Perché una buona community, oggi, decreta il successo di un marchio
Siamo in un momento di grande cambiamento dei modelli organizzativi, economici e sociali.
Nel passato l’organizzazione burocratica diffondeva e promuoveva la tecnologia e in qualche modo l’innovazione. Oggi che la tecnologia spesso è più avanzata all’esterno che all’interno dell’azienda, l’organizzazione burocratica non riesce più a funzionare.
Come già ampiamente detto in altri articoli, le economie emergenti stanno trasformando il nostro capitalismo contaminandolo con idee e innovazioni che provengono direttamente da quei mondi: oltre a crescere dal punto di vista materiale, grazie alla tecnologia (Internet, social network, etc.), questi Paesi sono ormai diventati una fonte di competizione anche sul terreno immateriale dell’economia della conoscenza. Se non creiamo al più presto un sense of community fra le persone, continueremo a subire queste trasformazioni anziché essere noi i protagonisti e gli agenti del cambiamento (Panzarani R., Sense of Community e Innovazione Sociale nell’era dell’interconnessione, Palinsesto, Roma 2013).
Per iniziare a pensare ad una community, vorrei sottolineare in particolar modo tre punti:
- “VISIONE SISTEMICA”: avere la capacità di fare le “connessioni” per individuare nuove soluzioni. Non più l’IT Department come unico “referente” ma l’azienda con le sue varie funzioni. L’IT è PERVASIVA
- ESSERE “ADAPTIVE”: saper vivere sull’orlo del “CAOS”
- SAPER “COEVOLVERE” INSIEME AL MERCATO: co-innovare e co-creare insieme ai Vostri clienti, insieme ai Vostri fornitori insieme al sistema. ESSERE RESPONSABILI DEL PROPRIO FUTURO
L’insegnamento di Adriano Olivetti, che dobbiamo fare nostro, si traduce in “Impresa come ‘comunità di intenti e interessi’. Impresa come ‘espressione del vivere’ cui prendono parte soggetti diversi (lavoratori, investitori, clienti, territorio, fornitori) ciascuno portatore di particolari interessi, che però cooperano per conseguire una serie di obiettivi comuni che vanno ben oltre i loro interessi individuali. Impresa concepita come entità storico sociale in costante relazione con l’ambiente fisico, sociale e culturale che la circonda, verso cui assume responsabilità molto al di là del conseguimento del profitto”.
Il sociologo Luciano Gallino spiega che “una collettività può essere definita comunità quando i suoi membri agiscono reciprocamente e nei confronti di altri, non appartenenti alla collettività stessa, anteponendo più o meno consapevolmente i valori, le norme, i costumi, gli interessi della collettività, considerata come un tutto, a quelli personali o del proprio sottogruppo o di altre collettività” (Gallino L., Dizionario di sociologia, TEA Milano, 1993)
Henry Mintzberg, nel suo articolo pubblicato su Harvard Business Review L’azienda come comunità, dice che “l’azienda/Comunità, in cui si attua una effettiva partecipazione, può determinare effetti fortemente migliorativi. Il risultato dell’azienda viene percepito come bene comune e la comunità è un collante sociale che lega le persone per un bene superiore.”
Come sappiamo le community si sono molto sviluppate nel web e questo ha offerto alle aziende l’opportunità di facilitare il processo di incontro con i propri collaboratori, fornitori, clienti o potenziali clienti. Le aziende che operano attraverso le community, rappresentano un concretizzarsi delle aspettative dei consumatori, che possono essere compresi e ascoltati in un mondo nel quale finora l’obiettivo principale è stato solo quello di predominare sui propri concorrenti (Panzarani R., ibidem).
Sempre Mintzberg sottolinea che la community oggi si esprime attraverso i contenuti ed è vissuta “come credibilità di un brand, come collante tra strategie ed esecuzione all’interno e all’esterno dell’azienda” e che “le imprese devono riqualificarsi come luoghi dove esercitare il proprio impegno, dove le persone si sentano coinvolte l’una verso l’altra e verso l’azienda stessa” (Mintzberg, ibidem).
Caratteristica principale di una Community aziendale è il dialogo multidirezionale fra brand e utenti. La community aziendale è anche una community online specializzata, non limitata geograficamente, basata su una comunicazione sociale e di relazione fra i consumatori di un brand.
La community, se coltivata e stimolata, produce quindi clienti soddisfatti, che interagiscono in modo forte con il brand, diventando essi stessi promotori dei prodotti o dei servizi, andando a sostenere quello che un tempo era definito “passaparola” e che ai giorni nostri è diventato un “media”, un mezzo di comunicazione a sé stante, che come tutti i mezzi di comunicazione va curato e sviluppato (ibidem).
