Dobbiamo diventare eroi di noi stessi. Per vincere paure e sfide, pensare al futuro e mangiarlo a colazione!
Sono assolutamente certo che, come me, anche voi andate in sollucchero per le serie tv più maestose (Game of Thrones, per dirne una) e/o per la letteratura più adrenalinica (vedi alla voce Don Winslow) e/o per lo sport più fiammeggiante. È perché tutte queste cose sono spettacolari, energetiche ed eccitanti? Sì, certo: ma c’è molto di più. C’è che noi abbiamo enorme bisogno – fisico, psicologico, antropologico – di Epica. E queste cose ci trasmettono proprio potenza epica, qualcosa che sarebbe inutile cercare nel pensiero intellettuale e critico, nell’intelligenza razionale, nella stessa estetica, in tutti quei modelli che magari parlano di Omero e Ariosto, di mitologie e grandi saghe, ma che appunto ne parlano ma non le creano. Attraverso la forza spettacolare e l’energia e l’eccitazione, le più appassionanti serie tv, opere letterarie, imprese sportive stanno offrendo risposta al nostro fabbisogno di epica.
Perché in un mondo come quello connesso e globale l’intera innovazione tecnocomunicativa spinge irresistibilmente verso il fai-da-te, l’autodeterminazione, la possibilità di scelta personale. Immaginatevi quanta forza serve per accettare questa nuova sfida a quanti sono abituati a conformarsi, a cantare nel coro, a stare dentro i confini di identità ideologiche, sociali, spirituali e culturali prestabilite. Ma anche chi è portato a fare e costruire da sé ha comunque necessità di alimentare la propria attitudine. Ecco, l’epica ci serve proprio a questo, a farci sentire che da qualche parte nel nostro Dna, nei nostri muscoli, nel cuore, nella mente, c’è una forza vitale a cui possiamo attingere. Il più famoso studioso di miti, Joseph Campbell, ci aveva del resto spiegato che la mitologia è non semplicemente fantasia letteraria ma manifestazione figurata delle energie del nostro corpo.
In questo senso la più coraggiosa cultura pop è oggi assolutamente fondamentale. Perché se è vero che nelle sue manifestazioni più banali essa produce miti usa-e-getta artificiosamente elaborati a tavolino, quando la spinta energetica si sposa con la ricerca più inventiva la cultura pop diventa il luogo elettivo di una narrazione mitologica che ci spinge a familiarizzare con l’instabilità e la molteplicità del mondo in cui viviamo.
Qualcuno potrà obiettare che intorno a noi non c’è traccia di orde di zombie da sgominare o di draghi che insidiano la principessa, e che giocarsi una partita decisiva all’ultimo tiro riguarda poche decine di umani. Vero, ma se c’è un mutamento davvero decisivo nella nostra epoca è proprio quello che riguarda il senso dell’impresa. Perché le grandi imprese leggendarie sono naturalmente entusiasmanti e memorabili. Pensate a Prometeo che ruba il fuoco agli dei, alla conquista del Graal fino a Michael Jordan che vince una partita di finale in condizioni fisiche in cui tutti gli altri umani sul pianeta neanche si sarebbero sollevati dal letto.
Oggi il senso dell’impresa si è venuto a saldare con la realtà quotidiana e noi possiamo fare imprese – piccole e grandi – nelle scelte che facciamo, nelle relazioni sentimentali, nella crescita dei nostri figli, nel nostro lavoro, nell’attitudine verso il mondo e la vita. Quando ci esaltiamo per gli eroi delle serie tv, dei romanzi d’azione, dello sport non significa che noi si debba fare quello che fanno loro: ma significa che noi possiamo e faremmo bene a diventare gli eroi di noi stessi. Metterci la faccia, prendersi responsabilità, tentare di accendere la luce invece che accontentarsi di maledire il buio: è davvero così che si deve fare.