Sul palcoscenico del mondo il creativo non è più un attore: è un regista
Creatività e comunicazione sono due concetti che da decenni camminano mano per mano. La creatività è quella capacità di generare idee originali per comunicare qualcosa a qualcuno. Definizione tanto generica quanto corretta che spesso porta a pensare alla creatività come qualcosa che si vede, che è bello, che piace, che ha stile e che è più o meno di tendenza.
A questo ci hanno abituato gli anni Settanta e Ottanta grazie a pubblicità e marchi famosi. Spot che hanno fatto storia, marchi e loghi che impongono il loro valore ancora oggi, campagne pubblicitarie che dovevano testimoniare la potenza commerciale di questo o quel brand. A quei tempi se dicevi di essere un creativo significava che facevi cose belle, che creavi messaggi densi di potere persuasivo. Nulla di sbagliato. In quegli anni il mercato era ben definito e il pubblico era disposto ad ascoltare messaggi positivi, meglio ancora se li pronunciava un noto testimonial. Le aziende non azzardavano processi di mercato nuovi, quelli che c’erano erano sufficienti ad assicurare il successo che ci si aspettava di avere. Bastava farsi semplicemente riconoscere meglio, per arrivare prima del proprio competitor. Ecco, la creatività serviva a questo.
E oggi? Tutta un’altra sinfonia. Ma cosa è cambiato, cosa è davvero creativo oggi? Il mercato come seleziona un’idea creativa?
Qualche spunto di analisi può chiarire.
La creatività non parla più la lingua della marca, ma del consumatore
Viviamo un tempo in cui abbiamo necessità di verificare la qualità di tutto, crediamo solo all’opinione di chi è consumatore come noi, non ci facciamo distrarre da stile e marca ma ci concentriamo su necessità, utilità e corrispondenza di un costo rispetto a quello che ci consente di acquistare. Il target non aspira più a un sogno, ma a scene di vita reale. La comunicazione ha necessità di proporre un linguaggio adatto a veicolare queste aspettative e se il creativo oggi dimentica questo, allontanerà dal messaggio il pubblico da coinvolgere.
Quando la creatività perde il suo appeal
La creatività nella comunicazione oggi non ha più necessità di mostrarsi con le sembianze accattivanti del messaggio di tendenza o caratterizzata da uno stile piuttosto che un altro. Questi aspetti a volte possono essere necessari mentre in altre si rivelano affatto risolutivi. Il messaggio accattivante oggi è uno strumento che serve per mettere in pratica tattiche. La creatività è diventata soprattutto strumento strategico e l’efficacia di un’idea non si basa più solo su aspetti visivi, belle riprese video o copy pieni di appeal. Se è vero che prima ci si rivolgeva ad un’agenzia di pubblicità per una campagna efficace, oggi la necessità è più quella dell’agenzia di comunicazione, cioè di quella struttura alla quale rivolgersi per dire “devo comunicare a tutti questo tema, cosa devo fare?”. Ed è qui che si fa spazio il nuovo creativo.
La vera faccia del creativo
Il creativo di un tempo aveva un volto, oggi ne ha tanti. Se da un lato mantiene anche parte del ritratto che lo identificava, dall’altro diventa uno stratega il cui prodotto finale spesso non è una “bella campagna” o un “bel logo”, ma una forza persuasiva d’insieme, un sistema di azioni pratiche – tra di loro anche apparentemente sterili – il cui risultato finale è il messaggio completo e, soprattutto, l’obiettivo che quel messaggio deve raggiungere. Il creativo oggi deve essere capace di creare e manipolare strategie. Uno strategic planner supercompetente che prima di tutto parla la lingua dello stile di vita che concorre a un posizionamento e accresce una reputazione. Un uomo di marketing verrebbe da pensare, o un project manager, o ancora un pubblicitario evoluto. In realtà tutto questo che, come se non bastasse, deve operare anche considerando aspetti di psicologia e sociologia.
Il nuovo metodo della creatività.
Il creativo oggi non è più l’artigiano che realizza messaggi accattivanti, che viaggia su un binario laterale considerato come via privilegiata riservata a chi sapeva tradurre obiettivi di imprese in desideri dall’alto valore commerciale. Non è più quel Re Mida dell’annuncio pubblicitario capace di trasformare qualsiasi necessità avvertita da un’azienda nel corrispondente desiderio del pubblico. Il metodo che la creatività richiede per poter essere al servizio del mercato è del tutto nuovo. Essere creativi in comunicazione oggi vuol dire saper mixare l’osservazione da consumatore a quella dell’esperto, sfruttando appieno l’obiettività che si ha di un settore solo quando non si è direttamente coinvolti come operatori. Il mercato chiede idee agli imprenditori e questi chiedono idee agli esperti per comunicare al mercato le loro intenzioni. Lo stile, il tono di voce, il visual e tutto il resto diventano strumenti efficaci, capaci di veicolare quelle idee, solo alla fine del processo creativo. Non vince più la bella creatività, ma l’efficace strategia. Meglio ancora se sarà anche piacevole.
È così che la creatività si rivela quasi invisibile. Verificabile solo grazie ai risultati per i quali essa viene utilizzata. Se un tempo il creativo era quasi un uomo da copertina, oggi è un regista del backstage dei processi con il quale il mercato accoglie le iniziative delle aziende davvero innovative. E l’unico che si accorgerà di lui sarà quell’imprenditore che vede nella comunicazione una necessità per dimostrare al mercato il proprio valore reale.