Emoji, possiamo usarli nelle e-mail di lavoro?
Sono dappertutto: qualunque app e dispositivo oggi è in grado di riprodurre facce, espressioni, manine, oggetti, disegni. L’obiettivo nel loro uso è raccontare emozioni o dettagli in un modo sempre più universale e rappresentativo. Sono gli emoji, le “faccine”. Facebook, Twitter, WhatsApp, Messenger non possono più fare a meno degli emoji che hanno avuto una straordinaria impennata negli usi digitali. Parte del loro successo è anche dovuto al fatto che il nostro cervello funzioni per immagini, non per parole. La parola è un codice che ci permette di comunicare, ma i nostri pensieri prendono delle forme visuali. Quindi gli emoji arrivano in maniera più diretta al nostro interlocutore.
Ormai si tratta di immagini che troviamo sempre più anche nelle comunicazioni professionali e qui si formano fazioni opposte: chi sostiene gli emoji nelle e-mail e chat professionali e chi invece le condanna. Proviamo in questo articolo a dipanare la questione offrendo qualche spunto pratico.
Partiamo facendo una distinzione: tra emoji e emoticon, termini che talvolta vengono usati in modo intercambiabile, ma non lo sono. Gli emoji sono immagini e simboli realistici, renderizzati sui nostri dispositivi: la faccia gialla con gli occhi e la bocca sorridente è un emoji. Gli emoticon, invece, sono gli antenati degli emoji. La prima emoticon probabilmente è “: – )” e risale al 1982. Sono glifi digitati su una tastiera che mimano alcuni segni ed espressioni. Partiamo da qui perché è significativo mettere una data rispetto all’inizio nell’uso di simboli grafici nelle nostre comunicazioni digitali. Si tratta di una tendenza ormai quarantennale, non iniziata recentemente.
Emoji al lavoro: sì o no?
Gli emoji sono nati per trasmettere uno stato emotivo in modo più immediato e chiaro rispetto all’uso del testo scritto in chat. Recentemente secondo una dichiarazione di Chris Burgess, vicepresidente IT del gruppo Expedia, in un’azienda di queste dimensioni avere delle modalità di comunicazione condivise è necessario per favorire il confronto e la chiarezza.
Ecco che Burgess sottolinea come per Expedia la consapevolezza sia parte integrante della cultura aziendale, anche nell’uso delle tecnologie. In assenza di spunti verbali e visivi di persona, per promuovere questa consapevolezza in Expedia le persone si appoggiano agli stati e agli emoji personalizzati di Slack, il sistema di comunicazione interno scelto.
Questi stati possono indicare se qualcuno per esempio è online, ma ha bisogno di spazio per concentrarsi su un’attività critica, oppure se si sente poco bene o è affaticato, oppure se si sta prendendo cura di qualcuno o se ha solo bisogno di una pausa mentale o emotiva.
“Incoraggiamo tutti a essere ricettivi a questi segnali, a limitare o evitare del tutto gli avvisi fuori orario e a prendere nota dello stato d’animo e dell’ubicazione dei destinatari” commenta Burgess.
In generale, al di là dell’esperienza di Expedia, è però interessante notare che favorire l’espressione personale e la consapevolezza a un livello superiore aiuta la collaborazione tra colleghi. Quindi anche se talvolta l’uso degli emoji ci può sembrare un gioco o una modalità comunicativa relativa al mondo personale, può avere dei risvolti assolutamente utili anche nel mondo lavorativo.
Quindi il consiglio pratico che vi invito a mettere a terra nel proprio contesto lavorativo è di definire un codice condiviso nel proprio team rispetto all’uso degli emoji. Prendersi del tempo per confrontarsi su quali emoji usare a seconda delle necessità di ognuno è un primo passaggio per fare chiarezza. In diverse aziende i singoli team, soprattutto se comunicano spesso via chat, identificano degli emoji condivisi e questo snellisce le comunicazioni, abbassando le possibilità di fraintendimento.