappiamo bene che non sempre la risposta a tali domande risulta essere affermativa. Nel 2016 Gallup pubblicava i dati di una ricerca in cui emergeva che a livello mondiale l’87% dei lavoratori si sente demotivato. Pare quindi che la felicità sul lavoro sia un miraggio. Tuttavia, il nostro tempo di vita è davvero troppo limitato per sprecarlo svolgendo un lavoro che ci rende infelici, demotivati, apatici.
Su questo tema ho trovato estremamente interessante il saggio di Annie McKee, Felici al lavoro, in cui l’autrice, docente all’University of Pennsylvania, sintetizza i risultati di una ricerca durata diversi anni, definendo la felicità sul lavoro come “l’apprezzamento profondo e duraturo delle attività quotidiane, alimentato dalla forte propensione verso uno scopo significativo, una prospettiva di speranza nel futuro e amicizie sincere”. In sostanza, la felicità sul lavoro può essere realmente e concretamente raggiunta da tutti noi se disponiamo di 3 elementi essenziali:
- Uno scopo forte che ci consenta di contribuire al raggiungimento di obiettivi importanti;
- Una visione personale potente che alimenti la speranza;
- Delle relazioni positive ed amichevoli con colleghi, capi e collaboratori.
Analizziamo questi 3 elementi.
- Uno scopo forte. In quanto esseri umani, siamo creature produttrici di significato. Vivere il lavoro con pienezza di senso ci consente di considerarlo non solo come un mezzo per raggiungere un fine o come una carriera fatta di un continuo passaggio da un obiettivo ad un altro. Quando il lavoro rappresenta per noi qualcosa di realmente significativo, la passione alimenta la motivazione e siamo portati a dare il meglio di noi stessi. Una simile concezione del lavoro non è esclusivo appannaggio di professioni alte e prestigiose, ma può essere applicata a qualsiasi lavoro, perché tutto dipende dalla considerazione che abbiamo della nostra attività professionale e dell’impatto che essa ha sul contesto in cui si svolge. Sull’importanza di avere uno scopo forte per il proprio lavoro mi piace richiamare la lezione dello psichiatra austriaco Viktor Frankl. Internato in un campo di concentramento nazista, egli sviluppò una teoria della motivazione a partire dall’osservazione dei comportamenti di coloro che vissero quella terribile esperienza. Notò che alcuni riuscivano a sopportare con relativa serenità il terrore e le continue umiliazioni cui erano sottoposti, attribuendo un senso profondo alla propria esistenza; di fatto quelle persone avevano molte più probabilità di sopravvivere, sia emotivamente che fisicamente. Frankl suggerisce che soddisfazione e appagamento provengono primariamente dalla ricerca di un senso e di uno scopo forte in ciò che facciamo, quella che lui definisce “brama di significato”. Per quanto concerne il nostro lavoro, proviamo a chiederci: Qual è il nostro scopo? Come possiamo definirlo? In cosa può esprimersi concretamente?
- Una visione personale potente. Oltre al significato, anche la speranza è un elemento fondamentale del nostro stare al mondo. Come suggerisce Annie McKee, “la speranza, l’ottimismo e la visione di un futuro migliore del presente ci aiutano a trascendere le tribolazioni e ad affrontare gli impedimenti. La speranza alimenta l’energia, la creatività, la resilienza. Permette di orientarsi nella complessità, di adattarsi alle pressioni, di stabilire delle priorità, di dare un senso alle assurdità delle organizzazioni in cui lavoriamo e della stessa vita lavorativa”. La speranza è un sentimento umano potente: ci aiuta in ogni aspetto della vita, alimenta la fiducia nel futuro, ci consente di scorgere motivazioni positive nell’operato altrui, contribuendo anche ad attrarre gli altri verso di noi. Una visione personale forte, nutrita di speranza, è come un faro che illumina il percorso della nostra vita professionale. Ci stimola a far emergere il nostro potenziale, a mettere in campo impegno e dedizione per il raggiungimento di obiettivi importanti, in primo luogo per il nostro appagamento personale. Risultati che ci rendano soddisfatti, che ci diano un senso di autentica gratificazione.
- Relazioni positive e amichevoli. Come sono i rapporti con i nostri colleghi, i nostri capi, i nostri collaboratori? Se sono sostanzialmente buoni, avremo maggiori possibilità di lavorare meglio, in maniera più distesa e produttiva. Inoltre, è innegabile che tutti sentiamo più o meno forte il bisogno di appartenenza, ossia la sensazione di far parte di un gruppo di persone con cui abbiamo qualcosa in comune e con cui può risultare piacevole collaborare e raggiungere risultati. Costruire e sviluppare rapporti amichevoli sul lavoro non è sempre facile né immediato. Annie McKee suggerisce a tal riguardo l’importanza di tre elementi: fiducia, generosità e divertimento. In un contesto professionale la fiducia viene alimentata da onestà, trasparenza e coerenza. Ci fidiamo di persone che sappiamo essere interessate non solo al proprio tornaconto personale, ma anche al nostro benessere, e la fiducia cresce nella misura in cui constatiamo la fedeltà ai valori che vengono proclamati. Una generosità ben dosata costituisce un altro elemento decisivo per costruire buoni rapporti sul lavoro. Adam Grant, professore alla Wharton School, in un suo brillante saggio del 2013 dimostra che una chiave per il successo risiede proprio nella generosità: più si offre e più si ottiene, dove il dare e il ricevere innescano circoli virtuosi attraverso i quali si può effettivamente creare un beneficio per tutti. Come ultimo elemento, il divertimento non è certamente secondario nella costruzione di un buon clima nell’ambiente di lavoro. Come sostiene Annie McKee, “la risata e il divertimento sono forze potenti sul lavoro. Dal riso nascono le emozioni positive che favoriscono la creatività e il flusso, quella condizione meravigliosa in cui sentimenti, pensieri e azioni confluiscono nel dare vita al meglio del lavoro. Divertirsi e ridere è un modo per legarsi, come anche per allentare la tensione”.
La felicità, sul lavoro come in generale nella vita, non si riduce a stare bene sul momento; piuttosto ha a che fare con un sentimento che presenta un carattere di permanenza. È qualcosa che pervade il nostro animo nel profondo, ed è legato ad un forte apprezzamento di ciò che facciamo, alimentato da uno scopo per noi significativo, da una prospettiva di positiva speranza nel futuro e da rapporti amichevoli, leali e sinceri. Non è certamente scontato e nemmeno semplice trovare tutto questo nel nostro contesto lavorativo. Ma una sfida stimolante per tutti noi può essere rappresentata dal cercare di sviluppare non solo la nostra felicità sul lavoro, ma anche dal contribuire a creare le basi per un ambiente professionale sereno, stimolante e produttivo.