La community di successo dovrà sviluppare una sua “individualità collettiva” e il community manager dovrà puntare a:
- sviluppare dinamiche collaborative
- fornire obiettivi di gruppo
- fornire riconoscimenti (concreti e simbolici) di gruppo (social media identity della community)
Importante sottolineare che una parte del lavoro importantissima del community manager è in ambiente virtuale e necessita di strumenti appropriati e complessi. Il tutto agendo attraverso un piano strategico che preveda di:
- Promuovere nuovi argomenti di conversazione/relazione
- Stimolare il produttivo coinvolgimento di utenti e stakeholder
- Assumere un ruolo di rappresentanza istituzionale all’interno della community
- Valutare il sentiment online
- Realizzare report periodici
- Non limitarsi a postare contenuti autoreferenziali, ma interagire con le community di appassionati di food, vino, turismo, cultura che possono ruotare intorno a quella destinazione
Per quanto concerne le modalità di accesso a questa figura professionale esistono delle capacità e conoscenze di varia tipologia ritenute necessarie:
Tecniche
- Marketing non convenzionale
- Organizzazione di eventi on line (es. Chat, Webcast)
- Scrittura tecnica/Reporting
- Gestione del diritto d’autore in Rete
- Accessibilità contenuti Web
- Marketing
- Web analytics
- Comunicazione efficace, mediazione
Informatiche
- Markup e fogli di stile (es. XHTML, HTML e CSS)
- Strumenti di pubblicazione per il Web (es. CMS, Blog, Editor)
- Utilizzo dei principali Social Media
Di potenziamento
- Relazioni pubbliche
- Organizzazione di eventi off-line (es. Raduni, Camp)
Il Community manager è ovviamente in grado di misurare le performance delle attività svolte, monitorando i KPI (Key Performance Indicators) riguardo:
- Coinvolgimento degli utenti (audience engagement)
- Misurazione dell’impatto dei sostenitori (advocacy impact)
- Misurazione della soddisfazione degli utenti (satisfaction score)
- Misurazione degli argomenti di tendenza (topic trends)
Da non sottovalute le SOFT SKILL
- Capacità di ascolto
- Ascolto attivo
- Empatia
- Leadership collaborativa
Per concludere vale la pena citare alcune community aziendali di successo.
La Leaf Community del Gruppo Loccioni è il risultato della forte volontà di ridare valore alla dimensione di essere naturali. Lo spunto, coerente con la propria storia di 40 anni di attività nelle tecnologie, lo fornisce il Gruppo Loccioni, che insieme ad un network di imprese di eccellenza, definisce e costruisce la prima comunità integrata completamente ecosostenibile in Italia.
Starbucks ha creato una community di ascolto e partecipazione dei clienti e si differenzia dai suoi concorrenti per un modello che si esprime in: condividi, vota, discuti le proposte e guardale realizzate.
Being Girl è la community della Procter&Gamble che dal 2000 risponde alle tante domande difficili che l’età prepubere comporta, attraverso articoli, interviste, video, rubriche. Come una sorella maggiore digitale, la comunità consente una discussione aperta e la possibilità di chiedere ad esperti una consulenza sui diversi argomenti. Questa community è diffusa in 46 Paesi del mondo e la sua forza sta proprio nel confronto e nella condivisione fra milioni di ragazze. Il successo è nella fiducia che queste persone ripongono nel marchio.
Con oltre 2,5 milioni di soci impegnati, il SAP Community Network è stato definito da Richard Adler dell’Istituto Aspen “il maggior esempio di utilizzo dei social media da parte di una società fino ad oggi.” I membri della comunità vanno da grandi multinazionali, come Disney e Bose, ad innumerevoli piccole e medie imprese, tutti in grado di connettersi e trarne reciprocamente beneficio. Il vero successo della comunità sta nel fatto che molti membri sono impegnati e disposti a contribuire con tempo e competenze per far crescere la forza della rete.
La community della Playstation ha fatto un lavoro eccezionale fornendo uno spazio online ai giocatori. Gli utenti possono suddividere in zone i loro interessi specifici, sia che si tratti di gioco, di interessi, o del tipo di supporto di cui hanno bisogno. La comunità inoltre è strettamente legata ai canali social media della Playstation, come YouTube e Twitter e gli utenti sono anche in grado di provare il contenuto generato sia dal marchio che dagli utenti stessi, perché uno dei punti di forza della comunità è proprio l’user-generated content creation che ha dato vita a nuove funzionalità sulla console, consentendo agli utenti di caricare in-game clip direttamente on-line.
Le community, dunque, devono essere viste come una sorta di scatto evolutivo all’interno di un processo che l’azienda mette in atto per poter avere successo in un modo molto differente rispetto al passato.