Ma quando cominciamo a valorizzare davvero questo fantastico paese chiamato Italia?
Il messaggio parte dal cambiamento e chiude con la valorizzazione del territorio. O viceversa. In realtà il processo mentale che Oscar Farinetti porta a fare alla platea di Scheggino, piccola bomboniera dell’Umbria, è proprio questo: cambiare per migliorarsi, mettersi in gioco per crescere, analizzare la situazione e le risorse del luogo in cui ci si trova per riuscire nell’impresa, per emergere.
Le teorie di management e di marketing trovano spazio solo nell’ultima parte del suo intervento, ma per arrivarci si parte da lontano, molto lontano. Una mappa stilizzata del mondo antico, il cuore dell’Africa come centro nevralgico dell’evoluzione. La scoperta del fuoco, con quell’uomo visionario che aveva deciso che avrebbe portato benefici a sé stesso e alla sua popolazione, la valorizzazione delle donne per mantenere viva la fiamma perché «sanno fare più di una cosa contemporaneamente, cosa che all’uomo non riesce».
«Quella cosa che sembrava tanto pericolosa in realtà era veramente una risorsa che avrebbe cambiato le vite dell’umanità – continua Farinetti – perché permetteva di cucinare i cibi, di digerirli meglio, di scaldarsi». E pian piano, nel lungo racconto dell’evoluzione, ci si sposta sempre più su, fino ad arrivare in Italia. Ogni tema è ben sviscerato, tutto segue il filo logico evolutivo umano con l’avvento dell’agricoltura, coi sumeri, con la civiltà ellenica, con quella romana, con il Rinascimento e con l’arte: «L’Italia occupa lo 0,2% delle terre emerse nel mondo e ha il 70% di patrimonio culturale dell’intero pianeta, peccato non riesca a valorizzarlo». Non solo, Farinetti per spiegare il tema della biodiversità parte con una serie di esempi: «A Pra, una frazione vicino Genova, troviamo il basilico più buono del mondo perché i venti del Tirreno del Nord qui si incontrano con le brezze che arrivano dalle Alpi Marittime. Succede che il prosciutto di Parma per diventare buono deve essere messo ad affinare nella valle tra Parma e Spezia dove i venti del Tirreno del Nord si incontrano con le Alpi Apuane, Il San Daniele è figlio della Bora e delle Dolomiti, la liquirizia più buona è figlia dell’Aspromonte e dello Ionio, lo zafferano dell’Abruzzo è il migliore del mondo, il tartufo nero umbro è imparagonabile perché prende tutto, le brezze del Tirreno, quelle dell’Adriatico».
Farinetti è un fiume in piena: «Succede che gli israeliani che inventano il Pachino per farlo diventare grande sono dovuti andare in Sicilia. In Italia ci sono 7.300 specie di vegetali mangiabili, 58.000 specie animali, 538 coltivazioni di olive, in Europa ci sono 1.200 tipi di vini, 1.000 in Italia 200 nel resto dell’Europa. Questa è la biodiversità». Così, mentre la platea capisce una volta di più perché è stata fondata Eataly, il discorso si allarga: «Qualsiasi business si divide in due fasi: l’analisi e l’implementazione. Quella che non devi sbagliare mai è la prima, perché se sbagli la seconda ricominci in una maniera diversa e prima o poi trovi la chiave di volta, ma se sbagli l’analisi sei fregato, vai nella direzione sbagliata».
Ma attenzione, guai a trovare giustificazioni: «Non date la colpa alla burocrazia italiana, spesso è solo una scusa per giustificare un fallimento personale: il problema sono i valori. Abbiamo tutte queste belle cose, siamo il primo paese al mondo per la bellezza paesaggistica, per la biodiversità, e siamo al 50° posto nella classifica mondiale dei paesi più felici. Puoi essere felice solo se vivi in armonia con gli altri, ma per farlo bisogna spostare il valore del rispetto che da senso del dovere deve diventare un piacere, così saremo davvero felici».
Rispetto e condivisione quindi, le ultime riflessioni prima della chiusura, in cui Farinetti disegna una sorta di montagna e segna tre punti: A quasi alla fine della salita, B appena inizia la discesa, C a valle, dopo la discesa. «Le grandi aziende sono in grado di capire quando sono al punto B, lì devi cambiare qualcosa, correggerti e risalire prima di ritrovarti al punto C, dove sei destinato al default. I grandissimi manager però sono in grado di cambiare al punto A, così da limitare al massimo i punti B. Cambiare quando le cose vanno bene non è facile, anzi. Internet oggi è come il fuoco dell’inizio del mio racconto, siate pronti al cambiamento se non volete ritrovarvi al punto C senza che ve ne accorgiate».