Per essere creativo devi essere esploratore, artista, giudice e guerriero
Iniziamo facendo un piccolo esperimento. Fate la somma dal numero 1 al numero 1000 in un minuto. Considerando il tempo limitato, di sicuro abbiamo subito iniziato a fare i conti: 1+2=3, 3+4=7, 7+5=12; poi, dopo altre addizioni, ci siamo confusi e scoraggiati, ben sapendo che alla nostra velocità e capacità di calcolo un minuto non può essere sufficiente per sommare i numeri da uno a mille. Affrontiamo il problema in maniera diversa, da un punto di vista visivo, mettendo i numeri su una linea continua.
1, 2, 3,……………………………………………………………………………998, 999, 1.000
Abbiamo una serie di coppie di numeri, 1 e 1.000 agli estremi, la cui somma è 1.001, poi 2 e 999, la cui somma da sempre 1.001, 3 e 998, sempre 1.001. Quante coppie? Metà di mille, ovviamente, quindi 500 coppie di numeri che danno sempre 1001. Il risultato sarà quindi (500 x 1.001)= 500.500. Ecco quindi che per risolvere un problema di matematica abbiamo utilizzato le nostre capacità visive e NON quelle matematiche. Anche questa è creatività.
Come facciamo a sviluppare la creatività che sia essa esplorativa, di combinazione, oppure trasformativa?
Per darvi indicazioni pratiche e divertenti, voglio fare ricorso a uno dei miei libri preferiti: A Kick in the Seat of the Pants di Roger von Oech. L’autore ci dice che quando prendiamo decisioni per essere creativi, dobbiamo essere esploratori, artisti, giudici e guerrieri.
Esploratore: quando cerchiamo informazioni, dati, strade nuove per il nostro lavoro dobbiamo comportarci come esploratori. Ricordiamoci che, come disse il filosofo Emile Chartier, niente è più pericoloso di un’idea se è l’unica che abbiamo. Le regole per essere esploratore sono: essere curiosi, uscire dalla propria comfort zone, rompere schemi mentali, chiedere perché, non imporsi limiti che non esistono
Artista: quando le risorse si trasformano in idee, diventiamo artisti. Picasso scrisse: «Certi pittori trasformano il sole in un punto giallo, altri trasformano un punto giallo in un sole». Riusciamo a visualizzare un futuro professionale diverso e migliore? Come connettiamo elementi apparentemente diversi? Quali regole possiamo rompere o modificare? Ci chiediamo spesso “Cosa succederebbe se?” Come riusciamo ad adoperare la nostra passione e talento nel nostro lavoro? Pensiamo agli imprenditori che sono riusciti a creare attraverso le loro idee prodotti o servizi straordinari. Osserviamo quello che ci circonda, vediamo opportunità per risolvere problemi nel nostro lavoro?
Giudice: quando valutiamo in maniera severa e oggettiva la fattibilità delle nostre idee, diventiamo giudici. Per essere fattibili, le nostre aspirazioni devono essere connesse al nostro potenziale ed essere realistiche. Dobbiamo valutare dati, ponderare i pro e i contro, capire se i tempi sono maturi, sapere quali sono le ipotesi di base, ascoltare chi ci sta vicino. Un errore classico è quello di confondere la nostra passione con il nostro talento. Possiamo essere appassionati di musica ma ciò non ci rende automaticamente cantanti con le doti di Pavarotti o Bono. Il programma televisivo X Factor misura appunto la distanza tra la passione (tutti i concorrenti ne hanno in quantità) e il talento (solo alcuni concorrenti possiedono anche un vero talento). Nell’essere giudici di noi stessi in ambito professionale dobbiamo continuamente valutare le nostre capacità ed evitare l’arroganza. Napoleone disse ai suoi generali prima di Waterloo: “Wellington non è un buon generale e gli inglesi non sono bravi soldati. Risolveremo questa faccenda entro l’ora di pranzo”.
Guerriero: se abbiamo attivato l’esploratore, l’artista e il giudice non ci resta che metterci la corazza e, come guerrieri, avanzare decisi verso i nostri sogni professionali, per tradurre le nostre idee in azioni, nel nostro nuovo lavoro. Tutti vogliono avere un bel lavoro carico di soddisfazioni, ma pochi sono disposti a combattere per ottenerlo. Una bella locuzione in inglese dice Fire in the belly, “fuoco nella pancia”: una specie di sacro ardore che ci motiva a non fermarci e a non arrenderci mai. Quando incontrai Lance Mackey trovai un vero guerriero: nato a Fairbanks, piccolo villaggio in Alaska, Lance aveva avuto un tumore in giovane età. Cosa decise di fare? Partecipò alla famosa corsa con i cani da slitta dello Yukon, circa 1.000 km con temperature che arrivano anche a 40 gradi sotto zero. Lance vinse per 4 anni consecutivi, dal 2005 al 2008; nel 2007 si iscrisse alla corsa con i cani da slitta di Iditarod, la più dura di tutte, circa 2.000 km in Alaska, in inverno, al buio, roba da pazzi. Lance vinse di nuovo per 4 anni consecutivi, dal 2007 al 2010, riuscendo nell’impresa – definita da tutti impossibile – di vincere queste 2 gare nello stesso anno. Gli chiesi cosa si prova nel riuscire a fare qualcosa definita impossibile. Mi rispose: “La definizione non l’ho data certo io, volevo provare a me stesso che era possibile”. Mi disse anche che era riuscito soprattutto grazie i cani da slitta, che adorava. Lance mi rivelò un segreto: «È molto semplice, anche loro mi adorano, perché sanno che non li abbandonerei mai e che mangio dopo di loro». Una lezione di leadership straordinaria: il vero leader capo non abbandona nessuno e mangia dopo, non prima. Lance è un vero guerriero mentre molti continuano a mangiare sempre prima degli altri.