In un mare di parole, come distinguere i contenuti "veri" dalle opinioni pressappochiste?
Ormai ognuno di noi è davvero disposto ad ammettere che siamo animali sociali, anzi social. A parte i rari casi delle conoscenze che abbiamo che dichiarano di non essere presenti su questo scenario, tutti consultiamo, pubblichiamo, osserviamo quello che dicono gli altri sui nuovi media. Già, ma cosa dicono? La libertà di parola e di opinione è una delle più grandi conquiste della società moderna, ma oggi – dico, oggi – quanto questo aspetto è davvero fonte di crescita?
Da qualche tempo mi viene in mente un’affermazione di Jeffrey Zeldman, che di web vive, “Il contenuto viene prima del design. Il design, senza contenuti, non è design, è decorazione”, laddove la parola design possiamo anche intenderla in maniera estremamente laterale.
Il design l’ho studiato, con il design lavoro da tanti anni e ormai lo considero come un elemento capace di farmi distinguere anche le persone quando le incontro. È semplice: il design è l’ottimizzazione della forma in relazione alla funzione e grazie a questa definizione siamo in grado di riconoscere una sedia bella ma scomoda da una orribile alla vista ma tanto confortevole all’uso. Se quindi il design è questo, cosa può accadere se trasferiamo sulle persone che incontriamo la stessa chiave di lettura? Tornando alla dichiarazione di Zeldam, il risultato è devastante: non solo ci si aspetta che una persona sia piacevole tanto quanto utile, ma deve anche veicolare contenuti validi!
E se torniamo alla possibilità che a tutti viene offerta quotidianamente e cioè la possibilità di esprimere qualsiasi cosa ci venga in mente, quale scenario ci si propone davanti? Semplice: un panorama infinito di dichiarazioni, racconti, opinioni, critiche, consigli e indicazioni nel quale diventa impossibile distinguere chiaramente chi, nel proporre il proprio “personal design”, si concentra sui contenuti e chi solo sulla decorazione di se stesso.
Capire questo concetto è più difficile a dirlo che a farlo, tanto che sicuramente ognuno di noi di fronte a una analisi come quella appena proposta immediatamente comincia a isolare dalle proprie frequentazioni reali e virtuali chi risulta decorativo da chi invece contenuti ne esprime.
Ma che vuol dire “avere dei contenuti”? Non bastano opinioni e dichiarazioni?
No, i contenuti non possono essere solamente delle costruzioni discorsive pieni di nozioni, i contenuti che una persona esprime devono essere qualcosa che condiziona chi li ascolta, laddove per condizionare si intende il peso che essi hanno nella valutazione che un interlocutore fa nel costruirsi un’opinione. Dunque, per farla semplice: delle tante parole e opinioni che leggiamo sulle bacheche virtuali – per non parlare degli incontri reali – quante ne conserviamo e ricordiamo nel momento in cui dobbiamo affrontare un determinato tema con altri? Quante parole riescono a passare la prova del tempo per durare a lungo? Poche, sicuramente.
Diverso è per quelle cose che ci colpiscono, subito, e che ci rimangono in mente a lungo. In genere sono pensieri espressi in maniera tanto semplice quanto efficace, sintetici ma esaustivi che toccano corde particolari del nostro cervello tanto che le ricordiamo e le facciamo nostre. Ecco, quelli sono contenuti veri.
Viene da pensare, del resto, che non potrebbe essere altrimenti. La storia dell’uomo dal passato ha conservato esclusivamente contenuti, non ci sono arrivate le mille ciance di chi parlava per parlare e non era neanche così semplice parlare a tutti. Ma ai giorni nostri invece la possibilità è quasi illimitata, tanto che i canali di comunicazione sono talmente intasati di parole dette per dire che chi invece ha contenuti veri, difficilmente trova l’opportunità per far emergere i propri contenuti rispetto alle tante informazioni inutili. In poche parole, probabilmente un Seneca piuttosto che un Galilei oggi incontrerebbero serie difficoltà nel far emergere pensieri e dichiarazioni limite.
Il modo che una persona ha di porsi verso un’altra, il tono della voce, il gesticolare in un certo modo piuttosto che le espressioni del volto, l’atteggiamento con cui cerca una soluzione o parla di un problema, sono le componenti che esprimono il design di una persona, ma come per gli oggetti, una buona forma non può essere la garanzia della validità di un’opinione né tantomeno la mancanza di una forma ben riconoscibile può essere lo stato in cui si muovono contenuti consistenti.
La capacità di ognuno di saper filtrare le tante parole che compaiono sui canali media è diventata una competenza che va assolutamente sviluppata, per non concorrere alla confusione cui reciprocamente ci sottoponiamo. Valutare il design con cui una persona si esprime e presenta se stessa è un esercizio che sicuramente può renderci migliori, ma è nulla rispetto all’importanza di chiedersi se quello che stiamo per dichiarare è un contenuto vero piuttosto che una chiacchiera al vento.
Quanto sarebbe più stimolante consultare tutti gli strumenti di informazione e condivisione che abbiamo a disposizione!