E se fossero stati gli uomini il sesso debole?
Immaginiamo un mondo in cui il “secondo sesso”, per dirla con le parole della filosofa Simone de Beauvoir, non siano le donne bensì gli uomini.
Una storia scritta al femminile ad oggi non può essere realtà ma pura “ucronia”, vocabolo proprio dei romanzi di fantascienza che indica un passato alternativo. Un po’ come accade nella serie di Amazon Prime, “The man in the high castle”, a sua volta tratta da un racconto di Philip Dick in cui a vincere la Seconda Guerra Mondiale sarebbe stata la Germania e non gli Alleati, con tutte le conseguenze del caso.
La possibilità di sondare dimensioni parallele è entrata nel quotidiano, soprattutto con la concezione di “multiverso”, nata nei fumetti e sdoganata dai film del Marvel Cinematic Universe. A tutto ciò, ma in un’ottica molto più pratica e reale, si ispirano due cortometraggi che hanno conquistato il web e non solo. Il primo è “Matriarchy”, termine inglese per “matriarcato”, ideato dall’associazione MamaChat, che si occupa di aiuto psicologico alle donne in difficoltà attraverso una piattaforma online.
Il video, lanciato in occasione dell’ultima Giornata della Donna, è ambientato in un ufficio in cui al tavolo delle trattative ci sono quattro “business women”, interpretate da Carolina de’ Castiglioni, Cecilia Dazzi, Jane Alexander e Valentina Melis. Le uniche due figure maschili sono ignorate o relegate a compiti di minor rilievo e al centro della trama c’è l’influencer Pierluca Mariti che, nei panni di un impiegato dell’azienda, illustra casi di abuso, ovviamente alla rovescia e non viene creduto dall’uditorio anzi a tratti è deriso.
Solo sette minuti che bastano per comprendere, a parti invertite, delle difficoltà che sono all’ordine del giorno sul posto di lavoro. A porsi un obiettivo analogo è “In her shoes” di Maria Iovine, classe 1984, che ne ha curato regia, soggetto, sceneggiatura e montaggio. Interamente in bianco e nero, il documentario si compone di immagini fornite in gran parte da AAMOD Fondazione Archivio Audiovisivo del Movimento Operaio e Democratico e da Istituto Luce Cinecittà, in sinergia con Deriva Film, Greve 61, Officina Visioni e Scuola d’Arte Cinematografica Gian Maria Volonté.
Si vede, ad esempio, un uomo che lava i piatti, un altro che passa l’aspirapolvere, scene a cui è stato cambiato il contesto, immaginando un movimento di liberazione per il genere maschile, visto che, anche qui, la storia è dominata dalle donne. Un’intuizione che ha trovato il sostegno della regione Lazio e di importanti realtà del settore come Women in Film, Television & Media Italia.
Prodotto nel 2018, il docufilm è ritornato in auge dopo il nuovo successo della regista casertana ovvero “Corpo a corpo” e, come “Matriarchy”, è reperibile sul web. Entrambi mostrano il “what if”, ovvero ilcosa sarebbe successo se a godere dei privilegi del patriarcato fossero state le donne. Avrebbero accettato un’ipotetica ribellione degli uomini? Sarebbero state favorevoli ad una loro ascesa nella sfera professionale? Per non svelare i rispettivi finali, lasciamo in sospeso tali interrogativi.
Quello che però si può dire è che vedere scenari finora impensati suscita sicuramente stupore e può essere efficace di qualunque dato o discorso sul gender gap. D’altronde, a volte, le parole non bastano e il mezzo audiovisivo diventa determinante nel rendere attuali questioni che ancora stentano a trovare la soluzione.
Ne sono una testimonianza il successo su Instagram di Matriarchy e l’eco avuta da “In her shoes”, vincitore nel 2018 del Premio Zavattini. Se si ha la fortuna di non vivere le discriminazioni sulla propria pelle, è bene comunque capire di che cosa si tratta e interrogarsi sul perché la storia è andata in un certo modo. E su come siano importanti date come il 1946, quando le donne in Italia hanno avuto accesso al voto, e il 2022, anno corrente, in cui è entrata in vigore la legge sulla parità salariale.
La storia, l’economia non sono semplici materie, ma vita di tutti i giorni, così come il cinema non è assolutamente solo uno svago ma il modo per far risaltare differenze che a volte si rischia davvero di non vedere.