Ecco perché, da padre, ho lasciato il lavoro per stare con i miei figli
Molto spesso viviamo trasportati dalla vita senza esserne padroni consapevoli. Avevo trascorso più di dieci anni in un ufficio marketing, lavoravo più di dieci ore al giorno. Il tempo era scandito dalle scadenze che anno dopo anno si susseguivano mentre i miei due bambini, di 2 e 5 anni, crescevano e io riuscivo a dedicare loro solo qualche ora la sera. Facevo fatica a essere presente, mi stavo perdendo gli anni migliori, quelli dell’infanzia. Con i bambini un giorno non è mai uguale all’altro soprattutto a quell’età.
Dall’altro lato mia moglie si era sempre dedicata alla famiglia sacrificando la sua vita professionale e aveva voglia, a 37 anni, di tornare nel mondo del lavoro. Come molte famiglie sanno, se non hai i nonni vicini (come nel nostro caso) la gestione quotidiana diventa complicata e la scelta della babysitter diventa obbligata. Aveva senso utilizzare l’eventuale stipendio di mia moglie per pagare una babysitter? Alla soglia dei 40 anni ho deciso di stabilire le priorità nella mia vita. Al primo posto ho messo il tempo con i miei figli.
Ho iniziato a pensare a una soluzione transitoria, usufruire del congedo parentale, sei mesi per ciascun figlio retribuiti al 30% del loro dello stipendio. In Italia sono ancora molto pochi i padri che optano per questa scelta, ma ho deciso di tentare.
Il motivo per cui sono quasi sempre le madri ad usufruire del congedo di parentale di sei mesi, è perché statisticamente gli uomini guadagnano più delle donne quindi, usufruendone, si percepirebbe meno reddito. È stato un freno non da poco anche per me nel compiere questa scelta. È stato necessario una sorta di downshifting, dare la priorità alle cose importanti. Non abbiamo l’auto, vivendo in città non è indispensabile, abbiamo dedicato più tempo nel cercare in quali negozi si risparmia, abbiamo recuperato i vestiti dei bimbi da amici, il tutto finalizzato a ciò che veramente interessa alla nostra famiglia, trascorrere il tempo insieme. In questo anno di transizione mia moglie si è messa alla ricerca del lavoro e io ho pensato a come reinventarmi professionalmente. Ho sempre lavorato nel marketing ma a tempo perso mi occupavo anche di comunicazione e giornalismo. Mi sono chiesto se fossi in grado di trasformare queste passioni, che mi avrebbero consentito di gestire il tempo in autonomia, in un vero e proprio lavoro.
Allo scadere dell’anno di congedo, la scelta non è stata semplice. Lasciare un lavoro fisso e sicuro per l’incertezza ma la vita precedente non mi soddisfaceva, era necessario un cambiamento e come sappiamo, i cambiamenti non sono mai semplici anche perché in quel momento era una vera e propria scommessa. Mia moglie ha trovato lavoro poco dopo in un settore che le piace, io ho trovato i primi clienti con il passaparola e alla fine siamo riusciti a reimpostare il nuovo stile di vite. Certo, da uomo devo dire che l’inversione del paradigma donna=casa=famiglia, uomo=lavoro, è stato difficile. Lavorare da casa gestendo due bambini non è assolutamente semplice. Mi ricordo sempre un aneddoto.
Avevo una skype call importante con due persone, una negli Stati Uniti e una in Giappone quindi il timing non potevo sceglierlo. L’orario stabilito era quello della nanna del piccolo quindi ero abbastanza tranquillo ma quel giorno qualcosa andò storto. Il piccolo si sveglia prima ed avevo la mia call che mi aspettava in cinque minuti. Decido così di metterli tutte e due nella vasca con poca acqua per il bagnetto mentre io effettuavo la mia chiamata. Tutto ok, quindi. Inizio la call ma a un certo punto sento mio figlio più grande urlare dal bagno. Avevo la chiamata Skype da cellulare fortunatamente, così mentre continuo a parlare mi dirigo verso il bagno a vedere cosa stesse succedendo. Trovo mio figlio più piccolo che aveva fatto i suoi bisogni in vasca e li stava cospargendo per tutto il bagno. La call si è dovuta interrompere come potete immaginare!
Questa è solo una delle tante storie del freelance che deve conciliare la vita familiare con il lavoro. Spesso mi trovo a lavorare la domenica, la notte o mi alzo alle cinque del mattino prima che si sveglino, perché durante il giorno mi sento più un maggiordomo piuttosto che un papà. Fortunatamente il mio lavoro mi consente di gestire i bambini e allo stesso tempo occuparmi dei social media dei miei clienti per fare un esempio. Con mia moglie ci siamo organizzati i tempi come in una staffetta agonistica. È indubbiamente stancante, a volte sembra di essere in un loop continuo senza tregua e i nervi vengono messi a dura prova, non si può negare, ma in questi due anni mi sono reso conto di essermi riappropriato della mia vita. Vedere i propri figli che crescono giorno dopo giorno è un lusso che mi sono concesso a fronte di sacrifici ma l’equilibro familiare nel suo complesso ne ha enormemente beneficiato. Conosco tanti miei amici che non farebbero una scelta simile anche se potessero, stare con i figli può essere considerato effettivamente un lavoro “usurante” ma, come molti studi confermano, è anche un investimento sul futuro dei bambini e su quello delle donne, perché saranno loro gli uomini del futuro in una società, mi auguro, sempre meno sessista.